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Mentre Francia e Germania rafforzano l’alleanza, l’Europa è in crisi, e gli Stati Uniti di Donald Trump continuano a mostrare una certa imprevedibilità. Nel frattempo, Russia e Cina non arrestano le rispettive ambizioni di leadership globale, con l’Africa che emerge quale rinnovata frontiera di competizione. E l’Italia? Per il nostro Paese, forse troppo spesso impegnato solo nel dibattito interno, è il momento di ripensare la propria proiezione strategica. Una convinzione di fondo è imprescindibile: occorre partire dei valori della nostra politica estera; occorre partire dell’euro-atlantismo. È quanto emerso dal dibattito su “Prospettive atlantiche: quale ruolo per l’Italia tra Europa e Stati Uniti?”, organizzato a Roma, alla Camera, dall’Associazione culturale Europa Atlantica e Formiche.

IL DIBATTITO

Moderati dal direttore della Comunicazione di Europa Atlantica Alberto Castelvecchi, sono intervenuti il vice presidente della Camera Mara Carfagna, il deputato già ministro dell’Interno Marco Minniti, il consigliere di amministrazione del Centro Studi Americani Paolo Messa, l’esperto e analista Germano Dottori e il presidente di Europa Atlantica Andrea Manciulli. L’evento è stato anche una giusta occasione per presentare il blog europaatlantica.it, e le attività editoriali nate in partnership tra l’omonima associazione e Formiche, al fine di “promuovere idee, proposte, commenti dedicati alla politica internazionale e alle relazioni transatlantiche, nonché al ruolo che l’Italia può continuare a svolgere nella Nato e in Europa”.

L’AMBIZIONE ITALIANA

“L’Italia dovrebbe avere l’ambizione di giocare un ruolo attivo e non rinunciatario sullo scacchiere internazionale”, ha detto Mara Carfagna aprendo i lavori. Lo può fare nei binari di una collocazione geopolitica “che è chiara, o almeno dovrebbe esserlo: l’appartenenza all’Unione europea e all’Alleanza Atlantica”. Si tratta, ha rimarcato la vice presidente della Camera, “di una scelta di campo che determina una condivisione di valori”, e che si ripercuote su tante dinamiche di politica estera e di difesa. Ne sono un esempio i dossier più recenti, a partire “dalle interferenze assai discutibili in Paesi amici e alleati e dalla neutralità sul Venezuela che ha rotto la solidarietà tra le libere democrazie”, ha rimarcato con riferimento ai due temi che hanno fatto più discutere nelle ultime settimana.

RINNOVARE UE E NATO

D’altra parte, è inevitabile un ripensamento dell’Unione europea e della Nato, soprattutto alla luce di una consapevolezza: “Il baricentro globale non risiede più in Europa o tra le due sponde dell’Atlantico”. Su questo, ha spiegato Carfagna, non influisce solo la centralità mediorientale, ma anche le ormai note ambizioni di leadership mondiale di Russia e Cina. Così, se all’Ue è richiesto di superare “le odierne tendenze all’isolazionismo di piccole Patrie” attraverso “una scelta di responsabilità di ogni singolo Stato membro”, anche la Nato deve ripensarsi. L’Alleanza Atlantica, ha notato la vice presidente di Montecitorio, deve “essere uno strumento in cui i Paesi del mondo libero si proteggono l’un l’altro”, con le insoddisfazioni americane per il budget che “sono un importante segnale in questa direzione”. Prerequisito è “un’Europa più autosufficiente in termini di sicurezza strategica”. Da parte sua, l’Italia deve tornare a essere “facilitatore della tenuta dell’asse euro atlantico”.

LA NUOVA COMPLESSITA’ INTERNAZIONALE

Un’ambizione credibile anche per Paolo Messa, a condizione che il Paese “aumenti il livello di consapevolezza e di dibattito” sui temi della politica internazionale, compresi i dossier relativi a 5G (“e i rapporti con i Paesi orientali”) e alla “prospettiva immaginifica dell’Eurasia” che si è diffusa negli ultimi tempi. Come inizio, si può partire “dal tradizionale posizionamento dell’Italia: dentro l’Europa e dentro l’Alleanza Atlantica”, con una convinzione ancora più forte vista la complessità degli odierni scenari. La rivoluzione tecnologica ha infatti prodotto “una realtà che fino ad oggi non era neanche immaginabile”, ha aggiunto Messa ricordando le accuse di interferenze russe nel processo elettorale americano.

TRA EUROPEA E STATI UNITI

Tutto questo alimenta l’imprevedibilità del contesto internazionale, a fronte della quale l’Europa appare più che mai divisa. Il trattato di Aquisgrana siglato meno di un mese fa da Angela Merkel ed Emmanuel Macron sarebbe secondo Germano Dottori proprio il segnale che nel Vecchio continente è tornata “la competizione per capire chi comanda”. Tra l’altro, con il rafforzamento del partenariato tra Berlino e Parigi, per l’Italia “si è ridotto lo spazio di manovra in ambito europeo”, ragion per cui per l’Italia “gli Stati Uniti sono tanto importanti e la Nato rappresenta un interesse strategico nazionale”. Proprio dall’alleato d’oltreoceano è d’altra parte arrivata la storica spinta all’integrazione europea. E questo vale anche oggi, ha ricordato Dottori: “L’Europa o è atlantica, o non è”.

“EUROPA ATLANTICA”

Un’affermazione sposata da Andrea Manciulli, che non a caso ha dato alla nuova associazione culturale il nome di “Europa Atlantica”. L’obiettivo, ha spiegato, “è mettere insieme persone diverse che condividono la volontà di cimentarsi sui valori euro-atlantici con la volontà di trasferirli alle nuove generazioni”. È questo “un impegno civile”, volto a rispolverare “i valori di fondo che animano l’impegno politico e il senso delle istituzioni”. In tale prospettiva, “la Nato non è una cosa burocratica, ma un sistema di valori della democrazia e della libertà”. Perciò, la collocazione euro-atlantica non dovrebbe avere colori politici: “Se su questo si perde il senso pedagogico della politica – ha rimarcato Manciulli – si corre il rischio di smarrire la Nazione”.

PER UNA STRATEGIA NAZIONALE

Sono “princìpi da non smarrire” anche secondo Marco Minniti, che ha ribadito l’invito all’Italia “a muoversi nell’attuale complessità avendo un preciso orientamento, quello di essere un Paese convintamente europeo e convintamente atlantico”. Solo così potrà avere un ruolo maggiore, anche nell’esigenza di spingere l’Europa a occuparsi della sua “nuova frontiera: l’Africa”. Nel continente, ha spiegato l’ex ministro dell’Interno, si giocheranno tre partite decisive per il Vecchio continente. Primo, quella de “flussi demografici”, con trend che non possono non essere tenuti in considerazione nell’affrontare il dossier migratorio. Secondo, quella della sicurezza, con il rischio che in Africa si creino “safe havens” per il terrorismo internazionale di matrice islamica. Terzo, infine, “la partita delle materie prime, legate sia alle risorse energetiche, sia alle nuove tecnologie”. Su questo l’Italia dovrà puntare con decisione, cercando anche di “coinvolgere maggiormente gli Stati Uniti nel Mediterraneo”. Prima di tutto però, “dobbiamo definire le linee strategiche della nostra azione; ricordando che (ha detto citando Sun Tzu, ndr) la tattica senza strategia è il rumore di fondo della sconfitta”.

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