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Un grande fratello nazionale per spiare telecomunicazioni e vite di cittadini e imprese. Il Parlamento turco ha detto sì al nuovo desiderio del presidente Recep Tayyip Erdogan, che potrà così mettere le mani su tutti i contenuti online di media e piattaforme. Un mega occhio che potrà vigilare a 360 gradi e accedere alla conoscenza di dati sensibili e comunicazioni di vario genere.

BIG BROTHER

La misura, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale turca, è stata votata dal Parlamento con il sostegno del partito al potere Akp del presidente turco Recep Tayyip Erdogan e del suo alleato nazionalista, il Partito nazionalista del movimento (Mir). In sostanza tutti i fornitori di contenuti Internet dovranno ottenere una licenza di trasmissione da RTŪK, che monitorerà quindi i contenuti trasmessi. Sono compresi anche i players esterni come il gigante americano Netflix e altre piattaforme, come i siti web turchi di streaming che hanno prodotto moltissime trasmissioni popolari negli ultimi anni.

Oltre al controllo sarà in vigore un regime di prevenzione e punizione, con multe per i trasgressori che addirittura potranno tramutarsi in revoca della licenza di trasmettere. Infatti i trasgressori avranno un periodo cuscinetto di 30 giorni per adattare il loro contenuto agli standard richiesti, altrimenti le loro licenze saranno sospese per tre mesi e poi cancellate.

CONTROLLO TOTALE

È di tutta evidenza come la decisione consentirà al governo di rafforzare la propria presa sui media turchi, la stragrande maggioranza dei quali è vicina a Erdogan e al partito dell’AKP, oltre che controllare le voci dell’opposizione e l’intero universo dei dati sensibili. Infatti le preoccupazioni sono state fatte trapelare dal board di Netflix Turkey, secondo cui se da un lato la piattaforma intende continuare a trasmettere i suoi contenuti in Turchia, dall’altro sta monitorando attentamente gli sviluppi della questione.

I cittadini hanno ancora negli occhi quell’immagine datata 2014 con una foto segnaletica dell’uccello Twitter in bella vista sugli smartphone accanto ad una bandiera turca a Istanbul. Era il 26 marzo di cinque anni fa e iniziava la crociata di Erdogan contro i social media e contro Youtube. Poi fu la volta delle battaglie contro attori di teatro, giornalisti, star dello sport: tutti accusati di essere parte della rete gulenista e anti erdoganiana alla base del golpe farlocco del 2016.

PUCCA

L’ultimo caso, in ordine di tempo, è l’attacco sferrato dal governo alla social influencer turca Pucca, che si è vista condannata a quasi sei anni di prigione per “promozione dell’uso di droghe” a causa dei tweet che ha scritto sulla serie televisiva Narcos. Dopo la pronuncia giudiziaria ha raccontato la drammatica vicenda sul proprio profilo Instagram, sottolineando mestamente che persino il super trafficante Pablo Escobar aveva ricevuto una punizione minore per i suoi crimini.

Pucca, all’anagrafe Selen Pinar Isik, è una voce ampiamente riconosciuta nel Paese con un seguito di tutto rispetto: ha infatti quasi 2 milioni di follower su Twitter e 677.000 su Instagram. Come lei anche altri personaggi hanno subito la mannaia di Erdogan. Pucca è tutt’altro che la prima celebrità che ha classificato questo governo.

Nel 2016, l’ex Miss Turchia Merve Buyuksarac fu condannata a più di un anno di reclusione con l’accusa di aver insultato il presidente a causa di una poesia che aveva condiviso sul suo account Instagram. Poi l’attore Memet Ali Alabora è stato attenzionato dalla polizia per aver twittato a sostegno delle proteste di Gezi, passando per il famoso rapper Ezhel, a processo per le medesime accuse.

TREND

Dai social allo sport: il caso più eclatante riguarda il 26enne stella dell’Nba Enes Kanter, per cui il procuratore di Istanbul ha chiesto l’estradizione, dopo il suo ultimo tweet rivolto al sultano: “Io non ho paura di te”. Il giocatore di basket dal 2009 vive negli Stati Uniti, ed ha ricevuto anche l’umiliazione di essere iscritto in una speciale lista internazionale dell’Interpol come un qualsiasi criminale. Il governo turco lo considera vicino al predicatore statunitense Fethullah Gülen, che la Turchia ha accusato del golpe. Anche la sua famiglia ha subito ritorsioni, come sputi e insulti diretti contro suo padre in un supermercato.

Sugli strali anche il Turkish State Theatres, dove dalla stagione 2016-2017 sono stati eliminati autori non turchi come Shakespeare, Cechov, Brecht e Dario Fo.

twitter@FDepalo

 

Nasce il Grande Fratello di Erdogan per spiare i turchi (e Netflix)

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