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Giuseppe Conte è il mezzadro che ha preso possesso della terra e si è rifiutato di cederla al padrone originale, Beppe Grillo. Ma questo non ha esaurito, anzi ha moltiplicato i problemi dell’organizzazione.

Alle recenti elezioni in Emilia e Romagna e Umbria il movimento ha raggiunto percentuali minime e alla recente assemblea costituente del M5s una decina di contestatori ha fato irruzione con fischi e cori contro Conte al grido di “trasparenza, trasparenza”. Fonti pentastellate hanno commentato che questi sono: “Metodi che non ci appartengono”.

C’è un aspetto ironico in questo. Il movimento ha raccolto consensi con urla e accuse barbariche che per decenza ricordiamo come i “vaffa days”.

I fischi per “trasparenza” è roba da educande, quindi il “non ci appartengono” che significa? Il nuovo leader 5S riconosce che il passato era folle o che i nuovi conte-statori sono troppo civili per il dna dell’organizzazione?

Ma sotto l’ironia c’è una questione vera: dove vuole raccogliere i voti il M5s di Conte? La contestazione dura prometteva una rivoluzione trasformatasi in una distribuzione di posti a prebende a gente largamente senza arte né parte.

Ora che le promesse sono state tradite riproporre la strada radicale potrebbe essere inutile: quanti crederebbero a Conte barricadero? Non è nelle corde del personaggio e il barricadero originale, Grillo, è stato messo fuori. Riportarlo dentro minerebbe la posizione di Conte, sempre “mezzadro” delle Cinque Stelle.

L’altra via, forse anche più consona alle corde contiane, è la caccia ai voti nel territorio con figure locali, celebrità, scambi di favori. Per questo ci vuole una organizzazione capillare, dettagliata.

Quindi il M5s deve trasformarsi in partito vero e non gruppo verticistico. Tale ricerca di voti di sinistra “organizzati” apre una gara impari con il Pd, che è sul territorio da più tempo e con più metodo.

Anche a livello “ideale” gli spazi M5s si chiudono. Se la bandiera alla Masaniello del “tutto a gratis a tutti” non funziona e bisogna trovare spazi di riformismo, anche qui il Pd è più convincente.

Tutto questo è un dono per Elly Schlein e il suo PD che può concentrarsi a fare un partito di sinistra moderata. Ciò ha un parallelo a destra.

La sconfitta della Lega radicale spinge oggi FdI di Giorgia Meloni in uno spazio più centrista.

Conte potrà quindi per qualche mese amministrare l’appassimento e trasformazione del M5s ma dopo, la strada realisticamente aperta è quella di Matteo Renzi e la sua Italia Viva – confluire nel Pd in cambio di qualche seggio garantito.

Così si apre finalmente una prima partita vera nel Paese dopo molti anni di contestazioni vacue. Se Pd e FdI convergono al centro lasciando le ali estreme, la raccolta di consensi si concentra verso i moderati.

Ciò ridà spazio a politiche più ragionevoli e ricrea oggettivamente una centralità di Forza Italia. Non è chiaro come il partito che fu di Silvio Berlusconi decida di giocare la partita né cosa voglia fare la famiglia, “azionista di maggioranza” del partito stesso. Ma, con questa legge elettorale, è questo partito che potrebbe far vincere l’una o l’altra parte.

Anche qui c’è un’ironia a Cinque stelle. Grillo, all’inizio, proponeva la sua rivoluzione contro il potere di Forza Italia. Il suo fallimento ha riportato la centralità di FI.

Nel frattempo, quasi il 60% degli elettori non va più a votare. Così il fallimento di Grillo non è stato sostituito con il successo di qualcos’altro ma solo con quello che viene, a torto o a ragione, percepito come il più largo e dilagante fallimento della politica.

Qui forse sarebbe il lavoro vero da fare per fermare e svoltare la dissoluzione del Paese.

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