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Chi si sta coagulando nel “tutti contro Bibi” in occasione delle prossime urne israeliane? Cosa faranno gli ultraodossi orfani di Trump e chi spingerà dall’esterno la crociata di Gantz con un occhio al dossier energetico e agli accordi Abraham? I mercati intanto danno mostra di non temere le nuove urne.

KNESSET

La Knesset è sciolta e come è noto gli israeliani torneranno al voto il 23 marzo dal momento che i tentativi di Gantz e Netanyahu di guadagnare tempo sono falliti, trasformando la loro coalizione nelle quarte urne in due anni. Un fatto senza precedenti. La mossa di Sa’ar inoltre punta a rafforzare il blocco anti-Netanyahu nel sistema politico israeliano, ma dovrà convincere gli elettori del Likud.

Secondo un sondaggio dello scorso 15 dicembre, se le elezioni si fossero tenute quel giorno, il partito di Gantz avrebbe ottenuto solo 6 seggi su 120 alla Knesset. L’ex partner della coalizione di Gantz, Yesh Atid, secondo lo stesso sondaggio, 14 seggi. Significa che il celebrato nome nuovo della politica israeliana ha deluso le aspettative. Parallelamente si è concentrato sugli attacchi a Netanyahu.

QUI SA’AR

Il Likud sembra stabile con circa 27 seggi, tallonato al secondo posto dal New Hope – Unity for Israel di Gideon Sa’ar che potrebbe incassarne 21. Sa’ar è un nuovo partito, che rappresenta la prima grande scissione dal Likud dai tempi di Sharon. Tra i due c’è stato un passato burrascoso, il che farebbe escludere una possibile cooperazione in chiave di governo, anche se sono minime le differenze ideologiche tra Netanyahu e Sa’ar accomunati anche dalla possibile presa sull’elettorato tradito da Gantz.

Sa’ar ha pubblicamente accusato Netanyahu di aver creato una crisi politica per via del suo processo per corruzione, il tutto gravato dalla crisi economica dovuta al Covid. Ha sostenuto che il Likud si è trasformato in una nave vuota, che serve solo a garantire la sopravvivenza legale e politica di Netanyahu: “La festa si è trasformata in un culto per una persona. Netanyahu non può dare a Israele l’unità e la stabilità di cui ha bisogno. La cosa più importante in questo momento è sostituire Netanyahu”, ha dichiarato.

QUI LIKUD

Il Likud ha accusato Sa’ar di essersene andato solo perché la sua popolarità sta calando nei sondaggi: “Sa’ar ha deciso di lasciare l’ala destra e unirsi alla sinistra. Come molti altri che se ne sono andati, anche lui sarà completamente schiacciato alle elezioni”.

Sono in tanti (forse il troppi) a dare per vinto Benjamin Netanyahu: certo non può più contare sull’appoggio dell’alleato Trump, ma lo storico del paese rappresenta un elemento oggettivo nella sua sfera politica. E’stato sempre presente nelle turbolenze del paese, riuscendo a non far deperire il suo Likud nonostante tutte le crisi che ha attraversato. Inoltre il partito senza la sua leadership perderebbe lo zoccolo duro, non solo del suo elettorato ma anche del peso specifico in termini ideolodici e programmatici.

SCENARI

Sullo sfondo dei sommovimenti di carattere elettorale, non possono non giocare un ruolo significativo temi primari come l’Iran e il gas. Tel Aviv è preoccupata per le intenzioni di Joe Biden sull’Iran e sull’accordo nucleare del 2015, ma non ha ancora fatto passi ufficiali con l’amministrazione entrante per approfondire nel merito le questioni. Il gas è un dossier ormai avviato, costruito sul gasdotto Eastmed, ma con l’incognita rappresentata dalle policies di Erdogan e dalle reazioni dell’Ue.

Inoltre i riverberi degli accordi Abraham dovrebbero procedere in una sorta di camera stagna, senza poter essere influenzati dall’instabilità politica. Infatti saranno i servizi finanziari a far crescere i legami economici tra Israele e gli Emirati Arabi Uniti che, grazie all’accordo, aprono ad una nuova fase. Vale la pena di ricordare che negli stessi giorni dalla firma la banca israeliana Leumi ha concluso memorandum d’intesa (MoU) con First Abu Dhabi Bank (FAB) e Emirates NBD. Si preparano quindi una serie di investimenti congiunti nei mercati dei capitali di entrambi i paesi.

Inoltre il continuo rafforzamento dello shekel, nonostante il caos politico, dimostra che i mercati non danno più alcun peso all’instabilità del sistema politico in Israele. Significa che i mercati in Israele non sono sensibili alle nuove elezioni. Almeno per ora.

twitter@FDepalo

Perché i mercati non temono le nuove elezioni in Israele

Gantz ha deluso le aspettative e parallelamente si è concentrato sugli attacchi a Netanyahu. Sa’ar prova a rilanciare, ma per affondare Bibi servirà ben altro

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