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L’idea di un Piano Marshall globale per uscire dalla prevedibile violenta crisi economica del dopo-virus è senz’altro da sposare.

Da semplice italiano, nell’attesa che la comunità internazionale e l’Ue decidano cosa vogliono fare, e soprattutto cosa vogliono essere, penso che occorra lavorare, da subito, ad un’Agenda nazionale per il dopo covid-19, costruendola a partire da alcuni punti fermi, che provo di seguito a riassumere, da affrontare con risolutezza e, allo stesso tempo, con costante consapevolezza del fortissimo momento di difficoltà (quello odierno, ma anche quello che verrà) di famiglie e imprese:

1. Fisco: Azione forte di contrasto all’evasione fiscale (che come noto quota circa 100mld di euro l’anno), per drenare risorse da destinare, prioritariamente, a famiglie a basso reddito (le più colpite, economicamente, durante e dopo l’emergenza), autoimprenditorialità e ricerca scientifica, nonché alla riduzione, di carattere premiale, della pressione fiscale per le Pmi dalla “storia fiscale” senza macchia; revisione delle Tax expenditures, passando dalla odierna logica particellare (per categorie di beneficiari, piuttosto che per scopi) a quella di sistema (focalizzata su obiettivi di politica generale), e sdoganando definitivamente, in questo contesto, quelle su cui finora si sono visti essenzialmente timidi approcci (penso alle misure di fiscalità ambientalmente orientata, in senso ampio).

2. Sistema amministrativo e burocrazia: Più digitale, più videoconferenze, più smart working, e soprattutto rafforzamento della dirigenza pubblica (statale e locale), cui affidare decisioni da prendere in ecosistemi operativi del tutto nuovi, fatti di fiducia nella loro reale capacità di problem solving, di valutazione severa, rigorosa, “terza” e pubblica sui risultati effettivi ottenuti, da ciascuno, ogni anno, di sviluppo di sistemi capaci di misurare se con le dotazioni ad essi in concreto affidate gli obiettivi loro assegnati potevano davvero essere conseguiti, di obbligatoria esperienza di almeno tre anni nel Cda delle società di Stato (nel minimo, quelle di secondo livello), e, infine, di forte azione educational per implementare, prima, e radicare, poi, l’idea che “veloce”, “presto” e ” subito” sono tre parole diverse, e, tutte, molto gravide di implicazioni se riferite all’azione amministrativa.

3. Turismo: Riattivare il livello, da sempre molto alto, dei flussi verso il nostro Paese, attraverso una cabina di regia unica (Ministero ad hoc, senz’altro con portafoglio, più Enit, e in parte anche Ice), unitamente a mirate ed efficaci campagne di comunicazione (anche su post-emergenza virus, naturalmente) e politiche di sostegno al rilancio per gli operatori del settore; regimi speciali, anche sul piano fiscale, per Venezia e Roma.

4. Made in Italy: Forte potenziamento del Dipartimento delle politiche Ue, da rafforzare almeno con due strutture di missione (una formata da esperti di diritto Ue, l’altra da diplomatici di carriera), al servizio, permanente, delle nostre produzioni, per assistere e supportare le rappresentanze italiane nelle interlocuzioni (e in quelle che spesso sono vere e proprie battaglie legali) nelle sedi europee (ad iniziare dall’agroalimentare, dove il fenomeno dell’italian sounding resta un serio problema aperto).

5. Reciprocità nelle relazioni economiche con gli altri Paesi, anche europei: Dal golden power alla par condicio effettiva (con le principali legislazioni occidentali) per ciò che attiene al controverso tema del reato di corruzione internazionale; sviluppo di forme di maggior coinvolgimento dei nostri diplomatici di carriera (e, in parte, degli addetti militari formati anche all’estero e con alle spalle anni di operatività nelle nostre ambasciate) nelle Spa di Stato.

