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Uno sguardo al mappamondo, vista Vaticano. La politica estera italiana non si decide da una sola sponda del Tevere. Da sempre le feluche italiane si incontrano e confrontano con i loro colleghi dei sacri palazzi. Oggi come ieri la Santa Sede è in prima linea su tanti dossier in cima all’agenda diplomatica di Roma. Di qui nascono le consultazioni bilaterali alla Farnesina, questo giovedì, fra il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e il segretario per i rapporti con gli Stati del Vaticano, monsignor Paul Richard Gallagher.

Tanti i punti dell’agenda discussi, dalla crisi libica al sostegno al Libano fino al processo di pace in Medio Oriente, fino alla tutela delle minoranze religiose e al cambiamento climatico e, ovviamente, il Coronavirus.

Durante l’incontro, Di Maio ha difeso e spiegato il ruolo dell’Italia come Paese stabilizzatore delle crisi regionali nel Mediterraneo. Su tutte, quella libica, dove la posizione di Roma non cambia: pieno sostegno a una soluzione politica della crisi, cessate-il-fuoco effettivo e duraturo con la mediazione dell’Onu in seno alla Commissione militare congiunta 5+5, e, ha detto il ministro a Gallagher, la fine del blocco della produzione di petrolio.

Si è parlato anche di Libano, Paese in ginocchio per la crisi sociale ed economica innescata dalla tremenda esplosione al porto di Beirut che ha causato più di 200 morti e inferto un colpo letale all’economia libanese. Un tema particolarmente caro alla Santa Sede, come dimostra la visita, sei giorni fa, del segretario di Stato vaticano cardinale Pietro Parolin ad Harissa, presso il santuario di Nostra Signora di Libano, per la Giornata di digiuno e preghiera proposta da papa Francesco. Di Maio da parte sua ha ribadito il pieno sostegno alla missione Unifil assicurando il sostegno italiano “anche oltre la fase emergenziale”. L’Italia è in Libano e intende restarci come key-player della stabilizzazione.

Quanto all’accordo raggiunto con la mediazione degli Stati Uniti fra Israele ed Emirati Arabi Uniti, tanto Roma quanto il Vaticano mantengono una linea di tendenziale cautela. Di Maio, fa sapere una nota, ha riferito che l’Italia “ha accolto positivamente la normalizzazione dei rapporti” ma ha poi precisato come “una vera stabilizzazione della regione non possa prescindere da una soluzione a due Stati direttamente negoziata tra israeliani e palestinesi”. Linea di fatto speculare a quella della diplomazia vaticana, che sull’accordo ha mantenuto un sostanziale riserbo.

C’è stato spazio anche per un dossier dove davvero Italia e Santa Sede sono attori di primo piano: la crisi in Venezuela. Come è noto infatti il Paese sudamericano vanta una delle più grandi comunità italiane all’estero ed è per la stragrande maggioranza di fede cattolica. Se il comunicato si limita a un passaggio formale, è in una recente intervista di Di Maio a Formiche.net che emergono le richieste del governo italiano alla Santa Sede per mediare nella crisi.

“La Santa Sede ha tradizionalmente svolto, con grande discrezione ed intelligenza, un ruolo importante nel quadro di diverse situazioni critiche in particolare nello scenario latinoamericano, dove la popolazione è prevalentemente di fede cattolica – aveva detto il ministro – Per parte nostra siamo aperti al dialogo ed alla collaborazione con tutti gli interlocutori che possano svolgere un ruolo di facilitatori nella ricerca di una soluzione alla crisi, che in ogni caso non potrà che nascere all’interno del Venezuela”. Nella stessa intervista, un chiarimento definitivo sulla posizione italiana: aperta condanna della “deriva autoritaria” del regime di Nicolas Maduro, non riconoscimento delle elezioni presidenziali del 2018 e della “legittimità democratica del vincitore”, richiesta di nuove elezioni.

La crisi umanitaria venezuelana è seguita da vicino in Vaticano. Il mese scorso papa Francesco ha accolto nel Palazzo apostolico l’alto Commissario Onu per i diritti umani ed ex presidente del Cile Michelle Bachelet proprio per parlare delle violazioni del regime di Maduro.

Tra gli altri temi del colloquio Di Maio-Gallagher, l’impegno italiano per la promozione dell’ Inclusive Vaccine Alliance, alleanza per giungere allo sviluppo e alla distribuzione equa di un vaccino anti-Covid e dell’alleanza GAVI per garantire il vaccino ad oltre 90 Paesi in via di sviluppo. Di Maio ha poi assicurato che il governo italiano, in vista della presidenza del G20 e copresidenza del COP26 nel 2021, si far portavoce degli appelli del papa per la lotta al cambiamento climatico e la salvaguardia dell’ambiente.

Un passaggio, infine, non poteva mancare sulla libertà religiosa nel mondo, tema caro alla Santa Sede e soprattutto a un fronte trasversale della politica americana, tanto da aver penetrato l’agenda di entrambi i candidati alle presidenziali, Donald Trump e Joe Biden. Si tratta di uno dei “uno dei temi prioritari del nostro mandato in Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite per il triennio 2019 – 2021”, aveva detto Di Maio a Formiche.net.

Nessuna menzione, nei resoconti ufficiali, della Cina e dell’accordo fra Santa Sede e Città Proibita per la nomina dei vescovi che dovrà essere rinnovato entro il 22 settembre. Difficile però che non sia stato toccato l’argomento. Il titolare della Farnesina è reduce da un faccia a faccia con l’omologo cinese Wang Yi a Villa Madama dove ha ribadito la richiesta di rispettare i diritti umani a Hong Kong. Si è parlato, a Roma, di un incontro discreto fra il ministro di Xi Jinping e Gallagher, che però non ha avuto conferme ufficiali. Da Pechino, ieri sera, il portavoce del ministero degli Esteri Zhao Lijian ha però fatto sapere che in questi due anni l’accordo “è stato implementato con successo”.

Santa diplomazia. Ecco di cosa hanno discusso Di Maio e il ministro del Vaticano

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