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Tanto tuonò che piovve: si può riassumere così l’annuncio della cancellazione del quadrireattore A380 dato ieri mattina alle 6 da Airbus, poche ore prima della pubblicazione dei risultati annuali. La decisione era talmente attesa che si può dire che la vera notizia sia il ritardo con cui il gruppo ha preso atto dell’insuccesso commerciale del suo aereo più grande.

Al di là di numeri e cifre, la cancellazione è una mazzata per le ambizioni e l’autorappresentazione del gruppo franco-tedesco, che nell’aereo gigante vedeva una sfida aperta agli Usa e alla sua industria, al punto da ignorare le profonde trasformazioni innescate nel trasporto aereo dall’arrivo dei bireattori a lungo raggio come i Boeing 767 e 777. Gli americani, che già costruivano il quadrimotore 747, decisero di limitarsi ad aggiornarlo. Gli europei, che volevano sfidarli anche sul piano dell’immagine, lanciarono l’A380, alla cui base stavano un modello di traffico hub and spoke (poche grandi rotte, alimentate da tante secondarie) e l’idea che per servire le megalopoli asiatiche servissero megaplani. Mentre i due concorrenti sviluppavano (o aggiornavano) le proprie macchine, il mercato andava verso la frammentazione: rotte dirette, senza scalo, da servire con macchine di media capacità e, semmai, alte frequenze.

L’A380 ebbe vita dura fin dall’inizio, prima per motivi tecnici legati al cattivo coordinamento tra Tolosa e Amburgo, poi all’uscita di Bae Systems terrorizzata dai costi, quindi dalla cancellazione della versione cargo (che invece contribuiva a tenere in vita il Boeing 747). Le previsioni economiche peggiorarono di pari passo con le difficoltà del programma: fino al 2005 Airbus stimava il punto di pareggio a 270 aerei, saliti a 420 dopo la crisi del 2006 e a 450 nel 2012.

Secondo Airbus, la cancellazione peserà per 463 milioni di euro sull’utile lordo 2018 ma avrà un impatto positivo di 177 milioni su un imprecisato “altro risultato finanziario”. Oltre che per l’importo, l’anno di imputazione è un’implicita ammissione del fatto che la decisione sia stata presa molte settimane fa, rinviando l’annuncio per stemperarlo tra le notizie buone di altri settori del gruppo. La decisione impatterà la filiera produttiva, compresa la Divisione Aerostrutture di Leonardo, che partecipava al programma con una quota del 4% costruendo un’ampia parte della sezione centrale nello stabilimento di Nola.

Con la fine dell’A380, l’intera famiglia Airbus sarà costituita da bireattori, certificando l’errore di aver voluto inseguire il sogno del quadrimotore di linea quando il mercato e la tecnologia ne avevano già decretata la fine. La prima vittima fu l’A340, che fece il primo volo nel 1991 e uscì di produzione nel 2011, dopo vent’anni e 380 esemplari (di cui 377 per le compagnie aeree, compreso il famosissimo A340-600 “Air Force Renzi”). All’A380 è andata ancora peggio: tra il primo volo nel 2005 e la consegna del 248° e ultimo saranno passati appena 16 anni. Le previsioni sull’arco di programma erano di 751 macchine in 35 anni.

A proposito di quadrimotori: resta in in produzione il quadriturboelica da trasporto militare A400M Grizzly, ma pesa sui risultati per 436 milioni. “Ciò rispecchia soprattutto – scrive Airbus – il risultato delle trattative e delle stime aggiornate dello scenario di esportazione, della crescita e di alcuni aumenti costo. Restano rischi legati allo sviluppo delle capacità tecniche e relativi costi, all’assicurarsi per tempo ordini sufficienti, all’affidabilità operativa dei velivoli in particolare in relazione ai motori e alle riduzioni di costo come da linea base rivista”.

Nelle ultime due settimane Qantas aveva cancellato un vecchio ordine di otto A380 già più volte rimandato e – come si legge su Air Press 97 – Airbus aveva ammesso l’esistenza di “discussioni per rinegoziare il contratto con Emirates che ne tiene aperta la linea di produzione”. Appena l’8 febbraio la rivista americana Aviation Week invitava Airbus a chiudere il programma. A staccare la spina è stata Emirates, la compagnia mediorientale che aveva ordinato 213 dei 313 A380 venduti e che ha deciso di passare ai bimotori A330Neo (40) e A350XWB (30). Per farlo, ha cancellato 39 dei 53 quadrimotori che doveva ancora ricevere. Tanto è bastato: per tenere aperta la linea del gigante dell’aria non bastano certo i tre aerei per Air Accord, i tre per All Nippon e i venti per il lessor Amedeo, che peraltro dal 2014 non è riuscita a piazzarne neppure un esemplare ai clienti.

L’ultimo A380 uscirà dalla linea di montaggio di Tolosa nel 2021, riconsegnando al rivale Boeing 747 il titolo di aereo commerciale più grande del mondo ancora in produzione. Il 9 febbraio 2019 La regina dei cieli, come gli americani chiamano il “Jumbo jet”, ha festeggiato il 50° compleanno con 1.572 esemplari venduti, dei quali 24 ancora da consegnare.

Airbus, addio al gigante. E alla grandeur?

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