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Carlo Calenda è ufficialmente in campo mentre Massimo Giletti a quanto pare non ci sarà. In una serata scandita soprattutto dall’attesa del nuovo Dpcm varato dal governo per far fronte all’emergenza sanitaria e dalla conferenza stampa del premier Giuseppe Conte, a Roma sono arrivate due notizie destinate probabilmente a cambiare il corso della campagna elettorale per le prossime elezioni comunali di primavera. Sempre in tv, a distanza di poche ore l’uno dall’altro, il leader di Azione e il conduttore di Non è l’Arena hanno annunciato la loro decisione in vista del voto per il Campidoglio dopo le tante voci dell’ultima settimana.

Poco dopo le 20 da Fabio Fazio, a Che tempo che fa su Raitre, Calenda ha rotto definitivamente gli indugi: “Mi candido a sindaco di Roma. Un dovere e una grande avventura”. Di segno decisamente opposto le parole di Giletti che verso le 23, all’inizio della parte della trasmissione dedicata all’inchiesta Mondo di Mezzo, ha negato di nutrire velleità da primo cittadino della capitale: “Non ci penso nemmeno”. Poche parole dunque da parte del giornalista per smentire l’ipotesi di una sua possibile candidatura con il centrodestra, che in settimana dovrebbe riunirsi per iniziare a ragionare seriamente sul nome da presentare a Roma e nelle altre principali città al voto in primavera, da Torino a Napoli passando per Milano e Bologna.

Se Giletti si è limitato a una semplice battuta per declinare la proposta che si dice gli fosse arrivata nelle scorse settimane, Calenda ha provato invece a spiegare brevemente quale sarà la sua strategia politica nei prossimi mesi, anche e soprattutto nel rapporto con i possibili alleati. Il fondatore di Azione ha detto di voler costruire un campo largo aperto alle principali forze politiche di centro e centrosinistra e alle esperienze civiche della città. “Sono un socialdemocratico liberale”. Il nodo rimane il suo rapporto con il Partito democratico, per il momento freddo, se non freddissimo, sulla candidatura dell’ex ministro dello Sviluppo economico. Tranne alcune rare eccezioni come Enrico Letta, che nel pomeriggio – prima dell’annuncio – aveva definito buona l’opzione Calenda per il Campidoglio, salvo rimettere la decisione finale al Nazareno e al suo segretario Nicola Zingaretti.

“Il Pd dovrebbe appoggiare la mia candidatura per una sola ragione: se pensano che io sia la persona adatta per governare Roma. È la stessa ragione che ho usato io quando, pochi mesi dopo l’uscita, sono andato a fare campagna elettorale per un mese in Emilia-Romagna per sostenere Stefano Bonaccini“, ha commentato ancora Calenda. Il punto d’incontro con i dem, a suo dire, è rappresentato dalla stessa valutazione formulata nei confronti dell’amministrazione pentastellata nella capitale: “Entrambi pensiamo che la gestione dei 5 Stelle sia stata disastrosa. Virginia Raggi non è la causa dei mali di Roma, ma è peggiorato tutto”. Che il Pd non possa e non voglia convergere sul nome dell’attuale sindaco è noto, semmai bisognerà vedere – e lo scopriremo solo nelle prossime settimane – se i due azionisti di maggioranza del governo Conte riusciranno alla fine a mettersi d’accordo su un nome diverso così da lanciare l’alleanza giallorossa anche in versione romana.

In questo contesto si inquadrano pure le perplessità di Calenda sulle primarie di coalizione (qui il commento di Roberto Arditti): “Come possiamo pensare di organizzarle in un momento di emergenza sanitaria come questo? Farle oggi è molto complicato, farle dopo vorrebbe dire stare a parlare per mesi di noi stessi, uno contro l’altro”. E poi – ha aggiunto Calenda – non è detto che funzionino: “Nel 2013 persero David Sassoli e Paolo Gentiloni che il Partito democratico ora vorrebbe per Roma, mentre vinse Ignazio Marino che poi il Pd rimosse”. Una ritrosia che potrebbe allargare ancora di più le distanze tra il leader di Azione e i democratici, la cui reazione alle parole di Calenda è stata pressoché gelida, a dimostrazione della freddezza con la quale lo stato maggiore dem guarda al suo tentativo.

A prendere ufficialmente posizione su Twitter è stato Fabrizio Barca – il cui nome nei giorni scorsi era circolato come possibile candidato sindaco – e non si può certo dire che il suo commento sia stato positivo: “Calenda si auto-candida. Sappiamo quale stampa lo appoggerà Non sappiamo: Con quale strategia per Roma? Con quali competenze e saperi su Roma? Con quale squadra per Roma? Espresso da o in sintonia con quale movimento, partito, alleanza sociale per Roma? Roma glielo chiederà”. Critica anche Sinistra Italiana, nella capitale guidata dall’ex verde Paolo Cento: “La strada da seguire è quelle delle primarie e della partecipazione popolare nelle forme possibili nella stagione del Covid”.

Al fianco del leader di Azione si è invece schierata senza se e senza ma Più Europa, come emerge dalle parole del vicesegretario nazionale Piercamillo Falasca: “L’ufficializzazione della candidatura a sindaco di Roma da parte di Calenda è l’iniziativa più coraggiosa per il cantiere del buon senso, cui tutti noi dobbiamo lavorare”.

Calenda sì, Giletti no. Le ultime da Roma (aspettando il Pd e il centrodestra)

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