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Nella obbligata coabitazione con il contagio dei prossimi mesi, le politiche per la crescita e l’occupazione dovranno muovere dalla premessa della coincidenza (non del conflitto) di interessi tra imprese e lavoro. Si tratta evidentemente di una scelta culturale che nella stessa dimensione dei corpi sociali non è di tutti. Coloro che la condividono hanno quindi il dovere di stabilire un canale di comunicazione privilegiato e, pur nel contesto di un dialogo aperto, di rappresentare un punto di riferimento saldo per i decisori istituzionali.

Sostenere le imprese, tutte le imprese, significa offrire strumenti facili senza pretese “educative” affidate ad occhiute (e imponderabili) attività di vigilanza. La riduzione del costo indiretto del lavoro, per avere efficacia nella propensione ad assumere, deve essere strutturale e generalizzata per tutte le tipologie contrattuali e tutti i territori. Come è noto, sarebbe giustificata dallo squilibrio tra molte contribuzioni e le relative prestazioni, dagli infortuni alla malattia agli stessi ammortizzatori (in condizioni di normalità).

La tassazione ridotta degli aumenti salariali dovrà essere altrettanto semplice e strutturale. La progressività si deve fermare, almeno per operai, quadri e impiegati, di fronte alla ragione virtuosa della maggiore erogazione nelle imprese e nelle aggregazioni produttive territoriali. Saranno sussidiariamente le parti a stabilire se e come misurare gli incrementi di produttività o anche solo a constatarli a posteriori procedendo con atti di redistribuzione dei risultati positivi che ne sono venuti. Ma anche straordinari, lavoro notturno e allungamento della settimana lavorativa costituiscono necessità delle imprese e disponibilità dei lavoratori che devono dare luogo a remunerazioni detassate.

La stessa formazione può accedere al finanziamento dei fondi interprofessionali o del nuovo strumento di sostegno se le modalità sono semplici, senza formalismi incoerenti con la natura stessa dell’apprendimento, con verifiche al più rivolte alla sola qualità della periodica certificazione delle conoscenze e abilità acquisite dal lavoratore.

Anche per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, accanto alla dimensione pubblica, può esservi una maggiore disponibilità di determinati ambiti d’impresa a sostenere il reddito del lavoratore nel periodo di attesa della prestazione previdenziale. Ancor più ora, è bene favorire queste scelte con istruttorie rapide e concludenti perché concorrono alla coesione sociale.

Inutile infine ribadire che le regole del lavoro devono essere semplici e certe. Avere voluto estendere alle collaborazioni tutta la regolazione del lavoro subordinato, avere reso complessa e impraticabile la strumentazione per i voucher, avere reso rigida e incerta la disciplina dei contratti a termine ha solo ridotto il numero dei potenziali occupati.

Draghi ha richiamato nei giorni scorsi la affermazione di Keynes secondo il quale in presenza di cambiamenti fattuali occorrono cambiamenti del pensiero e dell’azione. Ciò appare ancor più vero nelle politiche del lavoro.

Sveglia, il lavoro è già cambiato ma... La bussola di Maurizio Sacconi

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