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Nella serata di giovedì il presidente dalla Camera dei Rappresentati libica, Aguila Salehha fatto sapere pubblicamente che la sua roadmap politica, annunciata la scorsa settimana, era stata pianificata con la Russia. Saleh, massimo rappresentate dell’assise legislativa con sede a Tobruk e riconosciuta dall’Onu, è un politico navigato nato ad al Qubbah (in Cirenaica), con un tessuto di relazioni regionali molto forte, ottimi rapporti con l’intelligence saudita e con l’Egitto.  Per anni è stato il background potabile del signore della guerra dell’Est, Khalifa Haftar, ma attualmente tra i due c’è un solco.

L’iniziativa lanciata il 23 aprile, spiega Saleh ad Agenzia Nova, “mira a far uscire il Paese dalla crisi con un danno minimo”, e poi aggiunge che “non c’è contraddizione” tra la sua idea e “la decisione del generale Haftar di abbandonare l’accordo di Skhirat e far uscire il paese dall’impasse politica”.

“Però una spaccatura che riguarda il cuore del potere haftariano, sembra esserci: mentre il generale cerca con un colpo di Stato di diventare il nuovo raìs, esistono diverse figure, per primo Saleh, che hanno sentito il bisogno di ravvivare il percorso politico. E le due situazioni, al di là delle dichiarazioni pubbliche, sembrano chiaramente connesse”, spiega a Formiche.net Daniele Ruvinetti, esperto e informato conoscitore della situazione in Libia. Quando Ruvinetti parla di colpo di stato si riferisce al tentativo di Haftar di intestarsi il paese, con un golpe televisivo lanciato lunedì cercando il tutto per tutto.

“Il problema è ormai evidente: Haftar propone un modello che i libici non vogliono. La Libia non è l’Egitto – continua Ruvinetti – nessuno vuole un regime militarista (il problema del controllo illiberale del territorio era stato messo in evidenza su queste colonne anche da Federica Saini Fasanotti della Brookings Institution. Ndr)”. E poi “la sua campagna militare su Tripoli ha creato morti e ulteriori disequilibri nel Paese, facendo perdere tempo per la ricostruzione della Libia (un’azione tra “il ridicolo e il tragico”, ha commentato Pierferdinando Casini su Formiche.net. Ndr)”. In Cirenaica, aggiunge Ruvinetti, “ha perso il controllo della collettività: ormai non è più visto nemmeno come l’uomo forte, le famiglie piangono i loro figli morti durante quei combattimenti che, lanciati il 4 aprile 2019, Haftar prometteva dovessero durare solo poche settimane. E invece siamo a oltre un anno: un anno di vittime, molte civili”.

Lo scorso anno di questi tempi, Haftar dichiarava di voler entrare a Tripoli e a Misurata accolto tra gli applausi: parlava di una missione di liberazione, ma quello che si evince – adesso come allora – è che Haftar non potrà mai prendere Tripoli e tantomeno Misurata. “È un problema evidente: lui ha sempre avuto pochi uomini, per questo ha dovuto inviare al fronte dei ragazzini inesperti a cui prometteva gli onori militari con una missione rapida. Mano a mano, vista l’inconsistenza della sue forze, aiutato anche dagli attori esterni che lo sostegno (su tutti gli Emirati Arabi) ha rinfoltito le sua unità con mercenari sudanesi e ciadani, e il qualche reparto più qualificato della Wagner (una società di contractor militari russa, molto vicina al Cremlino, che ha inviato i suoi uomini come consiglieri dietro ad Haftar, Ndr).

Il fatto però è che adesso si vede la differenza. Dal lato della Tripolitania combattono i libici, motivati a respingere quello che vedono come un dittatore, una ripetizione della storia. Dall’altro mercenari tutt’altro che motivati, con sullo sfondo una popolazione dell’est che non vuole più combattere per Haftar”.

Il quadro è chiaro: forse anche a questa crisi si lega l’idea del golpe? “Esattamente. Debole nel sostegno popolare, persa la spinta politica garantita da Saleh e dal governo fantasma di Beyda (un esecutivo parallelo e non riconosciuto ufficialmente che guida alcune decisioni in Cirenaica, ndr), senza soprattutto lo sprint militare, ha provato la mossa a sorpresa. Ma sembra più che altro una dimostrazione di debolezza. E anche il fatto che sia stato lui a proporre il cessate il fuoco due giorni fa, per rispettare il Ramadan, è un indice di difficoltà.”

