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Spie o diplomatici, 007 sotto copertura o feluche? A volte la differenza fra una professione e l’altra è ridotta a una sottile, esile linea di demarcazione. L’intelligence e la diplomazia sono due delle più antiche e collaudate professioni al mondo. Oggi più di ieri è difficile distinguere i piani. Lo ha spiegato bene Andrea de Guttry, docente presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa dove tiene il corso “Introduzione al sistema di intelligence italiano”, in una video-conferenza presso il Master in Intelligence dell’Università della Calabria diretto da Mario Caligiuri.

In tempo di pace l’attività di spionaggio è a tratti sovrapposta a quella diplomatica, ha spiegato il docente. La Convenzione di Vienna del 1961 regola le relazioni diplomatiche a livello internazionale, raggruppando tutte le convenzioni e le norme del diritto internazionale che disciplinano i rapporti fra Stati e i diritti, e le prerogative di cui godono gli Ambasciatori e gli altri funzionari diplomatici. “Esistono – ha ricordato de Guttry – altre regole da rispettare: infatti ogni Stato ha sovranità completa ed esclusiva sul suo territorio che include la terraferma, le acque territoriali e contigue alla terraferma e lo spazio aereo sovrastante. Inoltre, oltre le acque territoriali possono essere posti strumenti fissi di ascolto ma non possono essere utilizzati se interferiscono con le funzioni esclusive dello Stato”.

Il docente ha spiegato alcuni aspetti relativi all’attività di spionaggio e controspionaggio alla luce del diritto internazionale, cominciando dalla definizione di spionaggio internazionale, proseguendo con le differenze nel diritto internazionale tra spionaggio in tempo di pace e in tempo di guerra e approfondendo i limiti delle attività di spionaggio e le relative connivenze.

“Nel diritto internazionale – ha affermato de Guttry –non c’è una definizione chiara di spionaggio ma si può intendere come la sottrazione in modo illecito di informazioni che possono riguardare interessi militari, economici e la sicurezza di una Nazione. Le spie sono alle dipendenze di uno Stato ma non hanno uno status internazionale, a differenza dei diplomatici. Tra spionaggio e intelligence ci sono delle differenze poiché il concetto di intelligence è più ampio del concetto di spionaggio e, a differenza di quest’ultimo, valuta, integra e raccoglie informazioni”.

De Guttry ha proseguito la lezione parlando dello spionaggio in tempo di guerra, asserendo che è disciplinato un po’ meglio rispetto a quello in tempo di pace. “Quando un operatore è colto in flagrante – ha affermato il docente – può essere arrestato e, in alcuni casi, può essere anche ucciso, perché chi compie spionaggio non gode dello status di prigioniero di guerra. Inoltre, c’è un aspetto molto particolare: chi compie azioni di spionaggio non può essere condannato in futuro per lo spionaggio che ha compiuto”.

Il diritto internazionale, ha precisato il docente, pone dei limiti all’attività diplomatica. Fra questi, in particolare, quello per cui lo Stato non può interferire sui meccanismi di trasmissione delle comunicazioni tra le ambasciate di uno Stato e i rispettivi Paesi in base al divieto di interferenza. Spesso però questo divieto è stato violato. De Guttry ha ricordato il caso Snowden, che ha svelato che gli Stati Uniti spiavano, tra gli altri, anche la cancelliera tedesca Angela Merkel, e la maxi-operazione di spionaggio Rubicon ad opera di tedeschi ed americani nei confronti di gran parte dei loro partner e avversari globali.

Un caso a sé è costituito dal cosiddetto “spionaggio da remoto”, ha concluso il docente. Lo Stato che si scopra vittima di questa attività e ne individui il mandante, può richiedergli di interromperla immediatamente, intimargli di non ripetera e un risarcimento di eventuali danni subiti. Lo Stato nel mirino dello spionaggio può inoltre adottare contromisure, ha spiegato de Guttry, o vere e proprie rappresaglie, se nessuna delle richieste viene soddisfatta dallo Stato reo di spionaggio.

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