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Le elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo sono finite. Con una sconfitta dei due gruppi politici attualmente al governo in Europa (popolari e socialisti), che saranno costretti a trovare un alleato; una crescita significativa di liberali e verdi; un’ascesa (ma irrilevante per gli equilibri) dei partiti sovranisti.

In Italia la Lega raccoglie più di un terzo dei consensi, crolla il M5S, avanzano nettamente il PD e Fratelli d’Italia, si ridimensiona ulteriormente Forza Italia. L’affluenza, in controtendenza rispetto al resto d’Europa (dove aumenta, anche significativamente, in qualche caso), nel nostro paese continua inesorabilmente a scendere. Segno, a mio avviso, di una crescente disaffezione dei cittadini verso una classe politica (ma forse, più in generale, verso una classe dirigente) incapace di rispondere davvero alle loro esigenze. Non a caso il primo partito è la Lega, che si appella agli istinti/bisogni più primordiali per raccogliere consensi.

Questo quadro induce a qualche considerazione a caldo, che svolgerò per punti.

La strategia di Macron, che qualche commentatore ha giudicato sconfitta dalle elezioni, esce rafforzata dal voto europeo. È una strategia, infatti, che è possibile portare avanti solo a livello europeo, non tanto nazionale, e il ruolo cruciale del suo gruppo (l’ALDE) nel nuovo Parlamento può paradossalmente agevolare questo obiettivo: portare nell’agenda delle nuove istituzioni europee una genuina riforma della UE in senso sovranazionale.

Naturalmente è possibile coinvolgere i verdi nell’alleanza di governo europeo con popolari e socialisti; ma crediamo che sarebbe una pessima idea. Sia Merkel che Macron potrebbero aver bisogno di un cuscinetto a livello nazionale (dove i verdi hanno avuto larghi consensi) nel caso una strategia comune dovesse risultare perdente in Europa: potrebbero insomma giocare il ruolo di un’opposizione che altrimenti confluirebbe sui partiti sovranisti e di estrema destra.

La situazione in UK è sempre più critica. Si profila sempre più minacciosa all’orizzonte un’hard Brexit.

L’Italia, con una maggioranza di governo sempre più marginale negli equilibri europei, non sarà in grado di giocare alcun ruolo sui tavoli negoziali che pure ci riguardano così da vicino: riforma di Dublino sui flussi migratori, riforma della governance economica europea, difesa europea, etc. Il che acuirà il distacco dei cittadini italiani dalle istituzioni europee, favorendo così ulteriormente la narrazione anti-europea della Lega (che il M5S ha colpevolmente ed ingenuamente contribuito ad alimentare) e il consenso a suo favore, in una spirale che rischia di essere drammatica per le sorti future dell’Italia. Insomma, un’Italia sovranista che rischia di perdere ulteriori spazi di sovranità.

Dovessi azzardare un auspicio, suggerirei in Europa un’alleanza a tre (popolari, socialisti, liberali) con un progetto coraggioso ed ambizioso di riforma dell’UE, magari affidando la Commissione alla Verstager (per rispettare il mandato dei cittadini nella logica degli Spitzenkanidaten), in fondo estremamente moderata; e giocando una partita complessiva sulle altre cariche istituzionali (Presidenza del Consiglio alla Merkel, Presidenza del Parlamento a Timmermans).

Domani è attesa una prima riunione del Consiglio. Vedremo se i maggiori gruppi politici europei avranno il coraggio di perseguire una coerente e coraggiosa strategia europea; o se rimarranno ancorati alle singole ansie elettorali nazionali.

Le anomalie italiane

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