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“Arriverà il momento in cui dovremo interrogarci sulle responsabilità. Credo però che questo sia il momento in cui privilegiare la collaborazione tra Stati per sconfiggere il virus. Non è il momento delle divisioni”. Così il presidente del Consiglio Giuseppe Conte al Corriere della Sera sulla posizione dell’Italia sull’inchiesta nel confronti della Cina per la pandemia di Covid-19. Due — anzi tre — piccioni con una fava: smentisce gli alleati del Partito democratico, fa gongolare la Cina e mina l’unità europea sulla richiesta di un’indagine sulla condotta di Pechino.

Nei giorni scorsi, infatti, anche la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen aveva dimostrato il suo sostegno a una commissione di indagine internazionale in seno alle Nazioni Unite: “Sarà necessario lavorare sulla trasparenza dopo la crisi”, ha detto il capo dell’esecutivo comunitario. E il governo italiano si era subito associato. In particolare nella sua componente dem, con i ministri Lorenzo Guerini (Difesa) ed Enzo Amendola (Affari europei) in prima linea. Infatti nei giorni scorsi, come raccontato da Formiche.net, il primo aveva richiamato l’attenzione sulla necessità di avviare un’indagine per accertare in trasparenza le origini del virus; il secondo, durante un seminario organizzato dal Centro Studi Americani aveva detto “Se al governo fossimo stati noi, il Memorandum con la Cina non lo avremmo mai firmato”.

Al Foglio, Piero Fassino aveva detto: “Sapere come è nata l’epidemia è giusto, tuttavia il giudizio su presunte responsabilità cinesi non spetta ai governi ma a una commissione internazionale di esperti indipendenti. E questa strada va percorso senza tentennamenti”. Sempre al Foglio, il ministro Amendola aveva ribadito il suo sostegno a una indagine (una commissione internazionale è “il minimo sindacale”) aggiungendo: “Ho visto che anche il presidente Conte è tutt’altro che ostile a un’inchiesta in tal senso”.

Dopo le uscite atlantiste dei ministri Guerini e Amendola e pure di un alto esponente dem come Fassino sembrava che la musica fosse cambiata. E invece no. Il premier Conte, a una settimana dell’inizio dei lavori della prossima assemblea generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (in occasione della quale l’Unione europea chiederà all’Oms un esame indipendente sugli eventi in Cina), ha preso di petto la questione rimandando a data da destinarsi gli interrogativi sulle responsabilità. Un po’ come aveva fatto nei giorni scorsi Chen Xu, ambasciatore cinese all’Onu di Ginevra (dove ha sede l’Oms), che ha fatto sapere che la Cina non darà il via libera agli esperti internazionali per indagare sull’origine del coronavirus fino a quando non sarà sconfitta la pandemia. “Per sapere se o come avverrà l’invito, in questo momento dobbiamo avere la giusta impostazione di priorità e, d’altra parte, abbiamo bisogno della giusta atmosfera”.

Ecco perché è utile rileggere quanto scritto alcuni giorni fa sull’Huffington Post dall’ambasciatore Giampiero Massolo: “La chiarezza e il forte senso di appartenenza rafforzano l’autorevolezza in campo internazionale. E suscitano rispetto. Ne avremo bisogno quando in gioco sarà, presto, la sovranità tecnologica e economica italiana e europea”. 

“Il grillismo riesce a essere generoso verso la Cina, dimenticando le responsabilità di Pechino come minimo per avere ritardato le informazioni sulla pandemia”, nota oggi sul Corriere della Sera Massimo Franco: “Analisi autoconsolatoria e pericolosa, che allunga un’ombra sul governo e sul premier Giuseppe Conte, incapace o impossibilitato a emancipare il M5S dai suoi pregiudizi, e ad emanciparsene. Questo riduce il peso politico dell’Italia”.

Dopo quanto dichiarato da Conte è intervenuto il deputato Pd Andrea Romano che su Twitter ha annunciato una mozione parlamentare, in commissione Esteri, a sostegno di una indagine internazionale.

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