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Qual è il modo migliore per combattere la disinformazione? Education, education, education. Lo ripetiamo da tempo, ed è nei fatti il senso del rapporto, pubblicato l’altro giorno sul sito del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri, della task force istituita per contrastare le fake news sul Covid-19.Quando ad aprile Andrea Martella annunciò la sua istituzione, ci furono parecchie polemiche politiche, fomentate in particolare da Salvini e da Meloni, i quali accusavano il governo di voler dar vita al ministero della verità. Polemiche alquanto sterili, conoscendo i componenti del gruppo di lavoro, personalità indipendenti e di alto profilo.

Soprattutto perché gli esperti della task force avevano chiarito da subito che ‘l’obiettivo non è in nessun modo quello di esercitare censure o limitare la libertà di espressione o il diritto dei cittadini di informarsi. E quindi non è nostra intenzione assegnare patenti di veridicità alle notizie’.Qual è allora lo scopo della task force? Nel rapporto appena pubblicato leggiamo che “le priorità di azioni sono: a) individuare i processi e le modalità più adeguate a veicolare efficacemente i contenuti istituzionali; b) fornire ai cittadini i criteri di discernimento e gli strumenti necessari per documentarsi liberamente in maniera corretta, informandoli sui processi cognitivi che inducono ad aderire a determinate notizie in luogo di altre e sensibilizzandoli sui rischi della disinformazione, sui meccanismi che ne sono alla base e sull’importanza di fare riferimento a fonti istituzionali accreditate”.

In particolare, sono tre gli ambiti di intervento suggeriti. Il primo ambito riguarda l’accesso alla comunicazione istituzionale e ai contenuti ritenuti più attendibili. Il secondo ambito di intervento è dedicato alla sensibilizzazione dei cittadini, per far aumentare la consapevolezza e la media literacy. La terza è il sostegno all’analisi quantitativa del fenomeno della disinformazione e allo sviluppo di strategie di comunicazione data-driven.

Siamo perciò di fronte a un approccio tutt’altro che ideologico e verticale. Anzi il punto più interessante del rapporto sta proprio nel coinvolgimento degli utenti cittadini nell’utilizzo degli strumenti e nella comprensione dei meccanismi alla base di come le notizie si diffondono sui social media.

Infine, molto corretta la scelta di dare centralità alla comunicazione istituzionale. Ne abbiamo scritto più volte, anche su Formiche.net. La pandemia ha dimostrato in maniera evidente che i cittadini utenti sono affamati di notizie e si fidano soprattutto delle fonti istituzionali.

D’altronde l’associazione PAsocial da anni insiste proprio su questo punto. Il lavoro che si sta facendo di revisione e aggiornamento della vecchia legge 150 va esattamente in questa direzione. Ed è importante che nel rapporto della task force uno degli strumenti individuati sia la formazione rivolta ai comunicatori pubblici sul tema disinformazione.Per concludere, la lotta alle fake news che non riguarda solo la rete passa necessariamente attraverso il cittadino utente nel consumo informativo e nell’uso che fa dei mezzi di informazione. Educare, formare, sensibilizzare, coinvolgere: questi sono i percorsi da attivare. E siamo ben contenti che il primo rapporto della task force sulle fake news abbia intrapreso la strada giusta.

Fake-news, ecco la (buona) road map della task force di Martella

Qual è il modo migliore per combattere la disinformazione? Education, education, education. Lo ripetiamo da tempo, ed è nei fatti il senso del rapporto, pubblicato l’altro giorno sul sito del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri, della task force istituita per contrastare le fake news sul Covid-19.Quando ad aprile Andrea Martella annunciò la sua istituzione,…

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