Skip to main content

Il prossimo ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca sta mettendo in agitazione le cancellerie europee, le quali si chiedono quante delle esternazioni della campagna elettorale si tradurranno in politiche effettive e azioni reali. Nel corso dell’ultimo anno, Trump ha più volte affermato che i rapporti tra gli Stati Uniti e i suoi Alleati non dovrebbero essere dati per scontati e che, soprattutto sul piano della Difesa, chi non rispetta gli impegni presi in sede Nato ne pagherà le conseguenze. Parola del tycoon stesso, il quale (durante un evento elettorale lo scorso febbraio) ha raccontato di quando un non meglio specificato leader di un Paese straniero gli chiese se gli Usa sarebbero intervenuti per proteggere uno Stato che non rispettava gli impegni di spesa. La risposta, in pieno stile Trump, fu decisa: “Se non avete pagato, non vi proteggeremo”. Assumendo che la conversazione in questione sia avvenuta durante il primo mandato Trump, quando egli era nella posizione di rispondere in quanto presidente e prima che l’invasione dell’Ucraina rendesse il tema della spesa militare non più rimandabile, è ragionevole pensare che, una volta (ri)assunto l’incarico, The Donald tornerà sul tema con ancora più forza di prima. È dunque naturale che gli Stati europei, incapaci di provvedere da soli alla loro stessa difesa, siano ora in allerta per capire se alle parole seguiranno i fatti. Questo vale in particolare per chi ancora fatica a rispettare gli impegni di spesa, tra cui spicca l’Italia.

Quanto spendono gli altri?

Va detto che, rispetto al primo mandato Trump (2016-2020), molte cose sono cambiate sul fronte delle spese militari alleate. Se fino al 2021 erano solo cinque su trenta gli Stati membri della Nato che rispettavano l’impegno, risalente al 2014, di investire il 2% del Pil nella Difesa, dall’invasione dell’Ucraina a oggi quel numero è passato a 23 su 32. Tra questi non figura l’Italia, la cui spesa per il 2024 ammonta al 1,49% e le cui proiezioni attuali stimano il raggiungimento dell’1,61% entro il 2027, al di sotto di quanto il segretario generale della Nato, Mark Rutte, ha definito il “minimum standard del 2%”. Con diversi Paesi che spendono già adesso più del 2% (la Polonia è arrivata persino al 4,12%) e dinanzi alle necessità di riempire gli stock e riammodernare i comparti militari, l’idea che questo target venga aumentato sta lasciando il dominio della possibilità per entrare in quello della probabilità. Insomma, mentre l’Italia fatica enormemente anche solo a raggiungere il 2%, in molti già parlano di alzare l’asticella al 2,5-3%. Davanti all’oggettiva impossibilità di Roma, costretta com’è tra spesa interna e vincoli di bilancio, a soddisfare queste richieste, cosa farà Donald Trump?

Per gli Usa l’Italia vale troppo

Ci sono diverse ragioni per ritenere che, alla fine dei conti, l’Italia riceverà un trattamento di riguardo nonostante le sue mancanze sulle spese militari, e non solo in virtù delle affinità politiche tra Trump e Meloni. Innanzitutto, il valore strategico della Penisola per le Forze armate Usa. Degli otto Paesi che non rispettano l’impegno del 2%, l’Italia è di gran lunga quella più rilevante sul piano geostrategico. Con circa 12mila militari statunitensi di stanza sul territorio nazionale, l’Italia è uno dei Paesi in cui la presenza militare Usa è più pronunciata, anche in virtù della sua posizione centrale nel Mediterraneo. Il valore del Paese sul piano militare non è dunque costituito unicamente dalla sua quota di partecipazione alle spese Alleate, ma anche (e forse soprattutto) dal suo intrinseco valore geostrategico, che la rende virtualmente indispensabile a Washington per mantenere le sue capacità di proiezione in Europa e Africa. Sul piano politico, Trump non può recriminare molto al governo Meloni, che negli anni ha dato prova della sua linea atlantista sia supportando l’Ucraina sia ritirandosi dal memorandum con la Cina sulla Belt and road initiative. Se anche Trump non approva quanto fatto dall’amministrazione Biden riguardo all’Ucraina, difficilmente criticherà un Paese perché ha appoggiato gli Stati Uniti, indipendentemente dal fatto che all’epoca questi ultimi erano guidati da un altro presidente. Infine, sul piano dell’impegno Alleato, l’Italia contribuisce in modo sostanziale alle attività operative della Nato. Con quasi seimila unità attivamente impegnate in operazioni che spaziano dai Balcani occidentali al Baltico, senza contare il personale impegnato nelle basi Alleate sul territorio nazionale, l’Italia è il primo contributore europeo alle attività militari dell’Alleanza. Inoltre, al di fuori del perimetro Nato, l’Italia partecipa anche alle missioni di protezione del traffico commerciale nel mar Rosso dalla minaccia degli Houthi. 

