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Tra la maggioranza di centinaia di autorità religiose che hanno partecipato questa settimana al Global Faith Leaders Summit di Abu Dhabi come evento ufficiale e collaterale che anticipa la Cop28 sono stati invitati anche esperti di crisi ambientale come il professor Jeffrey Sachs, docente dell’Università Columbia negli Stati Uniti d’America e direttore emerito del Earth Institute e tra i redattori del programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile.

Tra gli interventi aulici dei rappresentanti religiosi e le testimonianze tecniche di alcuni mediatori spirituali di correnti filosofiche, l’unico intervento che ha esplicitamente fatto concreto riferimento alla crisi e ai conflitti in Europa e in Medio Oriente è stato quello del prof. Sachs. Il grande silenzio, la paura di destare l’elefante nascosto nella cristalleria, ha condizionato ebrei, musulmani, cristiani, indù e buddhisti, dall’Indonesia al Libano, dall’India al Giappone, dall’Egitto alla Russia, dalle Americhe al Regno Unito. Forse i relatori del Global Summit hanno pensato di prepararsi e ritrovarsi nella capitale degli Emirati Arabi Uniti concentrandosi soltanto sul tema della crisi ambientale senza fare alcun riferimento all’attualità del terrorismo, della guerriglia e della guerra, del mercato degli armamenti, della propaganda per l’odio e alla pretesa legittimità nell’uso della forza militare per distruggere città e popoli.

In effetti, la Cop28 si dovrebbe occupare da anni di ecologia integrale e di crisi climatica per cercare rimedi alla insensibile amministrazione della terra da parte dell’uomo e non si occupa di sicurezza nazionale ma il grande silenzio è stato imbarazzante sia da un punto di vista dottrinale che spirituale. C’è un silenzio saggio quando si cerca la concentrazione per la verità o quando si ammette la propria ignoranza che non è mai né viltà né omertà.

Ci preoccupa invece che nessun religioso trovi la fede, il coraggio, l’umiltà e la chiarezza di affrontare e aggiornare il dibattito sul tema della crisi del rapporto tra l’individuo e la natura misconoscendo in ciò che succede da anni anche in Ucraina e in Israele alcuni segni inequivocabili di correlazione e peggioramento dell’errore umano. Il prof. Sachs attribuisce questo errore all’avidità per il potere da parte di alcuni politici che, pur avendo ricevuto il mandato di decidere come organizzare il loro servizio per il popolo, si lasciano corrompere da interessi, priorità e calcoli di successo alternativo.

Quale risposta e contributo possono dare le autorità religiose per correggere questo errore umano? La nostra risposta insieme al prof. Sachs è il senso dell’urgenza, l’emergenza escatologica, la necessità di rimodulare il senso delle proporzioni nella vita e, soprattutto, nella mentalità, essere solleciti al richiamo non solo alla fine di un ciclo ma al rischio più grave di determinare la fine dell’umanità in modo caotico: la perdita nell’uomo e nella donna delle facoltà dell’intelligenza e della sensibilità di tradurre in ogni segno della creazione una occasione di conversione, elevazione, conoscenza e gratitudine per il mistero dell’Unità di Dio, nei Suoi Attributi, nella dinamica armoniosa del Suo Ordine Primordiale, per usare alcune espressioni dei maestri dell’Islam tradizionale.

A sostenere questa prospettiva contribuisce papa Francesco con il recente aggiornamento della sua enciclica intitolata Laudato Deum. La sua critica alla resistenza e alla confusione mentale che abusano della dialettica della semplificazione e dell’arte perversa di minimizzare l’evidenza della crisi è un ottimo approccio di metodo iniziale. Anche la sua denuncia dell’ossessione per la tecnologia e il marketing che sono diventati entrambi una idolatria che illude l’individuo di sapere e gestire, oltre misura, tutta la realtà, ci permette di riconoscere la perdita del sano rapporto con la natura e la funzione autentica di ogni cosa che circonda l’umanità contemporanea, dall’origine del mondo.

Siamo d’accordo con papa Francesco che vi è in questa crisi una evidente concausa di responsabilità da parte di alcuni politici soprattutto nella loro miope visione valoriale delle relazioni multilaterali e nella loro ostinata indifferenza sullo stato di regresso della mentalità chiusa ad ogni ispirazione spirituale e interpretazione di saggezza per il bene comune. Un sano dibattito interreligioso su questa crisi intellettuale nei conflitti come nella crisi climatica sarebbe molto opportuno, soprattutto in e per l’Occidente.

L’attesa per la venuta di papa Francesco per la Cop28 negli Emirati Arabi Uniti dopo cinque anni dalla presentazione del Documento sulla Fratellanza Umana con il grande imam shaykh al-Azhar Ahmad al-Tayyeb è molto significativa almeno per sentire una testimonianza autorevole di fede e aiutarci tutti insieme a superare il grande silenzio dell’omertà e della viltà ma anche il rumore irrazionale dei bombardamenti al cuore e alla ragione dell’umanità.

Cop28, perché è significativa la presenza di papa Francesco. Scrive Pallavicini

L’attesa per la venuta del pontefice alla Cop28 negli Emirati Arabi Uniti dopo cinque anni dalla presentazione del Documento sulla Fratellanza Umana con il grande imam shaykh al-Azhar Ahmad al-Tayyeb è molto significativa almeno per sentire una testimonianza autorevole di fede e aiutarci tutti insieme a superare il grande silenzio dell’omertà e della viltà ma anche il rumore irrazionale dei bombardamenti al cuore e alla ragione dell’umanità. L’intervento di imam Yahya Pallavicini, vice presidente della Coreis, Comunità religiosa islamica italiana

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