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È stato probabilmente raggiunto oggi il punto di non ritorno nella diatriba tra Turchia e Stati Uniti (e Nato) sull’acquisto da parte di Ankara del sistema russo S-400. Stando a quanto riportato dal sito turco Haber, le forze armate turche lo hanno testato sui cieli del Mar Nero.

IL TEST

Nei giorni scorsi la Turchia aveva emanato un avviso di chiusura del traffico marittimo e aereo nella zona intorno alla città di Sinope, mentre notizie di test imminenti erano già arrivate la scorsa settimana, quando il sistema era stato dispiegato nella zona, tanto che il dipartimento di Stato americano si era definito “profondamente preoccupato” sul tema. Oggi Haber ha riportato il test con diversi video amatoriali che mostrano il lancio di un missile dalla costa. Si attendono nuove reazioni da Washington e Bruxelles, sede del quartier generale della Nato.


IL MOMENTO

Il momento dei rapporti tra Turchia e alleati non è affatto felice. Ankara si sta da tempo dimostrando particolarmente assertiva su tanti dossier, dalla Libia al Mediterraneo orientale, fino al Nagorno Karabakh. Assertività che ha creato non pochi problemi alla Nato, soprattutto per le rivendicazioni mediterranee e il rischio escalation con un altro Paese membro, la Grecia. Solo un paio di settimane fa, dopo circa un mese di tentativi, la Nato è riuscita a istituire un meccanismo di de-confliction a livello operativo-militare (con tanto di linea diretta tra Atene e Ankara per evitare incidenti), primo passo per successive mosse diplomatiche. Ora, il test sull’S-400 rischia di erodere ulteriormente la fiducia tra Turchia e alleati. Durante la visita ad Ankara, il segretario generale Jens Stoltenberg ha trattato direttamente con Recep Erdogan l’argomento.

DISTANZE TRA ANKARA E WASHINGTON

Il tema è motivo di frizione da tempo, almeno da dicembre 2017, da quando Turchia e Russia hanno ufficializzato l’accordo sulla vendita dell’S-400. Era in realtà solo la formalizzazione delle difficoltà tra Ankara e Washington, apertesi a luglio del 2016 con il tentativo di golpe in Turchia e con il repulisti che ne è seguito, inizio di una distanza mai colmata. La questione è tornata a dominare le reciproche agende nell’estate dello scorso anno, con le prime consegna del sistema ad Anakra e gli Stati Uniti a ufficializzare l’estromissione della Turchia dal programma F-35, prima individuando alternative al contributo dell’industria turca, poi con lo stop alle consegne e all’addestramento.

LE CARTE AMERICANE…

A novembre, l’incontro alla Casa Bianca tra Donald Trump e Recep Erdogan sembrava presagire un’intesa sul tema, ma in realtà non scioglieva il nodo centrale, tanto che due settimane dopo le forze armate turche testavano per la prima volta il radar del sistema. Nonostante la volontà di restare nel programma F-35 (con un piano d’acquisto di cento velivoli), Ankara è stata sempre determinata a procedere con l’S-400, giustificando tale scelta con esigenze di difesa e con l’inadeguatezza delle offerte americane per il sistema Patriot, ritenute troppo costose.

…E QUELLE DELLA NATO

Gli Stati Uniti hanno giocato invece molto sull’F-35, tanto che ormai la Turchia ne risulta esclusa dai vari piani di consegna per i lotti produttivi assegnati dal Pentagono a Lockheed Martin. Neanche l’allineamento della Nato sulla posizione americana ha convinto la Turchia a desistere dal mettere in funzione il sistema russo, pur avanzando legittime opposizioni a livello tecnico-operativo. Il sistema S-400 non può infatti essere inter-operato con gli altri assetti della Nato, né inserito all’interno di un sistema di comando e controllo comune con gli alleati, il tutto proprio mentre l’Alleanza riorganizza la sua postura militare sull’interoperabilità. In più, gli americani hanno sollevato il rischio che l’assetto russo venga utilizzato come un trojan per carpire i segreti di altri armamenti, a partire dall’F-35, mandando informazioni riservate direttamente a Mosca sull’avanzato velivolo di quinta generazione.

LO SGUARDO DI PUTIN

Il terzo attore della vicenda è da rintracciare al Cremlino. Vladimir Putin si è dimostrato abile venditore, contento di poter inserire con la vendita turca una dolorosa spina nel fianco della Nato. Mentre la distanza tra Ankara e Washington cresceva, tra incomunicabilità e incomprensioni, si riduceva quella tra Ankara Mosca, con Putin pronto a tendere la mano a Erdogan e a dimenticare in fretta l’abbattimento del Sukhoi russo sul confine siriano, a fine 2015, da parte di due F-16 decollati dalla base aerea Nato di Incirlik, in Turchia. Il tutto con l’S-400, arma diplomatica più che operativa.

IL SISTEMA

Eppure, con denominazione Nato SA-21 Glower, l’assetto è considerato uno dei sistemi più avanzati per la difesa aerea, paragonabile proprio al Patriot statunitense. Nello specifico, si tratta di un sistema missilistico mobile terra-aria, in grado di ingaggiare aerei, Uav, missili da crociera, e dotato di una dichiarata capacità di difesa terminale dai missili balistici (cioè nella fase finale della loro traiettoria, quella in cui è più difficile e pericoloso colpirli). Già dispiegato in Siria, presso la base di Tartus, e in Crimea, il sistema è utilizzato con funzioni di A2AD (sigla che sta ad indicare Anti-Access-Area-Denial) per il controllo e la difesa dello spazio aereo volto ad annullare la proiezione di strumenti militari da parte di attori esterni.

La Turchia testa il sistema russo S-400. È crisi tra Ankara e Washington?

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