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Dopo l’11 settembre 2001, vero “spartiacque “della storia recente, il primo vero attentato violento è stato quello di Madrid, risalente all’11 marzo 2004. Dieci zaini riempiti con esplosivo vengono fatti esplodere su quattro treni regionali a Madrid, colpendo le stazioni di Atocha, El Pozo e Santa Eugenia. Muoiono 192 persone, l’attacco è rivendicato da Al Qaeda. In seguito, feroce è la contabilità da tenere, Londra, Manchester, Nizza, Parigi, Bruxelles.

In tanti casi si è trattato di matrice islamista e in alcuni di estremismo politico. Quelli riguardanti Al Qaeda e poi Daesh (Isis) sono stati solo nel 2015 ben 17 (tra Parigi, Tripoli, Sana’a, Jalalabad, Damman, Susa, Al Kuwait, il Cairo, Abha, Beirut, El Arish, Tunisi e Aden).

Dal 2016 al 2022 in totale sono stati 90 gli attentati rivendicati dal Daesh in tutto il mondo e precisamente in Europa, Australia, Asia, Stati Uniti, Regno Unito, Libia, Yemen, Afganistan, Arabia Saudita, Tunisia, Kuwait, Egitto, Libano, Iraq, Iran, Indonesia, Siria, Pakistan, Giordania . Algeria, Bangladesch, Sri Lanka, Israele.

Nel novembre 2019, anche 5 militari italiani (appartenenti al team misto di Forze speciali italiane, due effettivi al nono reggimento d’assalto paracadutisti Col Moschin dell’Esercito e tre al Gruppo operativo incursori Comsubin della Marina militare), sono rimasti gravemente feriti.

Ultimissimo caso quello a ottobre scorso di Abdesalem Lassoued, identificatosi in un video come appartenente all’Isis, che ha aperto il fuoco in centro a Bruxelles, nei pressi di Place Sainctelette, colpendo tre persone, tifosi svedesi volati nella capitale belga per assistere alla partita della loro nazionale contro il Belgio.

Il mondo è attraversato da numerosi teatri di guerra. Oltre al conflitto innescato dall’invasione russa in Ucraina e all’ennesima grave crisi scoppiata a Gaza a seguito degli attentati di Hamas del 7 ottobre scorso contro Israele, (con il conseguente, realistico rischio di allargamento del conflitto viste le minacce degli Hezbollah libanesi filo-irianiani), molti sono i focolai di guerra che attraversano l’Africa, l’Asia e il Medio Oriente e sarà importantissimo analizzare quanto avverrà a breve sul territorio in quelle zone. Infatti, quello che sta succedendo nell’area, soprattutto dopo il ritiro delle truppe statunitensi dall’Iraq e anche i movimenti della Turchia di Erdogan contro i curdi, l’instabilità delle regioni interessate porta all’elevatissimo rischio sia di un massiccio movimento di foreign fighters che fuggono dalle varie prigioni o da quei territori e sia da affiliati, “dormienti”, allo Stato Islamico di seconda e terza generazione nel mondo occidentale, che terranno viva la più temuta organizzazione jihadista del mondo.

La minaccia di Daesh, quindi resta alta e si muove in uno spazio enorme che va dal Mali, all’Iraq, dall’Afghanistan alla Siria. Nulla è servita ad esempio, l’eliminazione prima di Al-Baghdadi, poi dei suoi successori, Abu Ibrahim al-Hashimi al-Qurashi e Abu al Hassan al Hashimi al Qurash, perché ora, Abu Hafs al-Qurashi ha promesso di colpire ancor piu duramente gli infedeli in Europa e in America e, immediatamente, dalla Siria orientale al Sahel, i giuramenti di fedeltà al capo si sono susseguiti accompagnati dalla promessa di nuovi spargimenti di sangue. Di certo l’operazione condotta qualche anno fa dai Paesi occidentali e non solo contro il “Califfato” ha rappresentato un duro colpo inferto all’Isis, ma non bisogna sottovalutare come si è mosso in questi ultimi tempi, quando ha mostrato la sua drammatica vitalità con attentati che hanno colpito l’estremo Oriente e l’Occidente.

Siamo dunque in una nuova fase del terrorismo islamico, l’organizzazione resta in ogni caso una minaccia, sottolineano gli esperti, grazie al largo uso di nuove tecnologie, di criptovalute e per la facilità con cui riesce a penetrare in Paesi instabili, come quelli dell’Africa subsahariana o nello stesso Afghanistan, dove viene sfidato a viso aperto il nuovo potere talebano. Dobbiamo tener sempre presente la capacità di Daesh di rigenerarsi, soprattutto studiando nuove strategie per perseguire il jihad a iniziare dal massiccio proselitismo tramite i social, utilizzando il web e per tentare di accentrare su di sé le energie jihadiste di tutto il mondo.

