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Nelle settimane e mesi scorsi, Francia e Germania hanno rilanciato i loro piani per promuovere l’industria delle auto elettriche, uno dei settori cardine per la svolta ambientale e tra i più competitivi a livello mondiale. Circa un mese fa la Germania esultava per l’accordo raggiunto tra Schaeffler Technologies AG (azienda tedesca leader nella produzione di neomagneti) e l’azienda mineraria australiana Hastings Technology Metals, come raccontato da Formiche.net.

All’inizio di maggio, il ministro delle finanze francese Bruno Le Maire e il suo omologo tedesc, Peter Altmaier hanno raggiunto un ulteriore accordo per la costruzione di due impianti, dal valore di 6-7 miliardi di euro, per la produzione di batterie elettriche nei prossimi quattro anni. 

“Questo accordo è di importanza strategica per l’Europa”, ha commentato Le Maire a margine dell’incontro con Altmaier e il commissario europeo all’Energia Maroš Šefčovič, la cui approvazione era necessaria per l’erogazione di sussidi pubblici richiesti dalle controparti per il finanziamento del progetto. L’obiettivo è quello di rimanere competitivi rispetto a Stati Uniti e Cina. “La sfida per l’Europa”, ha aggiunto il ministro tedesco, “è di continuare a costruire le auto più all’avanguardia del mondo”, ma non solo “per soddisfare la domanda dell’industria europea” ma soprattutto per esportare il marchio delle “batterie made in Europe”. 

L’iniziativa ben si inquadra nella cornice dell’European battery alliance (Eba) lanciata nell’ottobre del 2017 dal vicepresidente Šefčovič. “Le batterie sono al cuore della rivoluzione industriale e sono convinto che l’Europa abbia tutte le carte in regole per diventare leader nell’innovazione, digitalizzazione e decarbonizzazione”. Tra gli obiettivi della ‘nuova politica industriale europea’, infatti, vi è quello di azzerare entro il 2050 le emissioni di anidride carbonica. Secondo alcune stime, l’Europa potrebbe acquisire un mercato delle batterie da 250 miliardi l’anno a partire dal 2025. Inoltre, soddisfare la sola domanda interna del mercato unico richiederebbe dalle dieci alle venti gigafactory (impianti di produzione di celle a batteria su larga scala). 

Secondo le previsioni dell’International Energy Agency, la vendita di auto elettriche crescerà entro il 2030 con 23 milioni di vetture. Come riportato inoltre da Reuters l’agenzia negli scorsi giorni ha richiesto alla Commissione europea di sfruttare il crollo dei prezzi del greggio per rivedere gli incentivi fiscali a favore di energia pulita e così rispettare gli obiettivi di riduzione delle emissioni nonostante la crisi economica. Tra le proposte, il rinnovamento energetico degli immobili e l’introduzione di agevolazioni per investimenti nelle batterie elettriche e nelle auto ad idrogeno. 

Segnale incoraggiante in questa direzione lo riporta Bloomberg. La crisi sanitaria ed economica ha indotto un crescente numero di Paesi (Francia, Germania e Regno Unito) a investire nel settore, recuperando nel giro di poco tempo il calo di vendite nel settore dell’auto elettrica per via della pandemia e guardando con fiducia al futuro, con un calo del 43% del costo delle batterie elettriche: nei prossimi vent’anni saranno necessari 12 milioni di punti di ricarica con un costo d’investimento a livello globale di 111 miliardi di euro. Anche i principali player mondiali come Volvo, Volkswagen, General Motors, e il mercato cinese registrano segnali di ripresa e prospettano significativi passi avanti nel medio-lungo termine, come riporta Julia Pyper in un’analisi per Atlantic Council. 

