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Perché meravigliarsi o peggio indignarsi nel governo per la fortissima spinta delle Regioni ad anticipare le riaperture, naturalmente in sicurezza, delle tante attività al momento ancora ferme? Perché assumere da parte di alcuni ministri l’atteggiamento di chi ritiene atti di lesa maestà quelli di governatori che deliberano di consentire il riavvio di vari esercizi, oggi ancora in lockdown? E tutto ciò secondo alcuni sarebbe riducibile solo ad uno scontro fra le Regioni governate dal centro destra e il governo centrale guidato invece da una coalizione giallorossa? Ma si rendono conto, si rendono pienamente conto nell’esecutivo che la situazione in quasi tutte le maggiori città italiane rischia ormai il totale collasso economico, per giunta con provvidenze stabilite per migliaia di nuovi beneficiari che in realtà sino ad oggi – e questa è la beffa più atroce – non hanno ancora visto l’arrivo di un solo euro?

E si rendono pienamente conto alcuni ministri, che forse da molto tempo non visitano più il Paese in tutte le sue contrade, che potrebbe essere ormai sul punto di esplodere una miscela di rabbia e disperazione che ha già portato al suicidio alcuni piccoli imprenditori? E le manifestazioni dei commercianti e dei ristoratori a Milano, Venezia e in altri centri non dicono proprio nulla a Palazzo Chigi? E i rapporti dei Prefetti e dei Questori sui possibili rischi per lo stesso ordine pubblico li leggono, oltre alla ministra Lamorgese, anche altri ministri di questo esecutivo?

E che dire poi dell’autentica tragedia tutta italiana dello scontro fra la Conferenza delle Regioni da un lato, e il vertice dell’Inps dall’altro, sui gravi ritardi nelle istruttorie per l’erogazione della cassa integrazione in deroga? Scontro che ieri ha visto il presidente Bonaccini respingere al mittente le affermazioni di Tridico che imputava alle Regioni i ritardi nelle istruttorie per l’ammissione al beneficio. Ieri, secondo i dati apparsi sulla stampa, su 241.079 soggetti ammissibili alla cig in deroga, solo 67.746 l’avrebbero percepita. Ed allora, non si dovrà aprire quanto prima a livello politico una riflessione profonda sulla reale idoneità dell’attuale linea di comando dell’Inps a guidare con efficienza questo Istituto che è fondamentale per la vita di milioni di Italiani? O bisognerà delegare ancora una volta alla magistratura il compito di accertare responsabilità di inefficienze, ritardi, quando non anche di vere e proprie inettitudini di qualcuno o di molti addetti ai lavori?

Comunque, quale che sia la verità in questa sconcertante querelle, sta di fatto che tanti di coloro che lavoravano con dignità e remunerazioni accettabili in bar, ristoranti, negozi, presso coiffeur, centri estetici e in tante altre microattività economiche, oggi per la prima volta nella loro vita si sono rivolti alle Caritas locali per avere di che sfamarsi. Organizzazioni della Caritas che – sia ricordato ancora una volta – stanno svolgendo splendidamente i loro compiti, enormemente accresciuti in queste settimane, con una abnegazione e uno spirito di servizio della Chiesa che dovrebbero essere di esempio a tutti noi, ed anche a molti esponenti politici del nostro Paese,  per i quali sarebbe molto più utile – invece di stare sempre su Facebook – servire anch’essi almeno una volta nelle mense per i poveri, o portare i pacchi alimentari nelle case dei bisognosi.

Allora, si rendono pienamente conto di tutto questo nel governo quei ministri che agli occhi dell’opinione pubblica sembrano solo pasdaran del lockdown che, invece, si dovrà superare quanto prima – certo in sicurezza e con l’adozione di tutte le misure idonee a contenere i contagi, come vanno ripetendo (sino alla noia) tutti coloro che ne parlano – se non si vuole portare alla catastrofe l’intera economia nazionale? Come si risponderebbe infatti ad un incremento esponenziale di nuove povertà nei prossimi mesi? Facendo ulteriore deficit, ammesso che sia ancora possibile con l’ormai pesantissima condizione debitoria del nostro Paese? E non spaventano anche il Comitato tecnico-scientifico le previsioni di crollo del pil della Commissione europea che stimano per il nostro Paese un flessione del 9,5% per il 2020 rispetto all’anno scorso ? E se qualche componente di quel Comitato o alla Protezione civile dissentisse da una linea che potremmo definire intelligentemente e a questo punto inevitabilmente “aperturista”, potremmo ricordargli che esiste sempre l’istituto delle dimissioni per tutelare la coerenza delle proprie valutazioni.

Il Paese allora – se ne convincano tutti, dentro e fuori il governo – deve riaprire ad horas le sue attività economiche, adottando tutte le più dettagliate misure di sicurezza che il Comitato scientifico e la task force di Colao, per quanto di rispettiva competenza, farebbero bene a mettere a punto o a completare immediatamente – anche lavorando di notte, se del caso, come peraltro accade negli ospedali ed anche nelle fabbriche a ciclo continuo con le “comandate” – invece di minacciare nuove severe chiusure e nuovi lockdown che, com’è facilmente intuibile, potrebbero portare ad una disobbedienza civile di massa, con imprevedibili risvolti sul piano della tenuta stessa dell’ordine pubblico.

Riapriamo l'Italia o saranno guai. L'appello di Pirro

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