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Dopo alcuni anni di stasi, nel 2018 la produzione nazionale dei rifiuti urbani è tornata a crescere superando i 30 milioni di tonnellate: quasi 500 chili per ogni abitante l’anno. Ed soprattutto il Centro ad aumentare con quasi 548 chili a testa, con un aumento di oltre 10 chili per abitante. Anche il Nord supera la media nazionale con circa 517 chilogrammi per abitante, mentre il Sud abbassa la media con 450 chili per abitante. Sono questi i principali dati contenuti nel Rapporto sui Rifiuti Urbani 2019, presentato oggi alla Camera dei Deputati dall’Ispra, l’Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale.

La produzione di rifiuti più alta si registra in Emilia Romagna con 660 chili per abitante, seguita dalla Toscana con 612 chilogrammi. E comunque, tranne che nelle Marche, nel Molise e in Sicilia, in tutte le Regioni si registra un aumento della produzione di rifiuti urbani. Anche se osserviamo i dati provinciali, sono in Emilia Romagna le provincie con la più alta quantità di rifiuti prodotti. Secondo gli analisti di Ispra, l’andamento dei rifiuti è andato di pari passo con quello degli indicatori socio-economici: tutti in crescita i valori del PIL, dalla spesa per consumi finali delle famiglie dei residenti e non residenti, e della produzione dei rifiuti.

Cresce anche la raccolta differenziata con oltre un 2 punti e mezzo percentuali rispetto al 2017 superando il 58%: negli ultimi dieci anni la raccolta differenziata è aumentata di quasi il 25%, passando dal 35,3 al 58,1%. in termini quantitativi da circa 10 milioni di tonnellate a 17 milioni e mezzo. Un grosso contributo l’ha portato il Sud con un aumento di oltre 4%, in particolare la Sicilia (+7,8%) e il Molise (+7,7%), seguite dalla Calabria (+5,6%) e dalla Puglia (+5%). Sono sette le Regioni che hanno superato l’obiettivo del 65% di raccolta differenziata stabilito per legge: Veneto, Trentino Alto Adige, Lombardia, Marche, Emilia Romagna e Sardegna. Tra le provincie, Treviso si attesta ad oltre l’87%, seguita da Mantova , Belluno e Pordenone.

Ma cosa si raccoglie. Innanzitutto l’organico che rappresenta oltre il 40% del totale. Al secondo posto la carta e il cartone (quasi il 20% del totale) con quasi 3 milioni e mezzo di tonnellate. Un discorso a parte va fatto per i rifiuti di plastica, che fa registrare un aumento consistente nella raccolta (7,4%) e soprattutto degli imballaggi in plastica, per i quali è previsto un corrispettivo economico nell’ambito dell’Accordo Quadro Anci-Conai. Rimane il problema dei rifiuti di plastica non imballaggi che si trovano nei rifiuti indifferenziati e che costituiscono il 15% del totale e che non vengono recuperati.

Particolarmente interessante il focus sui rifiuti di imballaggio. Il nuovo pacchetto sull’economia circolare, in via di recepimento nell’ordinamento nazionale, fissa nuovi e più ambiziosi obiettivi di riciclo al 2025 e al 2030. (Non bisogna mai dimenticare che la raccolta differenziata è un mezzo; il fine ultimo è il riciclo e la produzione di nuovi beni da materiale riciclato). Ebbene, il recupero complessivo dei rifiuti di imballaggio ha superato l’80% dell’immesso al consumo: tutte le frazioni di imballaggio hanno già raggiunto gli obiettivi al 2025 (alcune anche al 2030), tranne la plastica. Ma si sa, non esiste una sola plastica ma diverse tipologie di plastiche a seconda dei polimeri che le costituiscono e che richiedono l’implementazione di nuove tecnologie di trattamento, compreso il riciclo chimico.

In Italia vi sono 664 impianti per la gestione dei rifiuti urbani: più della metà, 353, al Nord; 119 al Centro e 174 al Sud. In discarica vengono smaltiti 6 milioni e mezzo di tonnellate di rifiuti, con una riduzione del 6 e mezzo per cento rispetto al 2017: negli ultimi dieci anni il ricorso alla discarica si è ridotto del 60% passando da 15 milioni e mezzo a 6 milioni e mezzo di tonnellate. Il 18% dei rifiuti urbani viene avviato ad incenerimento (5,6 milioni di tonnellate): su 38 impianti operativi, il 68% si trova al Nord, soprattutto in Lombardia ed Emilia Romagna. Ultimo capitolo del rapporto, i costi di gestione: nel 2018 il costo medio nazionale per abitante è di quasi 175 euro l’anno. Al Centro i costi più elevati (poco più di 208 euro/abitante annuo), segue il Sud (186 euro) e il Nord (147 euro). In questi costi, oltre a quelli sostenuti per la raccolta differenziata, sono compresi lo spazzamento e il lavaggio delle strade e i costi comuni. La soluzione per ridurre i costi è l’applicazione della tariffa puntuale. A Trento, tanto per fare un esempio, dove viene applicata la tariffa, si registra uno dei costi più bassi, circa 153 euro pro capite per anno, con un livello di raccolta differenziata che supera l’81%.

Più rifiuti, più differenziata e più riciclo. La fotografia dell'Ispra

Dopo alcuni anni di stasi, nel 2018 la produzione nazionale dei rifiuti urbani è tornata a crescere superando i 30 milioni di tonnellate: quasi 500 chili per ogni abitante l’anno. Ed soprattutto il Centro ad aumentare con quasi 548 chili a testa, con un aumento di oltre 10 chili per abitante. Anche il Nord supera la media nazionale con circa…

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