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C’erano una volta le fughe di investitori, terrorizzati da quel contratto legastellato, pietra angolare dell’ex governo gialloverde. Era l’estate del 2018 quando risparmiatori e fondi scaricarono poco meno di 60 miliardi di Btp, intimoriti dal fatto che un’impennata dello spread, poi verificatesi, li riducesse a carta straccia. Forse quei tempi sono lontani, almeno a leggere l’ultimo bollettino economico di Bankitalia, che giunge a tre giorni dall’approvazione della legge di Bilancio.

ALL’ESTERO CI CREDONO

Gli investitori stranieri sono tornati a crederci, acquistando titoli di Stato italiani. Una buona notizia per un Paese che per sopravvivere è costretto a emettere ogni anno circa 400 miliardi di titoli, da aggiungersi ai circa 300 miliardi di entrate fiscali. Tra giugno e agosto, quando cioè si consumava la crisi del governo Lega-Cinque Stelle, c’è stato “un forte aumento della domanda estera di titoli di debito italiani, principalmente pubblici. A questo andamento hanno contribuito la decisione della Commissione europea di non raccomandare l’avvio di una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia e le prospettive di accomodamento monetario”, scrive Bankitalia.

Per il governo giallorosso (che si prepara a lanciare la quindicesima nuova emissione del Btp Italia a otto anni, dal prossimo lunedì) è nei fatti un attestato di fiducia dal momento che i mercati sanno sempre anticipare i cambiamenti politici con un certo margine, grazie al meccanismo delle scommesse. Nei primi otto mesi dell’anno, aggiunge Bankitalia, “gli investitori esteri hanno effettuato acquisti netti di titoli italiani per 98 miliardi di euro, di cui 81 in titoli pubblici (pari all’ammontare delle emissioni nette del Tesoro nello stesso periodo). Dal lato delle attività, gli investimenti netti in titoli esteri di portafoglio da parte dei residenti sono aumentati di 27 miliardi. La raccolta netta all’estero delle banche italiane è diminuita di 63 miliardi”.

GRAZIE, SPREAD

C’è un’altra buona notizia contenuta nel documento di Bankitalia. Lo spread, sceso ai livelli pre-governo Lega-M5S ha finalmente fatto sentire i suoi effetti sulle banche. “Tra marzo e giugno di quest’anno il livello medio di patrimonializzazione è migliorato, beneficiando prevalentemente del contributo della redditività nel periodo”. E il mantenimento del basso spread, che ha già provocato il calo del costo della raccolta delle banche italiane, “può sostenere la capacità degli istituti di credito di erogare prestiti. E questo perché la riduzione dei rendimenti sovrani si è tradotta in un calo significativo del costo della raccolta bancaria all’ingrosso, tornato sui livelli prevalenti all’inizio del 2018. Se il calo del costo della raccolta all’ingrosso fosse duraturo verrebbero rafforzate la possibilità di mantenere le condizioni del credito espansive e la capacità delle banche di erogare finanziamenti alla clientela”.

LA MANOVRA? BENINO

Un terzo “complimento” al governo giallorosso arriva proprio sulla manovra, da più parti tacciata di scarsa propensione alla crescita: su 30 miliardi, 23 sono per l’Iva, per la spinta all’economia ne rimangono solo 7. La manovra economica del governo è “leggermente espansiva”,  scelta questa legata alla necessità di contrastare i rischi che pesano sulla crescita. “Queste scelte di bilancio – sottolinea Via Nazionale – sono motivate da un quadro macroeconomico meno favorevole del previsto e da rischi al ribasso non trascurabili. I programmi del governo prefigurano un percorso di graduale discesa del peso del debito sull’economia”.

 

 

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