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E’ appena iniziato il secondo giro di consultazioni. Mario Draghi, oltre a raccogliere l’appoggio dei gruppi politici, sta già fornendo le prime direttive di quello che sarà il programma di Governo. Tra mugugni e appoggi incondizionati, l’unico partito che formalmente ha deciso di non appoggiare l’ex numero uno della Bce è Fratelli d’Italia. “Eppure, si tratta di un errore, nonostante sia una posizione che rispetto”. Stefano Fassina, parlamentare di Leu, sta cercando di fare da cerniera. Oltre gli schieramenti e gli steccati ideologici. Perché, dice, “deve essere il governo di tutti per uscire dall’impasse emergenziale”.

Quindi accettando compromessi “sia a destra che a sinistra”. Il punto di partenza, dice l’esponente di Liberi e Uguali, è la natura dell’incarico. “Si tratta di un governo del presidente, non di un premier indicato dai gruppi parlamentari. Draghi è stato nominato da Mattarella perché il Parlamento ha fallito”. E quindi il riscatto della politica deve partire dalla consapevolezza che “la base parlamentare che appoggerà Draghi dovrà essere più ampia possibile”. Comunque, l’orizzonte temporale e soprattutto di scopo, deve essere definito.

“Il Governo deve essere innanzitutto definito come obiettivi e soprattutto come durata. All’ex presidente della Banca centrale europea infatti spetta spetta il compito di traghettare il Paese fuori dalla crisi – dice Fassina – e di organizzare le risorse economiche in arrivo dall’Ue. Draghi dovrà sedere a Palazzo Chigi fino all’elezione del nuovo presidente della Repubblica. A quel punto, si dovrà tornare a dar voce ai cittadini”.

Fino ad allora però, tutti compatti col presidente. In un maxi esecutivo che comprenda al suo interno anche anime e storie politiche agli antipodi. Stride infatti pensare a un ministro di Liberi e Uguali che condivide la scrivania assieme a un esponente del Carroccio. Questa però, secondo il deputato, è la vera sfida da vincere. “La sinistra – riprende il parlamentare – deve stare al Governo con la Lega e anche con Fratelli d’Italia se quest’ultimo appoggerà Draghi. La consapevolezza deve essere quella che si tratta di appoggiare un Governo di salvezza nazionale, non di un Governo alla cui base ci sono degli accordi politici”.

Si tratterebbe “di una grande opportunità per entrambi gli schieramenti. Collaborare nella nuova compagine di Governo significa legittimarsi a vicenda, a dispetto di quanto è successo negli ultimi anni che ci hanno portato a quattro governi tecnici”. Secondo Fassina, la delegittimazione reciproca “è sintomo di scarsa identità: spesso i partiti esistono proprio in funzione dell’essere contro qualcun altro. E’ una logica totalmente perversa, che va superata”. Da ultimo, il deputato di Leu tende una mano a Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia. Incredibile ma vero.

“Meloni ha fatto della coerenza il suo vessillo politico – riconosce il parlamentare – eppure in questo caso l’appoggio a Draghi non andrebbe a scalfire la sua credibilità nei confronti del suo elettorato. Anzi. Con questa mossa Fratelli d’Italia rischia di essere tagliato fuori da questo processo di legittimazione tra i partiti di parti opposte”. Quella della leader di FdI “è una posizione che rispetto, tuttavia auspico che possa ripensarci e dare il suo appoggio all’esecutivo”.

Un governo con Lega e FdI? Per Fassina (Leu) si deve fare. Poi al voto nel 2022

Stefano Fassina, esponente di Leu tende la mano a Giorgia Meloni perché, dice, “deve essere un Governo la cui base parlamentare deve essere più ampia possibile”. Anche per superare “gli steccati ideologici” e per “una legittimazione reciproca”

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