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Il Pd sempre a più a sinistra e verso la possibile alleanza strutturale con i cinquestelle. Forza Italia sempre più a destra, in piazza al fianco dei sovranisti di Matteo Salvini e Giorgia Meloni. E il centro che rimane scoperto, oggetto di una vera e propria corsa che per il momento, però, è ancora senza vincitori. I pretendenti, d’altronde, sono numerosi e nei prossimi mesi potrebbero addirittura aumentare. Molto dipenderà in questo senso da cosa succederà nel partito di Silvio Berlusconi attraversato da non irrilevanti mal di pancia.

La domanda, in fondo, rimane la stessa. Chi sarà in grado di ereditare la parte principale dei voti moderati di centrodestra? Gli elettori che, per intenderci, un tempo sceglievano in massa il Popolo delle libertà e Forza Italia. O anche, seppur ovviamente in misura minore, partiti come l’Udc. Con un’avvertenza, quella che lo storico e politologo Giovanni Orsina ha consegnato qualche giorno fa a Formiche.net: “Ricordiamoci sempre che si tratta di un’area piuttosto ridotta: i cittadini ormai vanno conquistati con provocazioni, con parole d’ordine forti. La scena pubblica è così rissosa che bisogna strillare. E strillare dal centro non è mai stato facile”.

Chi ha fatto chiaramente intendere di puntare al centro, o a quello che ne resta, è Matteo Renzi che domenica scorsa, dal palco della Leopolda, ha spiegato le sue ambizioni macroniane e rivolto un appello inequivocabile ai dirigenti azzurri delusi dalle ultime decisioni del Cavaliere: “A chi crede che c’è spazio per un’area liberale e democratica dico di venire a darci una mano. Italia Viva è aperta”. Certo, il centro che immagina Renzi sembrerebbe rimanere ancorato, almeno per ora, al centrosinistra, se non altro per il fatto che Italia viva è uno degli azionisti fondamentali della maggioranza guidata da Giuseppe Conte.

Discorso diverso per Carlo Calenda che proprio in virtù della decisione di dar vita al governo giallorosso ha deciso di abbandonare il Pd per fondare un nuovo soggetto politico in tandem con l’altro ex democratico Matteo Richetti. Nome e simbolo sono ancora in fase di gestazione ma una data ipotetica c’è. “A metà novembre lancio il mio partito”, ha annunciato qualche settimana fa l’ex ministro dello Sviluppo economico. Che nel frattempo si muove in cerca di possibili compagni di viaggio. In quest’ottica non è un mistero che Calenda sia sempre stato legato da un rapporto di stima a Emma Bonino e Benedetto Della Vedova di + Europa, di cui avrebbe potuto far parte in occasione della campagna elettorale del 2018 quando, infine, scelse di non candidarsi e poi, a qualche giorno dal voto, di iscriversi al Pd. Un partito che però ad oggi, e salvo improbabili ripensamenti, non è più il suo e dal quale si è ormai allontanata definitivamente pure + Europa orgogliosamente all’opposizione del governo Conte. Il partito di Bonino e Della Vedova – che nelle ultime settimane ha perso i deputati Bruno Tabacci e Alessandro Fusacchia, entrati entrambi in maggioranza – rimane tra i più attivi per creare una casa comune liberale e popolare. In questo senso lavora, ad esempio, Piercamillo Falasca che l’11 ottobre scorso ha promosso a Napoli un incontro pubblico, dal titolo simbolico “Un’alternativa c’è”, al quale hanno partecipato Calenda, Bonino e anche Stefano Parisi.

In questi giorni il leader di Energie per l’Italia ha criticato la scelta berlusconiana di presentarsi in piazza San Giovanni al fianco di Lega e Fratelli d’Italia ma, a differenza di Calenda e Bonino, ha una caratteristica: quella di essere da sempre parte del centrodestra verso il quale spesso non ha lesinato parole polemiche in questi anni, senza però mai mettere in discussione la propria partecipazione a quel fronte. Un dato che, a seconda di come si comporrà la prossima geografia politica, potrebbe risultare non indifferente. Perché un conto è immaginare che nasca un centro autonomo e contrapposto al centrodestra e tutt’altro che possa rinascere la gamba moderata del centrodestra, oggi sempre meno rappresentata da Forza Italia. Anche se poi molto dipenderà dalla prossima legge elettorale.

Per questa ragione in molti guardano a Mara Carfagna – che a piazza San Giovanni non è andata – come possibile federatrice di un nuovo partito popolare e centrista. “Vogliamo dare voce a quella parte di Forza Italia che non si rassegna a diventare succube del sovranismo”, ha affermato qualche giorno fa da Bianca Berlinguer su Rai Tre la vicepresidente della Camera. Che poi però ha aggiunto: “Pensare di abbandonare Forza Italia è fuori discussione. Sono nata e cresciuta lì. È casa mia”. Al momento, dunque, Carfagna non saluterà gli azzurri. Ma, se dovesse accadere, sarebbe probabilmente lei la candidata naturale a guidare un nuovo partito di centrodestra di stampo, però, liberale e popolare. Sempre che, nel caso, non sia troppo tardi.

Cosa si muove al centro tra Renzi, Calenda, Bonino e Parisi. Aspettando Mara Carfagna

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