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Cosa sono le sardine? Al momento sono singoli flash mob contro Salvini. Non sono un partito, dato che non hanno alcuna strutturazione né si candidano alle elezioni. Non sono neanche un movimento, forse lo diventeranno in futuro. Sono migliaia di cittadini che – individualmente – aderiscono a una convocazione a-partitica via Facebook, condividendo una posizione genericamente anti-salviniana.

Non hanno una proposta politica. Non hanno un’organizzazione. Non hanno un leader. Non hanno un’identità, se non “di rimbalzo”. Sanno cosa non sono e vivono dunque di luce riflessa: di fatto hanno solo un “nemico” forte e ipervisibile che permette loro di esistere e di avere un’ottima partecipazione e ribalta mediatica.

In molti osservatori, il fenomeno delle sardine ha richiamato alla memoria quello dei girotondi del 2002. Questi ultimi, tuttavia, oltre ad avere anch’essi un nemico chiaro e visibile – Silvio Berlusconi – si dotarono presto di un leader noto – Nanni Moretti – e di fatto operarono soprattutto da pungolo ai partiti di centrosinistra. È rimasta scolpita nella memoria la frase che Moretti pronunciò a Piazza Navona: “Con questi dirigenti non vinceremo mai”, con Fassino e Rutelli attoniti, accanto a lui. Nel percepito diffuso, insomma, i girotondi erano un pezzo di società civile antagonista a Berlusconi e fortemente critica coi partiti di centrosinistra, ma stabilmente collocato in quell’area (“vinceremo”, parla di un “noi”). Inoltre era un movimento nazionale, sin dalla sua genesi, al contrario delle sardine che sono nate in Emilia Romagna e in occasione di una campagna elettorale per le elezioni regionali. Infine, anche se non avevano l’intento di sostituirsi ai partiti di area, i girotondini avevano delle proposte: la legge sul conflitto di interessi, ad esempio; così come erano fortemente critici verso la commissione bicamerale e di fatto verso ogni forma di dialogo con il “caimano”. In sintesi, quello dei girotondi era quanto di più simile a un partito, ma senza proporsi come alternativo ai partiti stessi.

Quello delle sardine, almeno in questa fase nascente, sembra un fenomeno esclusivamente di protesta (non di proposta) e non si rivolge ai partiti attualmente in maggioranza in Parlamento e al governo. Così facendo, tuttavia, ne sancisce la totale assenza nel percepito della campagna permanente. Ad oggi, la campagna per le regionali in Emilia Romagna è sintetizzata nella dicotomia “Sardine contro Salvini”. C’è Salvini in giro per palasport e altri luoghi pubblici e ci sono le sardine che rispondono nelle piazze. C’è la campagna Trt (Territorio-Rete-Televisione) di Morisi & Co. E c’è la risposta Trt delle sardine, che nascono in Rete, crescono nel Territorio e iniziano a comparire in Televisione. Poi però le analogie finiscono. Perché uno è a capo di un partito e gli altri non hanno né capo né partito. C’è la proposta di Salvini e non c’è la proposta delle sardine. C’è una narrazione chiara e dominante e dall’altra parte c’è un “non ti vogliamo”, o un “non siamo come tu ci definisci” che più che una contro-narrazione costituisce un’identità “per rifiuto”.

Ciò significa che, paradossalmente, i flash mob delle sardine stanno dimostrando due cose: 1) che i partiti attualmente in maggioranza in Parlamento non sono in grado neanche di fare opposizione all’opposizione, fuori dai palazzi. 2) che Salvini non solo detta l’agenda, egli è l’agenda politico-mediatica. Dove va lui, si attiva un “contro di lui”. Ma i “contro di lui” non competono alle elezioni, non sono votabili e non hanno una proposta o una narrazione alternativa. Addirittura, arrivano a definirsi e costituirsi solo grazie a Salvini.

In pratica – e non è una critica, è tipico di un movimento di protesta – le sardine compensano l’assenza di proposta, narrazione e leadership col loro “nemico”. Senza Salvini non esisterebbero. E dire “non siamo come te, né come tu ci descrivi” non è una (ancora) contro-narrazione, né minimamente una contro-proposta.
Ciò significa che, facendo ciò che devono fare, ma in assenza di partiti e leader in grado di rappresentarli, i manifestanti delle sardine stanno contribuendo a rafforzare la percezione di Salvini come “elefante” di Lakoff. Si parla solo di lui, la campagna permanente insegue solo lui, i temi-chiave per l’opinione pubblica sono solo i suoi. Nate per oscurare Salvini, possono finire per dargli ulteriore ribalta. L’effetto-perverso dunque è che le sardine possano diventare, loro malgrado, le salvine in un continuo gioco di specchi che rifrange un solo leader e una sola proposta politica. Magari serviranno a non far vincere la Lega in Emilia Romagna, ma possono costituire un ulteriore puntello alla già solidissima – e quasi monopolistica – presenza nel percepito nazionale del leader della Lega.

Da Sardine a Salvine. Il rischio autogol secondo Di Gregorio 

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