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È vero. Carlo Bonomi ha interrotto la lunga prassi “politicista” dei suoi predecessori riprendendo la migliore tradizione dei sindacalisti d’impresa come Merloni, Lucchini, D’Amato.

La novità dovrebbe essere apprezzata non solo dalle imprese ma anche dalle altre organizzazioni di tutela e rappresentanza e dalle istituzioni. La sua autonomia dalle dinamiche dei partiti è fuori discussione mentre chi governa ha bisogno di sensori autentici sullo stato dell’economia nei diversi territori e nelle variegate tipologie produttive di beni come di servizi. La dimensione della crisi è così pervasiva e profonda che richiede misure davvero discontinue e fortemente innovative. Così come le relazioni industriali dovrebbero adattarsi alle diverse circostanze di impresa e di territorio senza antistoriche omologazioni.

Ogni approccio tradizionale o, peggio, meramente attento ai profili della immediata comunicazione aggiungerebbe solo sfiducia e disorientamento. Bonomi ha voluto sottolineare che, prima ancora delle buone allocazioni delle risorse, occorrono un clima di favore per l’impresa e quindi semplificazioni autentiche perché sottratte alla cultura del sospetto. La sua critica è forte perché esprime sentimenti diffusi tra coloro che disperatamente cercano di conservare produzioni e occupazione.

Con lui si sono espressi molti altri imprenditori, soprattutto di quelle aree più vitali che più sono state colpite dalla pandemia. Bisogna purtroppo constatare che le reazioni istituzionali e di una parte del sindacato sono state spesso insofferenti, stizzite, polemiche.

Confermando la tesi di Bonomi per cui vivremmo una stagione in cui la crisi indotta dal contagio si mescola con la presenza di diffusi pregiudizi verso l’impresa nelle culture politiche. Le stesse minacce ripetute a Bonometti, il presidente degli imprenditori lombardi, meritano attenzione perché si inseriscono in questo contesto e si producono nell’unico Paese che ha avuto una lunghissima fase di terrorismo ideologizzato con caratteristiche carsiche.

Come se in esso, dalla guerra civile, sia rimasto un solco nel quale possono alimentarsi i germi della violenza manifestandosi periodicamente in coincidenza con le tensioni sociali. Presto, con la inevitabile conclusione degli strumenti straordinari, avvertiremo il peso della crisi sulla occupazione. E sarà solo attraverso il dialogo con le imprese che potremo affinare le azioni utili a crescere e a fare lavoro.

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