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L’Italia cerca spazio nei dossier che surriscaldano le acque del Mediterraneo. Oggi, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha avuto un colloquio telefonico con il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. In agenda soprattutto Mediterraneo orientale e Afghanistan, ma anche la Libia, con l’obiettivo di potenziare la missione europea. A pesare in senso contrario resta l’assertività turca. L’Italia lavora per ricostruire il dialogo, e l’Alleanza Atlantica (con rodati punti di contatto a ogni livello) potrebbe rivelarsi il foro più adatto a tale scopo. Già a marzo, in piena pandemia, Di Maio e Stoltenberg avevano parlato della riflessione strategica sul futuro della Nato.

MEDITERRANEO ORIENTALE

Da tempo gli interessi energetici nel Mediterraneo orientale creano più di qualche problema, soprattutto a fronte delle attività portate avanti dalla Turchia all’interno della zona economica esclusiva cipriota. Nelle ultime si è aggiunto il rischio di escalation tra Ankara e Atene. Martedì, la Turchia ha annunciato con un avviso ai naviganti (Navtex) l’avvio di attività di ricerca di idrocarburi tra le isole greche di Rodi e Castelrosso, inviando lì almeno 18 unità militari, mentre due caccia F-16 dell’aviazione penetravano nello spazio aereo greco.

Di tutta risposta, Atene ha messo in allerta la sua Marina, con il capo di Stato maggiore della Difesa Konstantinos Floros costretto a rientrare nella capitale dalle ferie che stava trascorrendo a Cipro. Fondamentale per evitare l’escalation sarebbe stato l’intervento di Berlino, quantomeno secondo la vice portavoce del governo federale Ulrike Demmer. Nei giorni scorsi, il ministro degli Esteri di Germania Hieko Maas ha fatto visita ad Atene, lanciando messaggi chiari ad Ankara. Nelle ore più delicate, la cancelliera Angela Merkel veniva raggiunta telefonicamente dal primo ministro Kyriakos Mitsotakis. Merkel che, subito dopo, nella notte, ha parlato anche con Recep Erdogan.

UNA CREPA NELLA NATO?

La situazione resta intricata anche per la Nato, da mesi alle prese con una Turchia assertiva su tanti dossier. Nel colloquio con Stoltenberg, Di Maio ha evidenziato la necessità di mantenere la coesione interna nell’Alleanza, facilitando il dialogo tra gli Stati rivieraschi per promuovere una de-escalation delle tensioni nell’area. A livello operativo, la questione riguarda la missione Nato Sea Guardian. Lo scorso 10 giugno, la fregata francese Courbet, flagship dell’operazione, veniva illuminata per tre volte dal puntatore laser del sistema lanciamissili di una delle navi da guerra della Marina turca, in quel momento impegnato a scortare un’unità cargo (sempre turca) diretta verso un porto libico. L’episodio ha scatenato l’ira francese, conducendo il presidente Emmanuel Macron ha rispolverare l’accusa di “morte cerebrale”. L’ira transalpina è stata infatti portata in sede Nato. Lì non ha ricevuto l’interesse desiderato, tanto da spingere la Francia a sospendere “temporaneamente” la partecipazione a Sea Guardian. Per Di Maio, è importante garantire “la piena operatività” della missione, “auspicando forme di collaborazione con la missione Eunavfor-Med Irini”, fa sapere la Farnesina.

IL NODO DI IRINI

D’altra parte, il nodo turco si è già abbattuto sull’operazione dell’Ue per garantire l’embargo sulla Libia. A inizio giugno, la scorta imponente di fregate turche impediva alle navi di Irini di ispezionare il mercantile Cirkin. È per questo che l’Italia si sta facendo promotrice (soprattutto in sede Ue) di un potenziamento degli assetti a disposizione del comandante Fabio Agostini, nonché per presentare la missione come uno sforzo bilanciato ed equidistante rispetto alle parti in campo, così da superare le rimostranze di Ankara che ritiene l’operazione un fattore di sostegno indiretto al leader della Cirenaica Khalifa Haftar, in grado di ricevere armamenti via terra dall’Egitto. Lo scorso 17 luglio, all’indomani del via libera del Parlamento, ha fatto il suo ingresso nella missione l’unità anfibia San Giorgio della Marina italiana, flagship delle manovre fino al prossimo ottobre. A bordo ci sono il force commander della missione Ettore Socci e gli uomini della Brigata San Marco, in grado di operare ispezioni sui mercantili diretti verso la Libia anche in caso di atteggiamenti non collaborativi.

IL RUOLO ITALIANO

Tra Farnesina e Difesa, si lavora per avere maggiori assetti da parte degli altri Paesi europei, considerando l’ampia partecipazione che la missione ha avuto a livello di consenso politico. Si tratta d’altra parte dell’impegno dell’Ue per risolvere la crisi libica, seguendo la strada tracciata a gennaio con la Conferenza di Berlino: un cessate-il-fuoco efficace e un dialogo intra-libico inclusivo. Si lavora anche per sciogliere il nodo turco, promuovendo il dialogo ma mantenendo alcuni punti fermi (de-escalation in Libia e rispetto del diritto internazionale nel Mediterraneo orientale). I ministri Luigi Di Maio e Lorenzo Guerini hanno fatto entrambi visita ad Ankara nel giro di tre mesi, con il titolare di palazzo Baracchini che due giorni dopo ha ricevuto a Roma la collega francese Florence Parly, apparsa favorevole a una mediazione italiana.

IL PUNTO SULL’AFGHANISTAN

Oggi, Stoltenberg e Di Maio hanno parlato anche di Afghanistan. Il ministro italiano, ha spiegato la Farnesina, ha espresso sostegno per un dialogo intra-afgano costruttivo e inclusivo, mirato a una riconciliazione nazionale che assicuri finalmente pace e stabilità al Paese. Al momento, i livelli di violenza da parte dei talebani restano elevati, tanto da non lasciare margini per immaginare un corposo ritiro del contingente internazionale. L’accordo di Doha raggiunto a fine febbraio tra Stati Uniti e talebani prevede una riduzione della presenza straniera fino a 12mila unità entro l’estate. Si tratta però di un ritiro “condizionato” al rispetto dell’accordo da parte dei talebani, ovvero la cessazione delle ostilità verso le forze afgane e il buon esito dei negoziati tra le forze del Paese. Per l’Italia, il Parlamento ha da poco confermato 800 unità nell’ambito della missione a guida Nato Resolute Support. Non si esclude una rimodulazione “in senso riduttivo” nel caso di un miglioramento delle condizioni di sicurezza.

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