Tregua che Haftar ha già detto che non sarà definitiva perché lui vuole continuare l’operazione militare. “Ah certamente! Haftar dimostra che la sua intenzione è sempre stata quella di conquistare la Libia con le armi. E poi – prosegue Ruvinetti – fermo restante che bisognerà vedere se la rispetterà, perché di solito non rispetta ciò che promette. È stata certamente una proposta furba, lui sa che Tripoli, un esecutivo riconosciuto, non può tirarsi indietro davanti a certe offerte, sebbene in questo momento il Governo di accordo nazionale di Fayez Serraj sembra aver interesse a procedere con la contro-offensiva”.

Com’è in effetti la situazione sul campo? “La Libia ci ha abituato a cambiamenti veloci: soltanto quattro mesi, Haftar sembrava sul punto di conquistare con le armi il paese, ma nel giro dell’ultima decina di giorni la situazione si è completamente rovesciata. Il Gna ha spinto sulle postazioni conquistate da Haftar a ovest di Tripoli e ha ripreso tutta quella fascia costiera. Poi ha contrattaccato verso Tarhouna, una città molto importante perché ultimo appoggio logistico per l’offensiva. Ora Tarhouna è praticamente persa per lui, i suoi uomini sono circondati così come ad al Watiya, una grande base che Haftar sfrutta come punto di slancio della campagna tripolina. E anche a sud della capitale ha perso terreno. Sono sotto assedio, con i rifornimento costantemente bombardati”.

Che cosa è cambiato? “C’è quella serie di concause di cui abbiamo parlato, c’è come detto la poca consistenza dei suoi uomini, e poi credo che inizino a farsi sentire gli effetti della presenza turca sul lato del Gna. Haftar ha perso la superiorità aerea, garantita finora dai droni di fabbricazione cinese che gli Emirati Arabi gli avevano messo a disposizione. La Turchia, dopo un accordo di cooperazione militare stretto tra Recep Tayyp Erdogan e Serraj, ha inviato in Libia jammer e sistemi anti-aerei, droni molto efficienti, advisor dei reparti speciali e guerriglieri turcomanni addestrati in Siria”.

Recentemente ci sono state anche segnalazioni a proposito di F-16 inviati dalla Turchia per colpire in Libia, ma Ankara non ha fatto dichiarazioni ufficiali. D’altronde i cieli libici sono molto trafficati in questo momento. Nei giorni scorsi il governo di Tripoli ha chiesto spiegazioni alla Francia del perché tre cacciabombardieri Rafale e un’aereo-cisterna fossero sopra le zone di combattimento a est della capitale – val la pena ricordare che le relazioni tra Parigi e il Gna sono da tempo molto delicate, dato che i francesi hanno fornito appoggio clandestino ad Haftar negli anni scorsi e tenuto sul dossier libico un atteggiamento ambiguo.

Passando al tema più politico sul futuro del Paese, sembra a questo punto evidente che ci sia una quadro molto ampio, che va da quei problemi di tenuta nel suo ipotetico heartland fino alla quasi rottura del fronte dell’offensiva.

E dunque? “Mosca e Cairo hanno avuto reazioni molto negative sulla decisione di tentare il golpe da parte del capo miliziano della Cirenaica. E questo è già di per sé un segnale. Ecco perché credo che il ri-bilanciamento delle forze in campo potrebbe portare a dei cambiamenti importante verso un compromesso.

“Si sta entrando in una fase in cui la Comunità internazionale ha spazi per recuperare il terreno perso con la Conferenza di Berlino. La situazione – aggiunge l’esperto – s’è aggravata con l’emergenza del coronavirus e dopo le dimissioni del delegato Onu. Ora però questi possono essere anche giustificativi per aprire un dialogo tra le parti basato sulla necessità”. Secondo Ruvinetti “il futuro della Libia a questo punto dovrà passare per un accordo tra tribù, che comprende chiaramente anche una stabilizzazione tra gli attori esterni”.

Tutt’altro che facile. “Vero, ma oggi chi può dare riconoscenza a un generale che vuole fare un colpo di stato mentre c’è un processo politico in corso, mentre il suo paese è martoriato da un’epidemia e mentre le nuove generazioni muoiono per una conflitto che i libici non vogliono?”.

Libia, perché ora Russia ed Egitto mollano Haftar. L’analisi di Ruvinetti

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