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Il campo di battaglia contemporaneo è cambiato. E lo sguardo del soldato, oggi, è rivolto verso l’alto, là dove i droni – commerciali, modificati, militari – stanno ridefinendo la postura operativa, le regole d’ingaggio e le priorità tecnologiche. Dai droni quadrielica artigianali con carichi esplosivi agli attacchi saturanti con sciami Uav, le minacce si sono moltiplicate e, soprattutto, interconnesse. Un sistema pensato per difendersi da un missile balistico può essere reso inservibile da una nuvola di piccoli droni da pochi euro. Non è più solo una questione di dominio tecnologico. È un problema di massa, velocità e resilienza. Per fare un esempio, l’Ucraina produce due milioni e mezzo di droni l’anno, la Russia quattro milioni, il che significa che Mosca è in grado di lanciare diecimila droni al giorno. Numeri che definiscono una nuova dimensione della difesa.

La guerra tecnologica è già iniziata e richiede un duplice adeguamento. Da un lato le Forze armate devono tornare a un addestramento orientato ai conflitti ad alta intensità; dall’altro, l’industria deve rispondere con prontezza, creando soluzioni capaci di operare in scenari mutevoli, ibridi, ad alta densità elettromagnetica e operativa. Il lancio del nuovo sistema Karma (Kinetic anti-drone mobile asset) da parte di Elt Group si inserisce esattamente in questo contesto. Si tratta di una piattaforma contro-Uas progettata per proteggere sia assetti militari sia infrastrutture critiche, capace di rilevare, riconoscere e identificare droni di classe 1 e 2 grazie a un utilizzo intensivo dell’intelligenza artificiale.

A differenza delle soluzioni tradizionali, Karma opera in modalità radarless, rendendosi così elettromagneticamente invisibile – un vantaggio strategico in scenari dove ogni emissione può essere tracciata. Utilizza una rete di sensori infrarossi per garantire una sorveglianza a 360°, integrata con un comando e controllo dotato di algoritmi di intelligenza artificiale che generano in tempo reale una Local air picture, l’immagine dello spazio aereo locale, completa e aggiornata. Il sistema può operare autonomamente o integrarsi in una rete di difesa più ampia, su piattaforme mobili o installazioni fisse. È pensato per scenari complessi, inclusi quelli con attacchi multipli e coordinati, e incorpora funzionalità di jamming per disturbare le comunicazioni dei droni avversari.

Le sfide della nuova guerra aerea non riguardano solo le grandi potenze. Anche in Italia, dove il dibattito su difesa, deterrenza e autonomia industriale si sta riaccendendo, sarà necessario un salto di qualità. L’obiettivo: colmare rapidamente il gap tra minaccia e capacità di risposta. La lezione ucraina è chiara: tecnologia, massa e interoperabilità non sono più opzionali. Sono condizioni necessarie per restare rilevanti nel campo di battaglia del presente e del futuro.

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Il campo di battaglia moderno si gioca anche (e soprattutto) nello spazio aereo vicino. L’avvento massiccio dei droni, le nuove posture operative e le minacce ibride impongono un cambio di paradigma. Anche l’Italia è chiamata ad accelerare sul fronte tecnologico e industriale. Il sistema anti-drone di Elt Group, Karma, si inserisce in questo scenario, offrendo una risposta avanzata a una sfida che non è più rimandabile

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Pechino contro tre hacker, ritenuti agenti della National Security Agency, che sarebbero stati coinvolti in attacchi informatici durante gli Asian Winter Games a Harbin. Una novità che evidenzia l’uso strategico delle accuse pubbliche per contenere le attività ostili

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