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La sensazione è che il Congresso del popolo abbia partorito una sorta di consapevolezza di fondo per la Cina: i dazi imposti dagli Stati Uniti possono far male al Dragone, specialmente in un frangente in cui la seconda economia globale non tira come dovrebbe. E che sia necessaria un’ulteriore spinta al Pil, è chiaro anche questo alle alte sfere del governo.

LA CONSAPEVOLEZZA CINESE

Partendo proprio dall’anemia ormai sedimentata dell’economia cinese, come raccontato da questo giornale, i maxi piani messi a terra dal governo parlano di un deficit a oltranza, al 4% per il 2025, ai massimi da 30 anni e di un tetto massimo delle obbligazioni governative per il 2025 pari 11.860 miliardi di yuan, con un aumento di 2.900 miliardi rispetto all’anno precedente, in parte proprio per sostenere il disavanzo. Il tutto farcito da iniezioni di denaro un po’ su tutti i fronti, incluso quello della difesa. La Cina aumenterà il proprio bilancio militare, il secondo più grande al mondo ma ben distante da quello degli Stati Uniti, del 7,2% nel 2025, lo stesso tasso dello scorso anno. Pechino prevede di spendere 1.784,7 miliardi di yuan (245,7 miliardi di dollari) per la difesa, una cifra comunque tre volte inferiore rispetto al budget di Washington.

LA RISPOSTA AI DAZI

Fin qui la spinta all’economia, che dà la cifra di come a Pechino sia consci dei problemi strutturali in essere. Poi c’è la risposta agli Stati Uniti e ai dazi di Donald Trump (20%) sulle merci che il Dragone esporta negli Usa. E anche qui è il mix di consapevolezza e paura a farla la padrone. Slogan a parte, del tipo “combattere fino alla fine” contro le politiche protezioniste americane, il premier Li Qiang, nel suo atteso discorso al Congresso ha messo sul piatto una maggiore apertura del mercato cinese agli investitori privati stranieri. Operazione che si può leggere più o meno così: se i dazi freneranno la crescita del Dragone, che come noto vive di esportazioni, allora saranno i grandi capitali stranieri a bussare alla porta, arricchendo la Repubblica Popolare.

Li, nella sua relazione, ha infatti anche messo in luce la necessità di favorire l’iniziativa delle imprese private attraverso anche un’azione legislativa e la collaborazione tra il settore statale e quello privato. Si tratta di un’esigenza evidenziata anche dal recente incontro del presidente Xi Jinping con una serie di importanti imprenditori tech cinesi. Il primo ministro ha affermato che Pechino limiterà le restrizioni contro le aziende private, procederà a una rettifica globale della competizione involutiva e rafforzerà la fiducia delle imprese. Saranno inoltre incoraggiati gli investimenti esteri. Indipendentemente da come cambierà l’ambiente esterno, la Cina resterà fedele alla sua politica di apertura, che porterà a maggiori riforme e opportunità di sviluppo, ha dichiarato il capo dell’esecutivo cinese.

LA LEVA DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Il premier ha aggiunto che anche i settori di internet e cultura saranno aperti “in maniera ordinata”, mentre l’accesso a telecomunicazioni, sanità ed educazione sarà ampliato. Li ha chiarito che Pechino incoraggerà gli investitori stranieri ad espandersi in Cina e a cooperare con le imprese lungo tutta la catena di fornitura industriale. C’è di più. Uno degli assi su cui punta la Cina è l’Intelligenza Artificiale. E qui, dalla consapevolezza dei problemi, si passa alla vera e propria sfida agli Stati Uniti e le loro tecnologie.

Come hanno scritto gli economisti di Goldman Sachs in un report dedicato proprio ai lavori del Congresso, “l‘emergere di nuovi modelli di Intelligenza Artificiale in Cina potrebbe accelerare lo sviluppo e l’adozione della tecnologia nel Paese più rapidamente di quanto previsto in precedenza: se l’IA dovesse guadagnare terreno, potrebbe aumentare la produttività e la crescita del Pil nella seconda economia più grande del mondo”. Ci sono pochi dubbi, il futuro del Dragone è legato a doppio filo all’Intelligenza Artificiale, chiariscono dalla banca d’affari americana. “Il rilascio del modello di DeepSeek, che potrebbe essere stato sviluppato a un costo inferiore rispetto ad altre applicazioni, suggerisce un tasso di adozione più rapido e un maggiore rialzo economico per la Cina rispetto a quanto previsto in precedenza: un’adozione più rapida dell’IA generativa in Cina potrebbe tradursi in costi di manodopera inferiori e maggiore produttività man mano che più attività vengono automatizzate”. 

La Cina e le amare verità. Che cosa insegna a Pechino il Congresso del Popolo

Il gigantesco piano di emissioni obbligazionarie, il deficit a oltranza, l’ennesimo appello agli investitori stranieri, la riposta ai dazi americani e l’arma dell’Intelligenza Artificiale a basso costo. Tutti elementi che dimostrano come a Pechino siano perfettamente consci dei grandi problemi dell’economia cinese

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