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La proposta che segue è stata incoraggiata dalla iniziativa del presidente di Confindustria Carlo Bonomi per una revisione del tradizionale modello di contrattazione fondato su contratti collettivi nazionali invasivi e segmentati secondo i perimetri dei codici Ateco. La crisi pandemica ha ancor più evidenziato le diverse condizioni delle imprese e dei territori nella fase di ripresa delle attività. Le parti sociali sono chiamate a svolgere un ruolo sussidiario di supplenza rispetto a politiche centrali che hanno ulteriormente irrigidito il mercato del lavoro. L’adattamento reciproco tra imprese e lavoratori nelle varie circostanze può favorire la collaborazione partecipativa per progetti di crescita condivisi nei quali sia garantita una equa distribuzione dei risultati.

1. Il salto prodotto dalle nuove tecnologie ha determinato il superamento della tendenziale omologazione dei lavori e delle imprese che aveva caratterizzato la seconda rivoluzione industriale. Ne consegue la necessità di una profonda revisione del pesante impianto regolatorio centralizzato prodotto dalle leggi e dai contratti collettivi nazionali propensi a rincorrersi ed imitarsi.

2. Sotto il profilo legislativo, il cambiamento può essere realizzato attraverso due norme di sostegno alla contrattazione collettiva di prossimità. L’una dovrebbe completare l’art.8 della L 148/11 consentendo una limitata deroga nella misura massima del 20% ai minimi retributivi disposti dai contratti nazionali in particolari circostanze come l’avvio di start up, la gestione di crisi aziendali o territoriali nonché la possibilità di adattare la disciplina sulla salute e sicurezza ai diversi contesti di impresa (ad es. studi professionali, terzo settore…) o ai rapporti di lavoro agile, fermo restando il rispetto delle direttive comunitarie. La seconda norma dovrebbe estendere la attuale tassazione “secca” (aliquota sostitutiva) a tutti gli aumenti retributivi deliberati dai contratti di prossimità (inclusi straordinari e lavoro notturno) fino a diecimila euro riducendone l’aliquota al 5%. A queste dovrebbe aggiungersi, con lo scopo di incoraggiare le assunzioni e lo sviluppo adattivo dei contratti individuali, il decreto ministeriale atteso dal 2012 per l’avvio dell’arbitrato di “equità”, introdotto dalla L. 183/10 per favorire la rapida soluzione dei contenziosi.

3. Per il più rilevante profilo contrattuale, un nuovo e robusto accordo interconfederale largo e inclusivo potrebbe riformare la contrattazione collettiva. Il contratto collettivo nazionale dovrebbe costituire una cornice unitaria per tutto il lavoro industriale in termini di principi e di prestazioni sociali complementari. In particolare, dovrebbe regolare in via generale il diritto di apprendimento attraverso un “Conto Professionalità”, portabile nei diversi rapporti di lavoro del perimetro contrattuale, ove sono contabilizzate le ore di formazione maturate in proporzione al lavoro e che il lavoratore sceglie liberamente come spendere presso un ente accreditato o autorizzato. Per conseguire gli obiettivi di un ulteriore rafforzamento dei fondi previdenziali, della estensione dei fondi sanitari fino al decesso del lavoratore e alla copertura dei familiari, della introduzione della assistenza di lungo periodo alla non autosufficienza, occorre una massa critica tale da assorbire i maggiori rischi attraverso la progressiva fusione degli enti di categoria. Lo stesso contratto unico, infine, stabilisce il livello minimo retributivo.

4. I contratti regionali – o in alternativa i contratti aziendali e interaziendali – definiscono le forme di coinvolgimento dei lavoratori nelle fondamentali scelte di sviluppo delle imprese, le modalità di accesso alle conoscenze e competenze dei lavoratori (incluse le forme di collaborazione tra imprese, scuole, università, enti bilaterali, consulenti del lavoro), la certificazione della professionalità, l’inquadramento dinamico, gli obiettivi di produttività, gli incrementi retributivi connessi, le ulteriori prestazioni di welfare da riconoscere in azienda. I perimetri degli accordi interaziendali, corrispondenti a filiere o distretti o aree di produzione, sono individuati dalle parti sociali. Il contratto più prossimo prevale sugli altri senza sovrapposizioni o duplicazioni.

5. Il risultato sarà un innalzamento delle prestazioni sociali per tutti i lavoratori dell’industria e la possibilità di incrementi retributivi diretti e indiretti collegati alla maggiore professionalità e produttività così da ridurre il costo del lavoro per unità di prodotto e aumentare la occupabilità della persona.

Meno leggi, più contratti (di prossimità). La proposta di Sacconi e Massagli

Di Emmanuele Massagli e Maurizio Sacconi

La proposta che segue è stata incoraggiata dalla iniziativa del presidente di Confindustria Carlo Bonomi per una revisione del tradizionale modello di contrattazione fondato su contratti collettivi nazionali invasivi e segmentati secondo i perimetri dei codici Ateco. La crisi pandemica ha ancor più evidenziato le diverse condizioni delle imprese e dei territori nella fase di ripresa delle attività. Le parti…

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