Come già paventato, oggi paradossalmente è ancora più alto il rischio che si torni a colpire di nuovo in Europa, ricercando gesti non necessariamente complessi, basti pensare a quanto accaduto al Bataclan in sincronia con altri attentati per le strade di Parigi. Possono intensificarsi quei gesti individuali, dai “lupi solitari”, che hanno l’obiettivo di creare danni e produrre paura e terrore. Ricordiamoci sempre la vera forza del Califfato in questi anni, ovvero i numerosi fondi che arrivano all’Organizzazione e alla sua capacità di aver tratto profitto dalle devastazioni in Iraq, Siria e Libia, per ottenere dei pozzi di petrolio da rivendere illegalmente. Bisogna tener presente che Daesh genera un enorme volume di entrate al suo interno e tutto questo denaro non viaggia in valigette, bensì entra in circuiti finanziari e bancari che garantiscono un veloce trasferimento. Ed è qui che bisogna intensificare le indagini, le investigazioni, il controllo. Capire chi è complice del Califfato. Chi apre per loro conti cifrati in quei Paesi. Finora, quindi, si è lottato il Califfato sul campo delimitando l’espansione territoriale e facendo naufragare il sogno di un vero e proprio Stato Islamico, ad oggi però l’Occidente non ha ancora trovato una strategia per fermare questi enormi flussi di denaro e colpire quegli Stati che facilitano ingressi sicuri nel sistema finanziario. Per molti anni le finanze dello Stato Islamico si sono basate sui ricavi di operazioni criminali, di rapine e di vendita del greggio estratto da pozzi petroliferi iracheni e siriani. Secondo alcune stime, la vendita di petrolio garantirebbe all’Isis un profitto di circa 1,5 milioni di dollari al giorno. Più di recente, i miliziani dello Stato Islamico hanno avviato una vera e propria economia di guerra: Daesh ha controllato magazzini e raffinerie, e messo in piedi un sistema molto articolato di estorsioni ai danni di imprenditori e di vendita di ex-proprietà governative ed equipaggiamenti militari americani (tra cui anche gli Humvee, veicoli militari dell’esercito americano sequestrati dalle basi militari irachene e forniti dagli Stati Uniti al governo di Baghdad dopo la caduta di Saddam Hussein).

Inoltre ricordiamo che Daesh ha usato anche le nuove tecnologie e i social media per raccogliere le donazioni dei singoli individui ed ha potuto contare su un proprio periodico, la rivista Al-Naba, per tenere informati i donatori sui progressi delle operazioni militari, mentre su Twitter, oggi X, è stato possibile vedere le foto degli equipaggiamenti militari e degli avanzamenti territoriali del gruppo. Lo Stato Islamico ha inoltre ottenuto anche circa mezzo miliardo di dollari sequestrando i contanti tenuti nelle banche nell’Iraq settentrionale e occidentale, durante la rapida avanzata dell’estate del 2014. Altra fonte di guadagno è il traffico di droga che Daesh non disprezza, anzi. La droga (soprattutto il Captagon e la fenitillina) che, oltre ad essere usata dai jihadisti del Daesh per inibire la paura durante le loro azioni terroristiche è la merce più redditizia relativa al traffico internazionale. Il Captagon viene prodotto a partire dalla fenitillina, una molecola anfetaminica che viene mischiata con la caffeina. Secondo lo psichiatra libanese Elie Chédid, questa combinazione stimola la dopamina e migliora la concentrazione dell’individuo. Per queste ragioni in passato il Captagon era usato come farmaco, in particolare per il trattamento della narcolessia e dell’iperattività, prima di essere considerato una sostanza che crea dipendenza, ed essere vietata in molti paesi dal 1980. Sin dal 2012, la fabbricazione di Captagon in Libano, che fino a quel momento era stato il primo Paese produttore, si è spostata in Siria. La droga viene poi trasportata in barca o in auto dalla Siria, in Libano e Giordania. Secondo le cifre dell’Organizzazione mondiale delle dogane (Omd), la quantità di pillole sequestrate nel paese della penisola arabica è aumentata.

Quindi, per colpire alle fondamenta e definitivamente lo Stato Islamico bisogna colpirli militarmente, (dove sono presenti sul territorio e bloccare la loro avanzata in altri Paesi); strategicamente, ovvero, innanzitutto, far ritornare le grandi organizzazioni mondiali protagonisti come un tempo e ora quasi ininfluenti, vedi l’Onu, poi, razionalmente, rafforzare l’intelligence per intensificare il lavoro di analisi e contrasto alla rete e intercettare i reclutatori e i terroristi, finirla una volta per tutte con l’ipocrita dibattito sulla spesa per la difesa e la sicurezza delle nazioni, che poi significa la sicurezza di tutti noi, intensificare i rapporti tra le varie Agenzie dei Paesi europei e non, superando l’ancora presente egoismo provinciale che ancora soffoca le potenzialità per fare sistema e usufruire, pienamente, di queste strutture di eccellenze; culturalmente, ovvero, saper, all’interno dei nostri Paesi, coniugare accoglienza, integrazione con il far rispettare le leggi e i costumi dei Paesi ospitanti, finirla con l’insincero buonismo, con la perenne propaganda politica a breve termine, con la scuola piegata su se stessa, con la famiglia intenta solo ad autoassolversi, con l’individualismo piu devastante per una società civile in affanno in tutto il mondo e, appunto, economicamente, colpire alla radice il problema, prosciugare le fonti, tracciare e bloccare i flussi di denaro, individuare gli occulti fiancheggiatori. Anche in questo caso, per restare nel nostro Paese, mutuare la strategia usata da Giovanni Falcone per la lotta alla Mafia, il follow the money.

In un periodo storico di grandi mutamenti, dove una certa, diffusa, inquietudine, una strisciante stanchezza, anche intellettuale, pervadono le società, di un mondo che forse va troppo veloce e che rischia di farci abbandonare il ragionamento, la riflessione e assuefarci ai vecchi e ai nuovi problemi, comprese le guerre e i tanti orrori che ne conseguono, anche sul terrorismo internazionale la tensione deve essere alta, Daesh ha perso i suoi Califfi e gran parte del suo Califfato, ma non illudiamoci, infatti, la risposta, se questo fosse possibile, potrebbe essere ancora più imprevedibile, violenta di prima e possibile in tutto il mondo.

L’augurio è che, dal nuovo anno che sta per iniziare, per quanto sia una speranza utopistica, si dia almeno inizio ad una inversione di rotta verso un futuro meno folle e più, saggiamente, sano.

 

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