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La Francia ha iniziato a battere cassa alle Big Tech, come rivelato dal Financial Times. Parigi ha rotto gli indugi approfittando del periodo di transizione tra l’amministrazione uscente di Donald Trump e quella entrante di Joe Biden. Una mossa “non saggia”, ha commentato su Twitter Anthony Luzzatto Gardner, ambasciatore statunitense all’Unione europea tra 2014 e il 2017, definito da Politico l’oracolo di (Barack) Obama (con un gioco di parole che richiamava a Warren Buffett, soprannominato l’“oracolo di Omaha”). “Meglio collaborare con l’amministrazione entrante per trovare una risposta globale all’Ocse”, ha aggiunto. “Questa mossa infiamma gli animi e complica” la strada verso “una soluzione”.

L’ASSE ITALIA-FRANCIA

Nel suo viaggio a Roma il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, ha trovato la sponda dell’omologo Roberto Gualtieri. Il titolare del Tesoro italiano ha spiegato che con “Bruno” si è parlato anche di un “problema importante, a livello globale ed europeo, quello della tassazione. Innanzitutto della digital tax e del livello effettivo di tassazione minima, i due pilastri su cui siamo impegnati in uno sforzo comune per raggiungere un accordo a livello globale che, naturalmente, come presidenza italiana del G20 vogliamo rilanciare su entrambi i pilastri”.

IN ATTESA DI BIDEN

Quello della digital tax è un dossier che, per come è stato e verrà gestito dagli Stati Uniti, ricorda un po’ quello cinese. Se Trump ha alzato i toni e il livello dello scontro (con la Cina in generale; con l’Unione europea sul commercio), è probabile che Biden abbassi i toni ma non il livello dello scontro. “Penso che l’amministrazione Biden sarà più equilibrata”, spiega Arno Pons, direttore esecutivo della francese Digital New Deal Foundation, a Formiche.net. “Tuttavia, non credo che cambierà molto. Biden non metterà in discussione la strategia di Trump ma, d’altra parte, dovrebbe rispondere in maniera proporzionata. Questa è la grande scommessa del ministro Le Maire, che sta agendo ora, cioè prima che arrivi Biden e in un momento in cui Trump non può agire normalmente”.

I RAPPORTI USA-UE

Il cambio alla Casa Bianca porterà quantomeno, continua Pons, un ritorno “alla razionalità. In materia di digitale, in particolare sul lato democratico: affrontiamo le stesse sfide, da quelle di Gamaf (acronimo che sta per Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft, ndr) al futuro dei media fino a quelle dei social network alle forme legittime di potere” (con il problema delle fake news). In questo caso, avverte l’esperto, rischiamo di dover “affrontare forme di populismo molto peggiori di quelle di Trump” se non agiamo. Alla questione democratica Pons aggiunge poi due temi su cui Stati Uniti e Unione europea potrebbero tornare a ragionare assieme. La più importante è quella economica: da una parte l’America vuole permettere a nuovi player di emergere; dall’altra l’Europa proteggere quelli storici. Inoltre, aggiunge, “possiamo contare sulla nostra comune paura di vedere diffondersi il modello cinese per accelerare questo fenomeno” di riavvicinamento tra le due sponde dell’Atlantico.

IL RUOLO DI HARRIS

Una figura centrale per Biden nella gestione dei rapporti con le Big Tech è la sua vice, Kamala Harris, già senatrice della California con ottimi rapporti con i miliardari della Silicon Valley. Pons si dice convinto che grazie al suo impulso “potremmo vedere una sorta di riavvicinamento” transatlantico in materia. Basti pensare al California Consumer Privacy Act e all’europeo Regolamento generale sulla protezione dei dati (Gdpr): “In effetti, l’approccio europeo e quello californiano sono abbastanza simili per certi versi”, conclude.

BASTERÀ?

Ma sarà sufficiente per raggiungere un accordo? Su Formiche.net registravamo, già qualche giorno fa, diversi mugugni dagli Stati Uniti. È sufficiente leggere il sottotitolo di un rapporto del Center for strategic & international studies per avere qualche dubbio: “Le iniziative europee per ostacolare le aziende tecnologiche statunitensi”.

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