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Alle 5.31 del mattino, Charles Michel, presidente istituzionale del Consiglio europeo, ha inviato un tweet, al tempo stesso lapidario e tacitiano, Deal! (ossia Accordo!), cioè la trattativa è andata in porto.

Oggi tutti i partecipanti al lungo negoziato potranno dire di avere vinto. Stati come l’Italia affermano che “portano a casa” un po’ di più di quanto avevano preventivato. Quelli “frugali” possono dire che per la prima volta nell’Unione europea è stato delineato un sistema efficace di controlli sulle politiche economiche e sulle riforme degli Stati membri e che hanno ottenuto i rebates (restituzioni) sul bilancio comunitario che avevano chiesto. Francia e Germania sostengono che il loro piano è stato approvato da tutti. Polonia ed Ungheria vantano di aver sedato le polemiche sullo stato di diritto. E via discorrendo. Solo la Commissione europea avrà a che fare con un bilancio un po’ più striminzito.

Hanno vinto tutti anche perché, almeno per il momento, la partita si gioca con soldi virtuali, come quelli del “monopoli”. Non si sa come e quando la Commissione europea si rivolgerà al mercato, e ancor meno quali saranno (e come verranno prelevate) le nuove imposte europee per l’ambiente e sui “giganti del web” – ossia gli elementi che dovrebbero alimentari il Recovery and Resilience Fund e gli altri strumenti per sorreggere la ripresa europea.

In effetti, la sconfitta è l’Europa. La sconfitta – è vero – sarebbe stata ben maggiore se non si fosse giunti ad accordo, per quanto virtuale (come i denari con cui per ora si è giocato). Tuttavia, il lungo e complicato negoziato ha messo in luce profonde divisioni tra i 27, alleanze e rovesciamenti delle medesime, ed un’atmosfera che non porta certo ad un “Unione sempre più stretta”. Si prospettano lunghi anni difficili per l’Unione europea (Ue).

In questo quadro, l’Italia, anche se può dire di avere ottenuto (sulla carta) più di quanto aveva sperato, ha di fronte a sé compiti non facili. Deve approntare un Piano di Riforme molto più incisivo, più dettagliato e più – si scusi il termine burocratico – “cronoprogrammato” di quello leggibile sul sito del ministero dell’Economia e delle Finanze. Tale Piano deve dettagliare riforme non facili (si pensi a quella della giustizia) al fine di essere sottoposto ad attenta valutazione e monitoraggio europeo. Valutazione e monitoraggio sono affidati in gran misura a due organi collegiali degli Stati membri (il Comitato economico e finanziario – composto di alti funzionari – ed il Consiglio economico e sociale – composto dai ministri) che potranno essere più attenti a fare le bucce a chi ha mostrato poca affidabilità nel rispettare impegni presi in passato.

La strada è ancora tutta in salita. Se non ci si rivolge allo “sportello sanitario” del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) prima di metà 2021, si vedranno solo i finanziamenti della Banca centrale europea e della Banca europea degli investimenti.

Mes

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