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Per l’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità, gli effetti (e i contagi) del coronavirus visti fino ad oggi sono solo la punta dell’iceberg. Però gli analisti di mezzo mondo fanno da giorni calcoli su calcoli per capire quali sono i pezzi di economia più a rischio. Tra di essi, Stefano Manzocchi, dall’autunno scorso a capo del Centro Studi di Confindustria al posto di Andrea Montanino. Per il quale, spiega a Formiche.net, l’epidemia partita dalla Cina peserà e non poco sulla produttività italiana nei primi due mesi dell’anno.

CHI PERDE CON IL CORONAVIRUS

“Il coronavirus è uno shock esogeno che non era prevedibile un mese fa e che è ancora difficile da quantificare”, premette Manzocchi. “Alcune considerazioni, però, sono necessarie. La Cina è uno dei principali hub globali di componenti indispensabili per la produzione di numerosi prodotti finiti. Si trova infatti a monte delle catene globali del valore. Inoltre è il primo Paese esportatore e il secondo importatore mondiale. Se prolungato, il blocco degli impianti avrà un forte impatto, innanzitutto sul settore automotive (già colpito in Europa da una normativa più stringente)”. Ma non solo. L’epidemia “accrescerà l’incertezza e ciò contribuirà ad accentuare gli effetti negativi della mancata produzione attraverso un rallentamento della domanda che frenerà il commercio internazionale, già intaccato nei mesi scorsi dalla politica commerciale Usa (che era comunque in via di distensione)”.

CONTO CINESE PER L’ITALIA

E l’Italia? Anche qui Manzocchi fa una previsione. “L’impatto del coronavirus sarà probabilmente limitato nel primo trimestre, ma potrà essere forte dal secondo.
Anche l’Italia ne risentirà, tramite sia il canale diretto (i legami commerciali e produttivi con la Cina) sia indiretto, a causa del rallentamento che colpirà i Paesi ai quali la nostra economia è strettamente connessa (come la Germania è il Paese che ha i legami più forti con la Cina soprattutto nel settore automotive). Inoltre sono già evidenti alcuni effetti sulla domanda di servizi in Italia, a causa della diminuzione dei flussi turistici e anche della minore mobilità interna (ristoranti, cinema, luoghi di aggregazione, alberghi)”.

TROPPA DIPENDENZA DALLA CINA

Sulla questione Antonio Zennaro, deputato grillino e membro del Copasir spiega a Formiche.net: “La Cina costituisce circa il 17% del Pil mondiale ma alla prova dei fatti, nonostante un altissimo livello tecnologico produttivo si è trovata in emergenza sanitaria nazionale con infrastrutture sociali a livello di terzo mondo. Senza ospedali degni dei standard occidentale, disponibilità di medici e di ogni tipo di terapia anche nella gestione antibiotica. Ora gli effetti dell’isolamento sanitario cinese a causa del coronavirus rischiano di essere la miccia scatenante di una nuova recessione mondiale”.

Secondo Zennaro, “l’allarme lanciato da Fca e da Toyota sulle difficoltà di approvvigionamento di materiali dalla Cina è emblematico. Anche in Occidente e in Europa è il momento di ripensare all’attuale modello di globalizzazione che ha creato una dipendenza produttiva nei fatti dal continente asiatico e principalmente dalla Cina. Lo sviluppo del mercato interno dovrà essere affrontato dai leader europei anche in considerazione dell’uscita del Regno Unito dell’Europa. Anche il Copasir con le sue recenti attività di controllo non sta ignorando gli effetti di questa interdipendenza ad esempio nel settore tecnologico, il ciclo di audizioni previsto per le prossime settimane con il mondo economico servirà ad alimentare un dibattito politico sull’interesse nazionale che è solo agli inizi”.

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