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Si fa presto a dare la colpa alle banche se non arriva la liquidità alle imprese. Ma la verità, come dicevano i latini, sta nel mezzo. Il governo torna ciclicamente a chiedere al sistema bancario un maggiore sforzo nell’erogazione del credito alle aziende. Lo ha fatto anche ieri mattina il premier Giuseppe Conte, a mezzo stampa, e nel pomeriggio, sempre di ieri, con il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, in un’informativa alla commissione Bilancio. Però si rischia di commettere un errore di valutazione, dice a Formiche.net Marcello Messori, economista della Luiss e grande esperto di banche.

“Se si pensa che le banche devono salvare il Paese allora finiremo tutti col salvare le banche”, è la premessa. “Bisogna fare dei chiarimenti. Nel decreto liquidità, ci sono delle smagliature che non facilitano l’erogazione del credito. Per esempio, sotto i 25 mila euro il meccanismo è tutto sommato semplice, per le grandi banche. Un po’ più complesso invece per quelle più piccole. E questa è già una prima considerazione. In linea di principio dunque sotto questa soglia non ci dovrebbero essere problemi. Ma il punto è che c’è poca domanda di prestiti”.

Scarsa domanda di prestiti in tempi di emergenza nazionale? Messori spiega perché. “Si metta nei panni di un imprenditore che deve chiedere un prestito. Ma non sa bene se ci sarà una ripresa e quali saranno le prospettive di domanda interna. Ecco c’è molta incertezza, e questa incertezza frena la domanda di prestiti. Se io sono incerto nel chiedere 25 mila euro posso poi chiedere un prestito più grosso, anche con garanzia pubblica?”.

Secondo l’economista, se arriva poca liquidità al sistema, insomma, non è solo colpa delle banche “ma c’è un concorso di colpa: poca domanda, incertezza, meccanismi contorti, regole imperfette. D’altronde le banche sono costrette dalle regole Ue a fare delle verifiche sul cliente. La speranza del decreto è che una garanzia pubblica avesse potuto semplificare la procedura di merito del credito, ma non sembra essere così. Bisogna trovare un giusto equilibrio, senza dare tutte le colpe da una parte o dall’altra”.

Messori fa un altro esempio. “C’è una smagliatura in particolare nel decreto che riguarda i costi del finanziamento. Perché per come è scritta la norma sui prestiti Sace, se io sommo i tassi applicati dalle banche alle garanzia sul prestito, alla fine il finanziamento concesso con garanzia costa uguale a quello senza garanzia. E allora? Il rischio è che i costi si equivalgano. Se io metto insieme queste sbavature, con l’incertezza delle imprese, scoprirà che la colpa non è solo delle banche”.

Basta alibi, le banche (da sole) non possono salvare il Paese. Parla Messori

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