Le batterie elettriche sono dunque cruciali per la transizione energetica e per la competitività globale. A confermarlo anche uno studio della United Nations Conference on Trade and Development (Unctd), secondo cui gli sforzi per ridurre le emissioni accelereranno gli investimenti nella produzione di energia pulita. “Le fonti rinnovabili come le batterie elettriche diventeranno sempre più importanti visto che cresce la diffidenza degli investitori sul futuro dell’industria petrolifera”, ha dichiarato Pamela Coke-Hamilton, direttore per l’Unctd del commercio internazionale. L’Unctd ha calcolato che il mercato mondiale delle batterie agli ioni di litio catodici, da 7 miliardi nel 2018, raggiungerà i 58 miliardi di dollari entro il 2024. Ecco perché diventeranno attori chiave i Paesi fornitori di materie prime. 

Secondo le stime dell’ultimo rapporto della Banca mondiale, la produzione di minerali come la grafite, il litio e il cobalto potrà crescere del 500% entro il 2050 per soddisfare l’esponenziale richiesta di tecnologie verdi. Litio e cobalto, seppur a differenza di altri minerali siano utilizzati in un numero ristretto di componenti tecnologiche, sono essenziali per la produzione di batterie elettriche e figurano tra i minerali più critici. 

Le riserve di questi minerali sono concentrate in pochi Paesi. Quasi il 50% delle riserve di cobalto si trovano nella Repubblica Democratica del Congo, il 58% di litio in Cile mentre l’80% delle riserve di grafite sono in Cina, Brasile e Turchia. Questa concentrazione di risorse aumenta l’insicurezza sulla tenuta e la stabilità delle supply chain per l’approvvigionamento, seppur come rileva il rapporto la maggior parte del valore aggiunto nell’utilizzo di questi minerali per la produzione di batterie sia creato al di fuori di essi. Infatti, i processi di raffinazione e di lavorazione sono effettuati principalmente in Belgio, Finlandia, Norvegia e Zambia mentre la produzione di elettrodi per le batterie è dominata da aziende asiatiche. La Cina è in testa, con il 39% del mercato seguita da Giappone e Corea (19% e 7%). 

Proprio in quest’ottica, ridurre la dipendenza dai competitor è un altro importante obiettivo strategico per l’Unione europea. Come riporta Business News, l’annuncio da parte dell’azienda australiana Infinity Lithium Corporation rappresenta un grande passo in questa direzione. Giovedì scorso l’Unione europea tramite il progetto pilota EIT InnoEnergy (European Institute of Innovation & Technology), volto a supportare l’Eba, ha infatti garantito all’azienda un finanziamento di 1,35 milioni di euro per avviare la fase uno di un impianto di estrazione nella località di San Jose, nell’Extremadura spagnola a circa 300 km da Madrid, che conterebbe circa 37 milioni di tonnellate di riserve di litio. “Il nostro obiettivo”, ha commentato Thore Sekkenes, direttore dell’Eba, “è di fare di questo progetto un successo e guidare Infinity Lithium a supportare l’industria europea dell’automotive e delle batterie assicurando una supply chain di litio etica e sostenibile che possa essere prodotta localmente”. Attualmente più del 55% dei prodotti chimici al litio e oltre l’80% di idrossido di litio sono prodotti in Cina, secondo il direttore europeo di Infinity, Vincent Ledoux Pedailles. 

La posta in palio è alta, non solo dal punto di vista commerciale. L’Unione europea dovrà sgomitare anche sul piano giuridico e delle licenze. A confermare questi timori la lettera riportata da Reuters della settimana scorsa di Thierry Breton, commissario europeo per il Mercato interno. Breton ha infatti richiesto ai governi europei di essere più propositivi e attivi nel dettare gli standard globali per le batterie al litio, pena la cessione del vantaggio tecnologico alla Cina. “È nel nostro interesse garantire alle aziende europee un vantaggio competitivo assicurandoci che gli standard internazionali siano in linea con i nostri”, ha commentato. 

Sarà cruciale infatti garantire che gli standard per l’estrazione, l’analisi e la lavorazione del litio per la produzione delle batterie elettriche non sia monopolizzata da Pechino, che si è da poco proposto per presiedere un comitato volto a promuovere gli standard previa autorizzazione dell’International Organization for Standardisation (Iso). La transizione energetica è già qui, con equilibri geopolitici che entrano sempre di più in gioco.

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