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Da sempre è uno dei tabù fiscali d’Italia. Il costo del lavoro, il cuneo fiscale, su cui il governo giallorosso ha iniziato una prima opera di demolizione. La scorsa notte il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto per il taglio del cuneo, previsto nella manovra di fine anno. Un’operazione attesa soprattutto da imprese e lavoratori. Le prime desiderose di alleggerire il carico fiscale sulle buste paga e pagare meno il lavoro, i secondi di vedersi aumentare il potere di acquisto. L’operazione partirà ufficialmente dal prossimo luglio e vale poco meno di 3 miliardi quest’anno (5 nel 2021). Nei calcoli del governo ci sono 600 euro in più in busta paga nel 2020 per i lavoratori dipendenti con un reddito annuo lordo fino a 26.600 euro mentre per i lavoratori che hanno redditi tra 26 mila e 35 mila euro, il bonus scende gradualmente fino ad arrivare ad 80 euro al mese (il vecchio bonus Renzi). Una riduzione delle imposte che riguarda una platea di quasi 16 milioni di lavoratori. Basterà questa prima mossa a rimettere in moto il Paese? E come rendere tale misura strutturale? Formiche.net ha raggiunto il viceministro dell’Economia in quota M5S, Laura Castelli.

UNA RIFORMA STRUTTURALE

Il primo obiettivo del governo è rendere strutturale il taglio del cuneo, affinché non si tratti esclusivamente di una misura spot. Di qui la necessità di incastonare la sforbiciata in un più ampio disegno di riforma fiscale. “Si tratta di una misura temporanea che si incastrerà dal 1 gennaio del prossimo anno alla nuova riforma dell’Irpef”, spiega Castelli, “alla quale stiamo già lavorando, e che ovviamente conterrà anche gli effetti di questa riduzione del cuneo. In queste settimane, ed in previsione della Legge delega (fiscale, ndr) che presenteremo entro aprile, con i tecnici del ministero stiamo verificando diverse ipotesi e studiando le simulazioni. Una cosa è certa, avremo un sistema fiscale molto più semplice ed i risparmi per i cittadini saranno tangibili”.

IL CANTIERE IRPEF

La rotta dunque è tracciata. Prima il cuneo e dopo l’Irpef. Il Movimento d’altronde non ha mai nascosto la sua volontà di agganciare l’intervento sul costo del lavoro a una riforma organica dell’imposta sulle persone fisiche a cui “stiamo già lavorando”, sottolinea la numero due del Mef. Ed abbiamo fissato alcuni punti fermi insieme ai sindacati. La riforma dovrà contenere una riduzione del cuneo per i pensionati, esclusi dal bonus, una misura ad hoc per gli incapienti, forse attraverso un assegno, sicuramente la semplificazione delle detrazioni, una riduzioni della percentuale dell’Irpef e soprattutto degli scaglioni. Attraverso tutto questo, una vera rivoluzione,  arriveremo ad una riduzione strutturale della pressione fiscale, con un grande impatto sul ceto medio, che fino ad oggi è quello maggiormente penalizzato”. Non è tutto. “Ovviamente interverremo anche a beneficio di quei contribuenti che non sono lavoratori dipendenti, mi riferisco in particolare ai liberi professionisti, che hanno una componente di Irpef”.

MENO FISCO UGUALE PIÙ

Certamente il taglio del cuneo è un primo passo. Ma non bisognerebbe mai e poi mai dimenticare che questo Paese ha problemi seri di Pil: semplicemente da anni non cresce come dovrebbe. Al Mef lo sanno, convinti che per far ripartire il motore serva altro, oltre agli interventi di chirurgia fiscale. “L’aumento della propensione al consumo è un elemento che aumenta la crescita”, chiarisce Castelli, “ma noi puntiamo soprattutto sulla spinta dei moltiplicatori degli investimenti. Abbiamo messo 33 miliardi fino al 2032 sugli enti territoriali per favorire la programmazione. Programmare in modo strutturale gli investimenti comporta il reale utilizzo delle risorse stanziate, una risposta concreta alle esigenze dei cittadini, ed una spinta concreta all’economia reale, anche e soprattutto a livello territoriale. Una cosa che non si faceva da molti anni”.

Dopo il cuneo, l'Irpef. Il cantiere fisco spiegato da Castelli (M5S)

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