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Non lo vogliono neppure i Sioux Oglala al Mount Rushmore domani. La popolarità del presidente Donald Trump tra gli elettori americani è calata, in un giugno nero per l’andamento dell’epidemia, con il coronavirus più contagioso che mai, che si riflette nell’esito dei sondaggi.

Il distacco dal suo rivale Joe Biden è ormai stabilmente in doppia cifra. Per il Pew Research Center, l’87% degli americani è insoddisfatto di come vanno le cose nell’Unione – il numero più alto mai registrato in questo rilevamento – e solo il 39% approva l’operato del presidente – il numero più basso da oltre un anno -.

Per Politico e Morning Consult, la popolarità di Trump è calata in giugno dal 41 al 39%: il 59% degli intervistati non ne approva l’operato, specie sul fronte della pandemia, ritenuta prioritaria da quasi i due terzi del campione, mentre meno di un terzo indica l’economia. Il tradizionale ottimismo americano è un ricordo: solo il 25% degli elettori è convinto che il Paese vada nella giusta direzione mentre per il 75% è decisamente fuori strada (il divario più largo da quando il magnate s’è insediato alla Casa Bianca).

Infine, l’ultimo sondaggio Usa Today e Suffolk Poll dà il candidato democratico alla Casa Bianca 12 punti avanti, con il 53% delle preferenze, contro il 41% del presidente. Cattive notizie arrivano pure da sei Stati in bilico, Arizona, Florida, Michigan, North Carolina, Pennsylvania e Wisconsin: qui, secondo la Cnbc, una maggioranza (relativa) di intervistati attribuisce a Trump la responsabilità del boom dei casi di coronavirus.

Pure Stati fino a ieri ‘sicuri’ per il candidato repubblicano, come l’Ohio o la South Carolina, vacillano; ed è testa a testa in una roccaforte repubblicana come il Texas. La Casa Bianca sdrammatizza, Trump bolla i dati come ‘fake news’, ma – scrive Claudio Salvalaggio sull’Ansa – “tra dirigenti e strateghi repubblicani cresce il timore di una sconfitta a valanga se nei prossimi quattro mesi il magnate non correggerà il tiro”.

Eppure, è l’altro verso della medaglia, la campagna di Trump e il Republican National Committee hanno raccolto in giugno 131 milioni di dollari: una cifra elevata che mostra come nonostante tutto il presidente continua a essere una macchina da soldi. Lo riporta il New York Times, nelle cui analisi si sottolinea come il vantaggio di Biden è essenzialmente basato sull’insoddisfazione verso Trump ben più che sull’entusiasmo per l’ex vice di Barack Obama e resta quindi fragile.

Ora, ci si mettono pure i Sioux. Julian Bear Runner, presidente dell’Oglala Sioux Tribal Council, ammonisce il presidente a non recarsi domani, vigilia dell’Independence Day, al Mont Rushmore, monumento nazionale in South Dakota perché la sua presenza aumenterebbe il rischio coronavirus e violerebbe i trattati tra il governo federale e i nativi americani per gestire le sacre Black Hills. Secondo Runner, la visita richiede l’autorizzazione dei sette governi tribali Sioux. Gruppi di nativi stanno già organizzando proteste.

Ad affossare Trump in questo momento, è soprattutto l’andamento dell’epidemia di coronavirus, che ieri ha registrato un record nazionale assoluto di oltre 50 mila casi in un giorno, con lo smacco del bando Ue ai viaggiatori statunitensi. “State a casa, evitate gite, feste, assembramenti per i fuochi d’artificio”, è l’appello lanciato dalle autorità sanitarie in vista dell’Independence Day il 4 Luglio.

Secondo i dati della Johns Hopkins University, i nuovi contagi ieri sono stati quasi 53 mila, per un totale di oltre 2.686.000, mentre il numero dei decessi superava, alla mezzanotte sulla East Coast, i 128 mila.

In un’intervista alla Fox, Trump dice di avere “fatto bene” sul coronavirus e afferma il virus “sparirà”. E si dichiara pure favorevole alla mascherina, che finora non ha praticamente mai indossato – “La metterei, se fossi in un gruppo. Le mascherine sono positive” – restando, però, scettico sul farne un obbligo nazionale – “Non so se serve un obbligo”.

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