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In campagna elettorale per le elezioni politiche del 2018 l’attuale ministro degli Esteri Luigi Di Maio promise di trasformare l’Ilva, il più grande impianto siderurgico del Sud Europa, in un Parco Giochi. Le scelte di Di Maio e dell’esecutivo giallorosso rischiano, invece, di trasformarlo nella tomba dell’industria italiana.

Se l’attuale governo, infatti, confermerà gli orientamenti che stanno emergendo sulle complesse questioni del gruppo siderurgico, oggi in affitto grazie ad un investimento di 5,5 miliardi di euro da parte del Gruppo Franco-Indiano Arcelor Mittal che si è aggiudicato un regolare bando di gara – nessuna immunità agli attuali gestori e avvio della decarbonizzazione del sito di Taranto – l’esecutivo giallorosso avrà creato le condizioni che potrebbero indurre la multinazionale a lasciare la gestione dell’intero comparto industriale.

Dopo la caduta dello scudo legale se i proprietari franco-indiani dovessero abbandonare lo stabilimento di Taranto, si apriranno le porte dell’amministrazione straordinaria, con un durissimo contenzioso con lo Stato italiano per la palese violazione di quanto stabilito a suo tempo nel bando di gara.

Ma il danno maggiore lo si avrebbe sotto il profilo reputazionale e di credibilità, perché il giudizio sull’affidabilità del nostro Paese da parte degli investitori stranieri (già spaventati dai tempi lunghi della giustizia amministrativa e dalla eccessiva burocrazia soprattutto al Sud) sarebbe oltremodo negativo e confermerebbe l’elevata alea di rischio ad  investire in Italia (si veda il Doing Business Report della Banca Mondiale che colloca nel 2019 l’Italia al 51esimo posto al mondo).

Chi parteciperebbe ad un eventuale nuovo bando di gara per l’aggiudicazione degli stabilimenti, con l’obbligo per i partecipanti e il vincitore di decarbonizzare la fabbrica tarantina, si è chiesto giustamente il docente dell’Università di Bari Federico Pirro in un eccellente intervento pubblicato ieri su Formiche.net? E nel frattempo l’amministrazione straordinaria con quali risorse gestirebbe il sito, considerato che  molto probabilmente continuerebbe a perdere commesse perché nessun acquirente ordinerebbe più una sola tonnellata di acciaio nella più totale incertezza della sua fornitura?

Senza pensare alle conseguenze sul piano economico, strategico e geopolitico per le aziende italiane (si pensi a Fincantieri), che per l’approvvigionamento dell’acciaio sarebbero costrette a dipendere dai produttori austriaci, tedeschi o addirittura cinesi, con ripercussioni negative fortissime sui tempi e sulle modalità di gestione delle commesse e sul sviluppo del know-how. E chi valuta le ricadute negative in termini sociali e psicologici che potrebbero essere devastanti per la comunità tarantina? Dei 14.000 operai dell’Ilva infatti cosa ne facciamo, li mettiamo tutti a lavorare al Luna Park, visto che la Cassa Integrazione Straordinaria non la possono conseguire tutti?

La discussione in atto, purtroppo, conferma ancora una volta la visione antindustriale del Movimento 5 Stelle, al quale però stavolta potrebbe prestare il fianco anche il Pd, intenzionato a votare la revoca dell’ immunità penale, dando un segnale chiaro al mercato: non investite in Italia. Se il Pd, dopo avere subito supinamente il taglio dei parlamentari, dovesse adeguarsi ancora una volta al diktat del Movimento 5 Stelle, risulterebbe evidente la fine della fase riformista che aveva caratterizzato pur con molti dissidi interni la segreteria di Renzi.

E sarebbe un brutto colpo anche per gli operai e i lavoratori del comparto degli idrocarburi di Ravenna, settore sul quale il Pd è diviso tra le pulsioni ideologiche dei grillini e la necessità di continuare a sostenere un segmento importante dell’industria italiana, come molti esponenti del Pd emiliano (il consigliere regionale Gianni Bessi ad esempio) sostengono. E a pochi mesi dalle elezioni cruciali in Emilia Romagna, Campania e Calabria, dopo il test di domenica prossima in Umbria, diventare il nuovo partito del no potrebbe avere conseguenze negative sulla tenuta del Governo e sul giudizio degli elettori.

Ilva, il Pd non diventi il nuovo partito del no. Il commento di Cianciotta

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