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È tempo di nuove alleanze per la Lega di Matteo Salvini. Con le europee alle porte il segretario del Carroccio dovrà cimentarsi in un esercizio non banale per un sovranista: lasciare da parte per un attimo i nemici, e cercarsi gli amici, prima che lo faccia qualcun altro al posto suo. I grillini, impegnati in un’affannata ricerca di alleati europei che per ora ha dato magri, anzi magrissimi risultati, lo ripetono sempre con una vena di stizza: “Guardate che i sovranisti non esistono, sono un’accozzaglia”, ci raccontava a Strasburgo un eurodeputato.

E in fondo in questi sbuffi di gelosia c’è qualcosa di vero. I sovranisti, ammesso che esista la categoria, hanno il vento in poppa. Lo dicono i sondaggi. L’ultima rilevazione dell’Europarlamento dà Marine Le Pen in testa a Emmanuel Macron, la Lega lanciata verso il 32,4%, il Pis di Jaroslaw Kaczynski al 40%. I numeri però non bastano per un quadro completo. A questi movimenti tutti no-immigrazione (e qualcuno pure no-euro) manca infatti quello che i politologi sono soliti chiamare “potenziale di coalizione”. Per eleggere uomini di fiducia nei posti che contano, a partire dalla Commissione, servono ben altre cifre. Chi tenderà una mano alla squadra sovranista dentro all’Emiciclo?

In un’intervista di ottobre per Formiche.net, il presidente del Ppe Joseph Daul ci aveva messo una pietra tombale: “Un’alleanza con loro non è un’opzione”. Una voce autorevole della grande famiglia popolare che abbiamo sentito in vista della plenaria a Strasburgo ha voluto però ammorbidire le parole del presidente: “Ora come ora i Cinque Stelle sono visti come il male assoluto, ma con la Lega di Salvini si può parlare”. Insomma, al Parlamento europeo tutti, dall’usciere al presidente, tengono una porta aperta a un matrimonio post-voto fra popolari e sovranisti, ma nessuno si vuole ancora sbilanciare.

Diverso è il caso dei conservatori europei. L’Ecr (European Conservatives and Reformists) è il terzo gruppo all’Europarlamento, condivide il podio con popolari e socialisti. Da tempo il polo conservatore lancia segnali d’amore ai nuovi, agguerriti movimenti sovranisti pronti a fare incetta di voti alle elezioni di maggio. Lo scorso 9 gennaio un incontro fra il polacco Kaczynski e Salvini a Varsavia ha rotto il ghiaccio. Giorgia Meloni, a lungo corteggiata da Raffaele Fitto, ha infine formalizzato l’adesione di Fratelli d’Italia al gruppo Ecr. Manca solo l’ufficialità, che sarà ratificata a Roma durante la riunione dei Conservatori europei venerdì prossimo.

Ora è il turno di Salvini. Messo da parte il rocambolesco progetto, cui nessuno crede più, di un’internazionale sovranista benedetta dall’americano Steve Bannon, il Carroccio valuta un’alleanza con il mondo conservatore. Non sono poche le divergenze emerse a Varsavia. Russofilia, no-euro e lepenismo non trovano spazio facilmente fra le fila dei conservatori. Solo un dossier può accorciare le distanze e trovare sulla stessa linea d’onda i sovranisti e il “vecchio” partito conservatore: l’immigrazione.

“Questo è il vero terreno su cui si giocheranno le europee di maggio. La chiusura dei porti da parte del governo italiano è stato un gesto di grande coraggio che mette l’Europa di fronte a un problema che non ha voluto risolvere”. Parola di Anders Vistisen. Eurodeputato danese di 31 anni, è da tutti considerato la promessa dell’Ecr, nelle cui fila milita fin dall’adolescenza. Oggi è vicepresidente della Commissione Affari Esteri del Parlamento Ue, e ci sorride seduto nel bar dei deputati a Strasburgo, con lo sguardo già alle urne. “Accusano Salvini di violare i diritti umani, ma i primi a violarli sono gli schiavisti che lucrano sulla tratta di queste persone e le consegnano alle coste italiane in condizioni disumane”. La linea dura sull’immigrazione, spiega Vistisen a Formiche.net, è un esempio per i conservatori. “L’equazione non è difficile: più persone sono accolte, più partono, più muoiono. Questo purtroppo le ong del Mediterraneo non vogliono capirlo”. Anzi, sul tema i deputati dell’Ecr sono anche più pasdaran dei leghisti: “Chiudere i porti è una soluzione temporanea che non ferma la pressione migratoria dal Sud. Noi siamo a favore dell’adozione del modello australiano”.

Ecco allora il terreno di incontro che può far dimenticare qualche sbandata filo-putiniana e andare a braccetto alle europee. Un’ipotesi che fa gola e non poco ai conservatori, che se la Brexit andasse in porto perderebbero un numerosissimo manipolo di Tories. “Salvini ha messo l’Europa di fronte a un problema che non ha saputo e voluto risolvere. La Meloni si è già unita a noi, speriamo lo faccia anche lui. So che nelle prossime settimane ci saranno altri incontri”. Poco importa se così salta il piano di Silvio Berlusconi, che si è appena proposto come gran federatore di popolari e sovranisti. “Con tutto il rispetto – chiude il danese – sento cosa si dice qui al Parlamento e posso dirvi che il Ppe non considera più Berlusconi come un interlocutore decisivo”.

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