6. Cultura della spesa pubblica: Va sensibilmente cambiata, intanto immettendo nel dibattito pubblico e sostenendo, con forza, l’idea che la miglior spesa pubblica non è quella che non si fa (secondo una malintesa idea di austerità che si è rivelata negli anni ricetta sbagliata), ma è invece quella che frutta – in concreto, e se possibile per intero – il risultato finale in nome del perseguimento del quale è stata effettuata dallo Stato e dagli enti territoriali; in più, sarebbe utile assortire il personale delle strutture tecnocratiche che si occupano di finanza pubblica, affiancando le persone più esperte e preparate sulle tecnicalità nazionali e Ue con colleghi di idonea qualificazione che, negli enti territoriali, anche di area non vastissima, si siano misurati viso a viso con situazioni concrete in grado di entrare di prepotenza nel quotidiano delle persone (a titolo esemplificativo, per intendersi: procurarsi, in poche ore, la disponibilità giuridica, finanziaria e materiale di uno spalaneve per riaprire alla frequenza degli alunni una scuola elementare).

7. Infrastrutture: Ripartire dalle opere incompiute (valore: circa 3 mld), per selezionare quelle da abbandonare definitivamente, perché inutili (sin dal principio, o divenute nel frattempo tali); per le altre, sviluppo di sistemi – a partire da un vero debat public (quello oggi previsto dal Codice appalti, non lo è) – di verifica della reale fattibilità dell’intervento, ad iniziare dal punto nevralgico del suo livello effettivo di accettazione territoriale, sociale e ambientale (cantieri, dove non vi sono le condizioni per realizzare appieno e fino in fondo un intervento, non è il caso di aprirne); in più, ideazione di sistemi – spostati più sul confronto fra le rispettive utilità marginali dei due interventi che sul classico piano della regolarità formale – di soluzione dei conflitti fra giunte locali che si avvicendano, per evitare l’ormai tradizionale sequenza fatta di duplicità di aperture (di opposti) cantieri, di ordinanze cautelari di fermo per entrambi, e di irrealizzazione, alla fin fine, di ogni cosa.

8. Ambiente: sviluppo di sistemi – pubblici e di massima qualificazione – di misurazione scientifica degli impatti economici, grandi e piccoli, non solo dei cambiamenti climatici, ma anche dell’efficacia delle azioni di contrasto attivabili su scala grande e piccola in ambito nazionale (per esemplificare, penso alla ormai incontroversa capacità di assorbimento degli inquinanti da parte della forestazione urbana e periurbana); potenziamento della Ragioneria generale dello Stato con l’aggiunta di un nuovo Ispettorato, dedicato esclusivamente all’elaborazione e attuazione delle misure di finanza pubblica conseguenti agli esiti di quelle misurazioni; coinvolgimento della Cassa depositi e prestiti nello sviluppo di politiche finanziarie e di attori statali destinati all’attuazione concreta di quelle misure.

9. Umanesimo: Non mi aggiungo al coro che adesso leva (in diversi casi, tardivamente, in altri, sorprendentemente) alti lai contro turbocapitalismo, liberismo selvaggio, finanza rapace (e analoghi), perché la questione è troppo vasta da poter essere trattato, seriamente, in questa sede, e si rischia di fare solo vuota retorica; è certo, tuttavia, che il tema della persona umana ha da diverso tempo perso centralità nelle teoriche e nelle discussioni politiche, nazionali e internazionali, e nel dibattito pubblico, e penso sia arrivato il momento per – con forza – prenderne coscienza e domandarsi, fino in fondo e senza scorciatoie autoassolutorie, perché…

10. Genio italiano: Con tutti i nostri pregi e difetti (gli uni e gli altri insieme), restiamo uno straordinario Paese, che ha urgente e assoluto bisogno di trovare rinnovato rispetto di sé, della sua storia, del suo presente, del tantissimo che il mondo ci deve (scoperte scientifiche, geografiche, personalità eccezionali praticamente in ogni campo, ecc.); si deve farlo intanto attraverso una nuova narrazione, anzitutto da parte degli italiani (parlo anche dei nostri media), primi critici di sé stessi come nessun altro – ripeto, nessun altro – al mondo fa.

Questioni primarie, che richiedono 10 precise ricette, da elaborare usando paradigmi nuovi perché nuovo e sconosciuto è il tempo che ci aspetta.

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