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Un governo mai, o quasi, all’altezza, un po’ come la sua manovra. E quel progetto di una Banca per il Mezzogiorno imperniato sulla Popolare di Bari appena salvata che non è quello che serve davvero. Antonio Marzano, economista, padre dell’omonima legge sui fallimenti industriali, ministro (2001-2005) nel governo Berlusconi II e per anni alla guida del Cnel, va dritto al cuore della questione quando gli si chiede un parere sugli sforzi dell’esecutivo giallorosso per contrastare il declino del Sud, rispolverando una versione 4.0 della vecchia Cassa del Mezzogiorno.

Marzano, prendiamola larga. Il 2019 ci sta per salutare. E il 2020?

Speriamo che vada meglio, anche se ho dubbi. Vede, faccio notare come questa crisi in cui siamo impantanati sia peggiore rispetto a quella del 1929, che alla fine durò quattro anni. Noi siamo in fase di ristagno dal 2008, sono undici anni e passa. E di fronte a questo cosa fa il governo del Paese? Niente.

Niente niente?

Minuzie, una manovra fatta di minuzie. Per i bebè, per le mamme, per i giardinetti, per le facciate delle case. Pura e semplice gestione dell’ordinario.

Forse c’erano anche pochi soldi da spendere. O no?

Questo è solo vero in parte. I soldi ci sarebbero anche e lo sa da dove si prendono? Dal taglio della spesa pubblica. La quale, unita allo sviluppo che genera ricchezza e Pil, dà al Paese i soldi che pensa di non avere.

Marzano l’anno si sta chiudendo con l’ennesima crisi bancaria. La Popolare di Bari. 

Sì, ho letto che vogliono farne una banca per lo sviluppo del Sud. Incredibile, solo a pensarlo. Dopo il salvataggio di Carige, ricorrendo al Fondo interbancario che però sembra ormai aver finito le munizioni, ora si ricapitalizza il Mediocredito centrale con soldi pubblici e si interviene su Bari, pensando di fare una banca per il Sud. Queste sono operazioni di salvataggio, nulla più. Questa operazione è lo specchio di un governo che ragiona solo nel corto respiro.

L’Italia viene da una stagione di crisi bancarie importanti, riconducibili al modello popolare, come Etruria e le popolari venete. Il crack di Bari è la fine di questo modello?

Non direi, distinguerei da caso a caso. Di sicuro c’è da dire che la banca centrale, dunque la vigilanza, non ha saputo prevenire al meglio queste situazioni. Direi che, con tutto il rispetto per l’istituzione, l’intervento sia stato un po’ tardivo.

Ma al Mezzogiorno una banca serve oppure no?

Macché. Il vero problema del Sud sa quale è? Che manca una seria politica di sviluppo, una strategia di sistema. Fare la banca del Sud non vuol dire rilanciare il Sud. Servono alcune cose precise per rilanciare la nostra economia e dunque quella del Mezzogiorno.

Prego.

Tanto per cominciare, bisogna rivedere il trattato di Maastricht e questo vuol dire porre gli investimenti pubblici al di fuori di questi parametri, fuori dal deficit insomma. Ancora, occorre una garanzia che certifichi la serietà degli investimenti. E poi c’è il problema della burocrazia che impedisce lo sviluppo del Paese. Infine la pressione fiscale, che è tra le più alte al mondo.

Abbiamo il terzo debito mondiale. Possiamo permetterci davvero di tagliare le tasse?

Per ridurre le tasse si taglia la spesa pubblica. Ci sono state commissioni che si sono occupate di questo, ma le loro proposte sono state ignorate. Mi sono dimenticato un altro punto. La ricerca, l’Italia non è un Paese che fa ricerca. E questo significa un’altra cosa. Che non si fa formazione dei giovani. Altro che banca del Sud, quello che serve a questo Paese glielo sto dicendo.

Marzano lei che chances di vita dà a questo governo?

Le chances di vita sono molto brevi. Però questo governo tira a campare. Più che di previsioni parliamo di augurabilità. E allora mi auguro che prima cambia e meglio è.

Il Sud e Pop-Bari, il segreto è rivedere Maastricht. Parola di Marzano

Un governo mai, o quasi, all'altezza, un po' come la sua manovra. E quel progetto di una Banca per il Mezzogiorno imperniato sulla Popolare di Bari appena salvata che non è quello che serve davvero. Antonio Marzano, economista, padre dell'omonima legge sui fallimenti industriali, ministro (2001-2005) nel governo Berlusconi II e per anni alla guida del Cnel, va dritto al…

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