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Alle elezioni Usa non c’è stata alcuna Onda Blu. Ancora una volta i sondaggi riportati per settimane da quasi tutti i media erano del tutto infondati. Biden non ha stravinto, alla Camera i democratici perdono seggi, mentre al Senato si dovrebbe confermare la maggioranza repubblicana (se così non fosse, i democratici si troverebbero al più con un solo seggio di vantaggio, insufficiente per le ambiziose riforme democratiche, soprattutto quella fiscale).

Non è un infortunio americano. È oramai un’abitudine generalizzata all’Occidente, dove i media sprecano la libertà di raccontare.

Anche in Italia, forse più che altrove, esiste da anni una tendenza analoga. È una malattia strutturale. I media rincorrono i sondaggi e confondono l’informare con l’esaltare ciò che non è ancora avvenuto. Lo fanno in modo ossessivo e questa confusione fa venir meno la loro funzione essenziale, che sarebbe informare il cittadino.

Settanta anni fa, Luigi Einaudi consigliava ai giornali di concentrare l’attenzione sui problemi essenziali “in maniera che fosse nel tempo stesso ineccepibile per solidità di ragionamento e di prove e per la risolutezza di conclusioni”. I media contemporanei fanno esattamente l’opposto. In nome del loro presunto diritto di dare una notizia prima possibile, fanno assurgere i sondaggi a verità ineccepibile, confortata da prove sperimentate e fonte di conclusioni certe.

Sta qui la prima falsa notizia che ammorba i media. Per loro natura, i sondaggi non possono mai essere considerati un risultato elettorale. I sondaggi non contano i voti ma estrapolano algoritmi applicati alle intenzioni di voto di un campione di elettori. Una procedura così è molto aleatoria, con margini di errore assai elevati e dunque poco affidabile. Quindi, trasformare il sondaggio elettorale in un totem sacro come fanno i media, per ragioni di convenienza ideologica e di potere, non è un semplice errore, è una grave distorsione politica e culturale per almeno tre ragioni.

1. Il sondaggio è stato concepito per fornire indicazioni di mercato circa le preferenze dei consumatori. Usarlo in sede di elezioni, significa ipotizzare che un candidato e il suo programma equivalgano ad uno specifico prodotto. Però alle elezioni è decisivo ciò che ogni singolo cittadino pensa del quadro generale in essere e quale indirizzo vuol prendere. Insomma, nella realtà il numero dei parametri alternativi è enormemente più ampio, e il sondaggio è ancor più inaffidabile.

2. Il sondaggio può costituire una notizia giornalistica al più quale contorno di altre informazioni e non quale informazione in sé. Il sondaggio infatti, ha una natura probabilistica all’interno di condizioni incerte.

3. Assegnare allo strumento sondaggio un rilievo martellante, nonostante non dia notizia sicura, significa che i media si preoccupano del proprio diritto a dare le informazioni preferite molto di più del diritto del cittadino ad essere informato di quanto accade davvero (perché libere elezioni presuppongono che le opinioni dei cittadini siano formate liberamente). Non a caso in Italia la pubblicazione dei sondaggi è interrotta giorni prima delle elezioni.

Enfatizzando i sondaggi i media fanno passare l’idea che il futuro sia integralmente prevedibile o addirittura determinabile. Non è così, soprattutto quando i fattori come globalizzazione e innovazione tecnologica favoriscono la complessità. Il determinismo, che è alla base dello storicismo marxista e delle culture religiose, ha fallito e continua a fallire perché insegue un’idea fissa di come le cose e il mondo dovrebbero essere e/o diventare.

I media per loro stessa natura dovrebbero sempre veicolare dati definitivi. Non disponendone, quasi mai, nella realtà dei fatti, scelgono di affidarsi a strumenti potenzialmente manipolatori come i sondaggi. Invece, è indispensabile che i media svolgano correttamente il loro ruolo nel trasmettere le notizie effettive. Perché le notizie effettive sono una risorsa vitale per il cittadino. Favorirebbero così il conflitto democratico tra l’esprimersi dei singoli cittadini rispetto ai fatti reali.

Il problema è che spesso, i media non vogliono mettere il cittadino nelle condizioni di essere informato per scegliere liberamente. Ne vogliono condizionare invece, le scelte. Esattamente come farebbe qualsiasi azienda che produce e vende beni o servizi. Ma l’informazione non è riducibile ad una merce ed è per questo che il ruolo dei media dovrebbe essere molto diverso. Ma loro confondono la semplificazione dei fatti a fini divulgativi con la manipolazione dell’informazione a fini propagandistici.

Il sondaggio diventa uno strumento di propaganda che editori e giornalisti impiegano per manipolare il corpo elettorale, polarizzarlo e quindi, renderlo il più conformista possibile alle proprie scelte.

Gli editori non si preoccupano di fornire notizie che stimolano il senso critico dei cittadini e della resa economica della loro impresa. Si preoccupano invece, di compiacere le burocrazie e i poteri da cui possono ottenere riconoscimenti e favori. Per questo gli editori pretendono di scegliere i direttori mentre dovrebbero farlo comitati fiduciari liberi di far prosperare la testata non in base ai favori. Così come molti giornalisti al difficile racconto dei fatti, che rende una testata autorevole, preferiscono il compiacimento dell’editore, degli inserzionisti, delle burocrazie e dei gruppi di potere, attraverso la distorsione della realtà o l’anticipazione del futuro, che desiderano o sperano quei gruppi.

Editori e giornalisti affidano la sopravvivenza economica alle risorse pubblicitarie, sempre più pervasive e sempre più fautrici di un appiattimento conformista. Per conseguenza, ancor più si disinteressano di dare al paese quella pluralità delle fonti informative a garanzia della libera convivenza. Soprattutto il giornalista evita di svolgere il suo compito di testimone della realtà dei fatti. Cosa grave perché tale compito costituisce un aspetto ineludibile affinché il cittadino, informato delle cose, svolga i suoi diritti democratici.

Ricordando che la libertà civile non è assenza di regole, riteniamo urgente in Italia un riordino legislativo del settore, che rimuova la logica del sondaggio. Invece di provvidenze clientelari, dovranno esserci nuove norme specifiche. Va riattivato un esercizio della proprietà editoriale e della professione giornalistica commisurato al funzionamento della libertà d’impresa e della libertà d’espressione in termini adatti alla convivenza democratica e lontani dal conformismo elitario.

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Non solo Usa2020, perché i sondaggi non sono un totem sacro

Di Pietro Paganini e Raffaello Morelli

Ricordando che la libertà civile non è assenza di regole, riteniamo urgente in Italia un riordino legislativo del settore, che rimuova la logica del sondaggio. Invece di provvidenze clientelari, dovranno esserci nuove norme  specifiche.  Il commento di Paganini e Morelli

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