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È sempre più vicina la scadenza del 26 gennaio, data in cui gli emiliani romagnoli, dovranno decidere a chi affidare il governo della Regione. Da un lato Stefano Bonaccini, forte di dati su crescita e produttività ma evidentemente espressione di un partito, il Pd, che anche in uno dei territori più tradizionalmente rossi, ha visto il consenso e la popolarità via via erodersi. Dall’altro Lucia Borgonzoni, leghista della prima ora e candidata della coalizione di centrodestra. Poi, dopo un primo periodo di incertezza, nel quale peraltro si era allungata l’ombra di un accordo con il Pd, ecco spuntare il candidato del Movimento 5 Stelle, Simone Benini. Imprenditore romagnolo, volto alternativo ai due grandi sfidanti, dovrà correre il doppio per raggiungere un buon risultato in una Regione nella quale, tolta Parma con il sindaco Pizzarotti (poi uscito dal Movimento), i 5 stelle non hanno mai registrato grandi numeri.

Benini, il vostro programma elettorale sembra richiamare molti concetti delle origini del Movimento. Un ritorno alle vecchie battaglie. È un modo per riconquistare una parte di consenso perduto?

La forza del Movimento 5 Stelle sta proprio nell’essere l’unica vera alternativa ai due blocchi ideologici che sembrano diversi ma su molti punti si toccano e la pensano uguale. Guardate come sono preoccupati dallo stop alla prescrizione della legge Bonafede. Eppure in Europa esisteva solo in Italia e ora rimane solo in Grecia. Noi siamo sempre noi stessi con le nostre proposte e battaglie. Dure da portare avanti, perché si scatenano le ire delle lobby che usano poi i loro “fucili”, i media, ma noi procediamo. Penso anche alla battaglia iniziata da Toninelli per togliere ai Benetton le autostrade dopo la mancata manutenzione e la tragedia del Ponte Morandi. In un paese normale sarebbe un eroe. In Italia abbiamo Tv e media che lo hanno massacrato. Il cittadino che legge può farsi una domanda e darsi una risposta.

Sanità. Qual è l’alternativa che proponente alla visione di Bonaccini che comunque dalla sua ha dati di eccellenza che attestano l’Emilia-Romagna tra le regioni più competitive dal punto di vista sanitario non solo a livello nazionale?

Anche l’Emilia-Romagna del Pd si è messa a rincorrere il modello privatistico della sanità, pensate che Bonaccini ha cambiato una legge regionale per riconoscere un istituto di ricerca privato, Villa Maria Cecilia a Cotignola… Che differenza c’è con la sanità sempre più “affare dei privati” in Lombardia e Veneto che ora sta facendo ribellare i cittadini? Il rischio è molto alto, la via della privatizzazione ed esternalizzazione dei servizi anche a “coop spurie” appare imboccata e questo può finire per mettere a rischio l’accessibilità e la qualità raggiunte in questo ambito. Noi rivendichiamo una sanità saldamente in mano pubblica, potenziamento degli organici e dei servizi di Pronto Soccorso, abbiamo nel nostro programma l’abbattimento delle liste d’attesa per esami e interventi e lo stop al depotenziamento degli ospedali più piccoli. Vogliamo riaprire anche i Punti Nascite chiusi in montagna a Pavullo, Porretta, Borgotaro, Castelnovo né Monti. Il sociale è fondamentale per la tenuta di una comunità.

In ossequio ad una vostra battaglia, quella sull’ambiente, quali saranno le scelte strategiche che avete in animo di portare avanti da questo punto di vista?

Serve la riconversione ecologica delle nostre imprese. L’Emilia-Romagna è una delle zone più inquinate d’Europa e del mondo. In Italia si contano 90.000 morti l’anno premature a causa dell’inquinamento. È questa l’emergenza che tutti i giorni i media dovrebbero rilanciare. Vogliamo varare un piano con finanziamenti regionali, statali, europei e farla finita con l’austerity europea che blocca investimenti in questo settore. Se l’europarlamento ha giustamente votato lo stato d’emergenza climatica e d’inquinamento, dove la Lega e la destra in maniera vergognosa hanno sostenuto tesi negazioniste, vanno date risorse per affrontarla. Dobbiamo riconvertire le industrie della plastica per ridurla o il nostro Adriatico e i nostri fiumi saranno sempre più inquinati. Vogliamo mangiarci pesci alla micro plastica che poi ci causano malattie mortali?

Come agire, allora?