I toni da campagna elettorale sono esagerati per loro stessa natura, persino quando a proclamarli è un personaggio atipico come Trump. Sebbene l’imprevedibilità del 47simo (nonché 45simo) presidente degli Stati Uniti sia innegabile, neanche Donald Trump può liquidare le esigenze strategiche del proprio Paese solo per tenere fede a quanto detto in campagna elettorale. Inoltre, la stabilità del governo italiano rispetto agli omologhi tedesco, francese e polacco contribuisce a rendere Roma un interlocutore europeo privilegiato per Trump e pertanto è possibile che la mannaia delle spese militari venga, se non rimossa, quantomeno sospesa nei confronti dell’Italia. Ciò non significa però che l’aumento di queste spese sia ulteriormente rimandabile e il dibattito, in Italia così come in Europa, dovrà presto accettarne l’inevitabilità. Piuttosto, la domanda che bisognerebbe porsi in attesa del 20 gennaio è: Trump sarà veramente interessato ad avere un dialogo con l’Europa o la lascerà in balìa di sé stessa?

Trump presenterà all’Italia il conto delle spese militari?

Trump ha promesso di punire quei Paesi che, a suo avviso, non spendono abbastanza per la Difesa e scaricano il peso della propria sicurezza sui contribuenti statunitensi. Tra i Paesi Nato, l’Italia figura tra quelli che ancora non soddisfano gli impegni presi e contro cui si è espresso il tycoon. Eppure, c’è più di un motivo per cui l’Italia (da Trump) non ha molto da temere

Cosa ho visto nella casa di Trump a Mar-a-lago. Il racconto di Neiman

Conversazione con il musicista italiano, radicato a Los Angeles, Tony Neiman, autore della colonna sonora del documentario su Trump -elogiato da Elon Musk – “The Man You Don’t Know”

 

I cattolici popolari e Forza Italia. Quali prospettive secondo Merlo

Se da un lato, e forse finalmente, c’è una alleanza schiettamente ed autenticamente di sinistra e che contempla al suo interno le multiformi espressioni della sinistra italiana, sul fronte alternativo si può dispiegare una vera coalizione di centrodestra. Ad una condizione, però. E cioè che Forza Italia diventi, e visibilmente, sempre di più il luogo politico del Centro nel nostro Paese

L'altra pandemia cinese. Gli Npl travolgono le banche

Da quando l’emergenza sanitaria è pressoché terminata, il Partito comunista ha imposto agli istituti di aumentare i prestiti alle imprese e alle famiglie, non tenendo conto che il mattone è sempre moribondo. Il risultato è l’ennesimo autogol

Convergenze parallele e due forni, l’impronta della Dc sulla Commissione Ue. Il commento di Cangini

Alla “politica dei due forni” di andreottiana memoria è opportuno rifarsi per giudicare l’atteggiamento di Meloni e di Fratelli d’Italia. Il partito di Meloni non votò la fiducia a von der Leyen, contestando lo sbilanciamento a sinistra della maggioranza comprensiva anche dei Verdi. Lo fece per scongiurare l’accusa di “tradimento” da parte della Lega a Roma e di una quota consistente del gruppo dei Conservatori, oltre che dell’intero gruppo dei Patrioti, a Bruxelles. Ma ora che Fitto ha ottenuto il ruolo agognato, ecco che tutto cambia…

Il capo della Fao (cinese) chiede più potere. Ecco come

L’ex ministro cinese Qu Dongyu sta cercando di consolidare il suo ruolo. Sul tavolo dell’agenzia Onu c’è una proposta di riforma che sarà discussa a dicembre e prevede anche un rafforzamento della presa sul Wfp

La Russia studia come sabotare l’Italia? Due indagati a Milano

Due imprenditori di 34 e 60 anni sono indagati a Milano. L’accusa è corruzione del cittadino da parte dello straniero aggravata da finalità di terrorismo ed eversione. Si erano offerti a Mosca per fornire informazioni, tra cui la mappatura del capoluogo lombardo e della capitale

Migrazioni come minacce in ambiente ibrido

Di Livio Calabresi

Uno degli obiettivi dell’indagine empirica è quello di fare luce sulle dinamiche della disinformazione in contesti geopolitici fragili, focalizzandosi, nello specifico, sul ruolo strategico delle tecnologie di IA generativa nei nuovi scenari di hybrid warfare informativa. Ecco chi c’era e cosa si è detto durante l’evento di presentazione del progetto di ricerca “Minacce in ambiente ibrido. Strategie di disinformazione nell’Africa Subsahariana per incentivare l’immigrazione e favorire la destabilizzazione di Paesi target”, dell’Università degli Studi della Tuscia di Viterbo e finanziato dalla Farnesina

Atto deliberato o no? Gli aggiornamenti sui cavi tranciati nel Baltico

Tutti gli indizi puntano verso la nave cinese Yi Peng 3, che secondo alcuni media sarebbe agli ordini di un russo. Ma sulla volontarietà dell’atto gli alleati occidentali si dividono

ukraine ucraina

Cosa c'è dietro la chiusura delle ambasciate a Kyiv

Alcune ambasciate occidentali a Kyiv chiudono precauzionalmente dopo avvertimenti su possibili attacchi aerei russi. Decisione che causa tensioni diplomatiche con il governo ucraino

×

Iscriviti alla newsletter