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Nei giorni scorsi il ministero della Difesa russo ha ricevuto una comunicazione informativa: tre destroyer americani (“USS Porter”, “USS Roosevelt” e “USS Cook”) saranno nel Mare di Barents per esercitazioni congiunte insieme alla fregata britannica “HMS Kent”. La comunicazione arrivata a Mosca è prassi, serve a evitare incidenti; la presenza di quella formazione (composta anche da altre navi di appoggio) è però inusuale. È la prima volta dalla fine degli anni Ottanta che il Pentagono pianifica esercitazioni del genere. Ma d’altronde il coronavirus non ferma gli imperi, anzi: la pandemia porta con sé riassetti e riequilibri geopolitici, su cui le super-potenze muovono le dinamiche di mantenimento e (ri)costruzione delle proprie sfere di influenza.

Nei giorni che verranno non sarà sorprendente se da Mosca partiranno ordini di disturbo. Le unità di superficie a Barents — solitamente bazzicato dalle forze americane in forma sottomarina — sono un messaggio a cui la Russia deve rispondere in qualche modo. Le operazioni anglo-americane servono a dimostrare la libertà di navigazione, ossia a mostrare al Cremlino la bandiera e a comunicare che quel quadrante dall’enorme valore strategico (valore maggiorato dall’incremento delle rotte dal Nord legato al riscaldamento globale) non è soltanto russo.

Nelle scorse settimane, qualcosa di simile s’è verificato a cavallo della Trimarium, l’iniziativa geopolitica-infrastrutturale — completamente supportata dagli Stati Uniti — che ha come obiettivo quello di sottrarre alla Russia le sfere d’influenza dell’Europa di mezzo, fascia geografica orientale del continente composta da Paesi un tempo sotto l’ombrello sovietico. Unità americane hanno lavorato in integrazione con i mezzi militari degli attori locali nel Mediterraneo orientale, nel Mar Nero e nel Baltico. Simultaneamente a queste operazioni congiunte, Mosca ha mosso i comandi regionali per compiere attività di interferenza, disturbo e contro-presenza. Un Su-35 russo ha compiuto operazioni di scrambler aggressivi nei confronti di un pattugliatore americano nelle acque al largo della Siria; davanti alle coste della Lituania la Cook ha ricevuto visite radenti da parte di tre diversi Sukhoi russi (un Su-24, un Su-27 e un Su-30), a loro volta scacciati da un F-16 belga decollato secondo il meccanismo di risposta rapida della Nato; mentre il Porter doppiava il Bosforo, nel Mar Nero il sottomarino russo “Kopino” avviava un’esercitazione rapida simulando un attacco elettronico e missilistico, integrato a missioni di superficie, contro “un ipotetico gruppo di navi invasori”.

Sputnik, il media russo che si occupa anche di diffondere la linea del Cremlino in varie lingue, ha segnalato che adesso la Flotta del Nord sta monitorando le attività delle quattro navi Nato nel Mare di Barents. E come detto, azioni simboliche di disturbo non sono da escludere; anzi, farebbero parte della prassi. La partita tra potenze non si ferma nonostante la crisi sanitaria che sta colpendo gli Stati Uniti e il Regno Unito tanto quanto la Russia. In gioco ci sono equilibri ampi. Le navi fanno parte del “Phased, Adaptive Approach for Missile Defence in Europe”, strategia per proteggere il continente europeo dalle minacce dei missili balistici russi. Nel piano di deterrenza (o contro-deterrenza in risposta alla Russia) sono integrate la basi missilistiche Aegis di Polonia e Romania, due Paesi a loro volta inclusi nel progetto Trimarium.

Progetto che per ragioni differenti integra anche Germania e Turchia, a loro volta chiavi (non facili da gestire) del contenimento russo nel pensiero strategico americano. La prima è interessata alla geo-economia della sfera europea nord-orientale (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria sono legate nella catena del valore tedesco); la seconda con occhio a Balcani e al Caucaso compete con la Russia per le sfere di influenza romene e bulgare affacciate sul Mar Nero. Washington sta cercando di intensificare i rapporti con entrambe, anche perché tutti e due paesi sono esposti non solo (o non tanto) sul fronte russo (ostilità gerarchica ereditata, non del tutto evoluta dopo la vittoria della Guerra Fredda). Ankara e Berlino sono in effetti partner della Cina: nuovo, grande nemico globale contro cui gli Stati Uniti combattano per il ruolo di super potenza di riferimento da prima dell’epidemia, sull’epidemia e nel futuro dopo l’epidemia.

(Foto: www.cf6.navy.mil, la Porter e le altre unità a Barents il 4 maggio)

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