Noi vogliamo portare i “dieci passi verso rifiuti zero” come base da cui i Comuni possano partire in tutto il territorio emiliano-romagnolo, modificando in buona parte l’attuale legge regionale che invece non intacca gli interessi dei colossi Hera e Iren. Va divisa la raccolta dallo smaltimento, sul modello Treviso adottato da una società totalmente pubblica a Forlì. Abbiamo già chiesto a gran voce in consiglio regionale nelle passate legislature di redigere e attuare il piano delle bonifiche dei siti inquinanti che è previsto per legge e ancora non attuato. Ne parliamo da anni, non in maniera strumentale come fa oggi la Lega a cui dell’ambiente non importa nulla. Ovviamente, la questione acqua pubblica, ancora aperta nonostante il referendum del 2011, deve essere affrontato una volta per tutte da questa Regione. Vogliamo riportare la gestione di acqua e rifiuti in capo ai Comuni. Sarà un argomento tecnico ma va anche denunciato che il 70% di raccolta differenziata di cui si vanta la Regione Emilia-Romagna è “drogato” dall’inserimento di gran parte dei rifiuti assimilati industriali negli urbani, come fanno Hera e Iren. Sono “trucchetti” che anche Legambiente ha denunciato.

Secondo le previsioni di Prometeia, aggiornate a ottobre, la crescita del Pil emiliano-romagnolo, a fine 2019 sarà del +0,5%, con un incremento che nel 2020 potrebbe salire al +1,1%. Che tipo di politiche metterete in campo per mantenere o addirittura incrementare questo trend, ferma restando una continua richiesta di occupazione giovanile?

Serve investire e tutelare la piccola e micro impresa e l’innovazione seguendo come via sempre la sostenibilità ambientale. La Regione può fare tanto. Pensiamo al microcredito. Il fondo regionale deve passare da 2 a 10 milioni di euro e deve poter funzionare meglio garantendo un accesso facile ad artigiani, piccoli e micro imprenditori, commercianti, liberi professionisti. Quello nazionale finanziato dai tagli degli stipendi del Movimento 5 Stelle, parliamo di 25 milioni di euro che per effetto del “moltiplicatore” sono arrivati a 250, ha aiutato 631 piccole realtà emiliano-romagnole. Restano aperti diversi problemi, che vanno dall’agricoltura al turismo passando per le industrie in crisi e i licenziamenti previsti, che si risolvono con la concertazione e con misure a sostegno dei lavoratori. Serve una legge nazionale sul salario minimo e come Regione proporremo la valutazione di un salario minimo regionale, nonché una ferrea lotta al caporalato e allo sfruttamento. Per aiutare l’economia inoltre, ce lo insegnano le inchieste di Gratteri, è fondamentale combattere seriamente la corruzione e le infiltrazioni della ‘ndrangheta e delle mafie che come idrovore in giacca e cravatta oggi assorbono decine di miliardi di euro dall’economia pulita e sana e ci toglie la libertà in maniera subdola. Trovo scandaloso che le maggiori testate nazionali della carta stampata abbiano censurato in prima pagina i 335 arresti per ‘ndrangheta di Gratteri. Forse perché toccavano anche politici, imprenditori, professionisti?

La sua idea sulle Camere di Commercio ricalca il solco del Movimento 5 Stelle nazionale oppure si discosta? Lei è per la fusione o per l’autonomia degli enti camerali?

Le Camere di Commercio sono la “casa” delle nostre imprese. Vanno rese più snelle, già da tempo è in atto una loro digitalizzazione, ma è assurdo pensare a smantellarle. Le fusioni quando avvengono devono avvenire in maniera naturale perché dietro a ogni struttura spesso ci sono storie d’identità dei territori. Quello che importa a chi fa impresa comunque è avere servizi trasparenti ed efficienti.

Che tipo di risultato si aspetta in una Regione la cui popolazione ha il cuore che batte, malgrado ora un po’ meno, da sempre a sinistra?

Ogni voto e seggio in più al Movimento 5 Stelle è una garanzia di avere sentinelle utili degli interessi della collettività, non di alcune lobby o schierate in guerre ideologiche tra “uomini forti” . Mi aspetto di avere tutti i collegi rappresentati nell’assemblea legislativa; mi aspetto che i nostri concittadini capiscano che senza il M5S le proteste e le proposte provenienti dai territori non saranno mai ascoltate né recepite a fondo e Pd e Lega faranno gli affari loro in una lotta “ideologica” che non affronta a fondo diversi temi. Vogliamo essere i garanti di un cambiamento necessario; lo stiamo facendo al governo nazionale, potremmo anche farlo in quello regionale, dipende dai nostri cittadini. A loro la scelta.

Ecco cosa farò per l'Emilia-Romagna. Parla Benini (M5S)

È sempre più vicina la scadenza del 26 gennaio, data in cui gli emiliani romagnoli, dovranno decidere a chi affidare il governo della Regione. Da un lato Stefano Bonaccini, forte di dati su crescita e produttività ma evidentemente espressione di un partito, il Pd, che anche in uno dei territori più tradizionalmente rossi, ha visto il consenso e la popolarità…

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