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La presidenza dell’Unione Europea assunta dalla Germania all’inizio del mese avviene in un periodo di difficoltà senza pari. Abbiamo tre crisi da gestire: epidemica-sanitaria, economica ed istituzionale. Crisi che, se colte fino in fondo, potrebbero rappresentare l’occasione per far fare all’Europa quel passo atteso da anni, già auspicato dai “padri fondatori”, ma mai realizzato. È una sfida per la Germania e per tutti i Paesi. La Merkel la raccoglierà in questi mesi di presidenza?

Una sfida vincibile, ma richiede il coraggio delle scelte storiche. A cominciare da ciò che serve subito: risorse finanziarie ingentissime e progetti comuni, in grado di permettere all’insieme del sistema economico e sociale europeo di riprendere a funzionare in modo coerente con il perseguimento di obiettivi di sviluppo equo e sostenibile e di salvaguardia delle condizioni sociali, che la pandemia ha reso ancora più evidenti e necessari. Proposte in grado di sostenere l’idea di bene comune europeo che solo l’Unione può garantire. Una scelta in corso d’opera, ma si cammina ancora lentamente e con timidezza.

Dipende dai limiti dell’Unione attuale che ancora le impediscono di agire con la rapidità necessaria. I più gravi riguardano l’Eurozona, che con la crisi precedente ha visto aumentare, nell’indifferenza dei più, le disuguaglianze tra i Paesi e tra le persone al suo interno. Lo stesso potrebbe succedere con la pandemia attuale senza provvedimenti veloci e adeguati. Limiti che andrebbero rimossi dopo 30 anni da Maastricht. In fretta, facendo leva sui Paesi che condividono un progetto solidale e di alto profilo dell’Unione, fuori dalla logica del ricatto a cui oggi è ancora sottoposta.

L’Europa però non ha bisogno solo di provvedimenti immediati per far fronte alle conseguenze della pandemia. Non ha bisogno di ritocchi “cosmetici”, o di promesse roboanti, ma di qualcosa di eccezionale, adeguato alla gravità dei fatti. Un provvedimento che le permetta di “esistere” e di esercitare appieno il suo ruolo in ambito internazionale ed all’interno, su pochi temi di interesse comune. Un provvedimento straordinario che solo la politica può decidere, senza aspettare la Conferenza sul Futuro dell’Ue. Questa potrà avere il mandato di adeguare le strutture al cambiamento in corso. La politica dei due tempi non ha mai prodotto risultati. Il futuro è già iniziato, come la fase costituente che dovrà portare all’Europa politica se la Merkel vorrà approfittare del semestre di presidenza tedesca per lanciarla. È l’unica strada che abbiamo per arginare il declino dell’Europa e farla tornare partecipe, se non protagonista com’è stato per secoli, del destino del mondo, oggi messo a rischio.

Tale obiettivo non potrà essere raggiunto da un solo Paese, o sotto l’egida di uno o due Paesi dell’Unione, ma da istituzioni democratiche comuni che prevedano nuovi strumenti e nuove forme di partecipazione dei cittadini alle scelte fondamentali affidate all’Unione, da cui dipende il loro destino. Una democrazia partecipata, composta da diversi “soggetti istituzionali”, che non crei gerarchie tra Paesi o tra cittadini.

Siamo sicuri che un obiettivo di così alto profilo, che affida all’Unione politica una sovranità condivisa su poche materie di carattere strategico, farà di questa un nuovo punto di forza e di attrazione, come lo è stata la prima Comunità Economica del ’57. Aspettare ancora a dirlo, e a farlo, è come volersi suicidare. Per riuscirci occorre fiducia, coraggio, visione e consenso. Sono sicuro che se la Germania si porrà tale obiettivo avrà successo, come lo avrà la Conferenza sul Futuro dell’Ue, da iniziare senza ulteriori indugi. Troverà altri Paesi al suo fianco. Tra questi l’Italia.

Una sola richiesta alla Merkel: "Fare qualcosa di eccezionale per l’Europa"

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