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Come spesso accade, nel tritacarne di una crisi di governo finiscono, sepolte dalle polemiche e dai retroscena, anche le buone idee. Come quella di una bicamerale per gestire i fondi del Recovery Fund. Grande protagonista del dibattito estivo, è scivolata in un cassetto con la crisi invernale. Rispunta fuori oggi con uno dei suoi più strenui promotori.

In un’intervista al Corriere della Sera Renato Brunetta, l’economista  e forzista di lungo corso, già ministro per la Pa con Silvio Berlusconi, ribatte il ferro della bicamerale spiegando perché la parlamentarizzazione della gestione dei fondi Ue è l’unica via d’uscita dallo stallo.

“Io sogno Mattarella che dice “non vi permetto di fare questo al Paese” e che manda il premier alle Camere con il piano per il Recovery e per le riforme necessarie”, dice Brunetta intervistato da Paola Di Caro. Si può fare in un battibaleno, assicura poi. “Potrebbe essere varata in mezza giornata, con guida all’opposizione, sarebbe lo strumento migliore”.

L’uscita dell’ex ministro, oltreché di buon senso, certifica il ritorno sulla scena da protagonista di un politico troppo spesso annoverato dalle cronache nel “partito di Conte” o, il che è lo stesso, nella pattuglia dei “responsabili”, e che invece si è semplicemente messo addosso la pettorina del “dialogante”, proponendo al governo Conte-bis una soluzione per districare il nodo dei fondi Ue.

Un ritorno che non è passato inosservato, se è vero che tra i tanti giavellotti scagliati da Renzi contro il premier Giuseppe Conte in questi giorni, è spuntata un’accusa insolita, riportata da La Stampa: “Hanno fatto l’accordo con Brunetta”.

L’idea di una bicamerale per il Recovery Fund, si diceva, non nasce oggi. Proviene sì dalle fila di Forza Italia, che vi ha presentato un pdl lo scorso luglio, ma ha incassato nei mesi un endorsement più ampio, che include una parte del Pd, in particolare la corrente di Base Riformista che fa capo a Lorenzo Guerini e ha sempre chiesto un più diretto coinvolgimento del Parlamento, e delle opposizioni, nella gestione della crisi.

Con la bicamerale si prenderebbero due piccioni con una fava: il progetto originario, richiamato oggi da Brunetta, prevede infatti di affidare l’organo a un presidente scelto dalle fila dell’opposizione. Una figura di garanzia, con un fiuto per il compromesso e per le trattative d’aula.

In cima al totonomi dei mesi scorsi era finito, non a caso, il vicesegretario della Lega Giancarlo Giorgetti. Il modello è già collaudato: funziona così e funziona bene il Copasir, il comitato parlamentare di controllo dell’intelligence, bipartisan, e sempre presieduto dall’opposizione, oggi, appunto, dal leghista Raffaele Volpi.

C’è anche l’imprimatur di fior fior di costituzionalisti, da Michele Ainis a Cesare Mirabelli. “Bisogna ripartire dal piano per l’Italia e dal Parlamento, le uniche due cose – l’una essenziale, l’altra solida – che ci sono in questo momento”, dice Brunetta. Come dargli torto.

Una bicamerale per il Recovery plan. Il coniglio dal cilindro di Brunetta

“Basta mezza giornata” per fare una bicamerale sul Recovery Fund, dice il forzista Renato Brunetta, tornato protagonista sulla scena politica. L’idea di un organo presieduto da un membro dell’opposizione (come Giorgetti) può tirare fuori il governo dalle secche dei fondi Ue. Ecco perché

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