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Ricerca e impresa devono camminare insieme se si vuole stare al passo coi tempi e schivare il declino. Senza formazione non c’è sviluppo e non c’è benessere. E sono proprio le grandi aziende, quelle al servizio del Paese, a dover battere la strada, con un occhio bene aperto su quei Paesi che più di tutti hanno bisogno di buona formazione per avere una chance per il futuro. Un esempio su tutti, l’Africa. Questa la chiave di lettura che ha accompagnato la presentazione del nuovo comitato scientifico della Fondazione Enel, il motore della formazione e della ricerca del gruppo elettrico, tenutasi presso il Palazzo della Cancelleria, a Roma. Una realtà che con il rinnovo del comitato ha rafforzato il suo ruolo di hub di ricerca e formazione nel settore energetico, valorizzando la sua proiezione internazionale e consolidando le relazioni con mondo accademico, enti di ricerca, imprese e istituzioni.

Oltre al padrone di casa, l’amministratore delegato di Enel, Flavio Cattaneo, nella grande Sala dei Cento giorni, affrescata dal Vasari, si sono confrontati sul tema, moderati da Antonio Polito, Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri, Laura Cozzi, director sustainability, technology and outlooks della Iea e presidente del Comitato Scientifico di Enel Foundation, Lorenzo Ortona, coordinatore vicario della struttura di missione per il Piano Mattei e Gianni Vittorio Armani, direttore Enel Grids and Innovation e consigliere delegato di Enel Foundation. Tra i presenti anche il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Paolo Barelli e i deputati azzurri Alessandro Cattaneo e Luca Squeri.

I membri del nuovo comitato, quindici membri in tutto, sono Francesco Billari, Rettore dell’Università Bocconi di Milano, Paolo Boccardelli, Rettore dell’Università Luiss, Stefano Corgnati, Rettore del Politecnico di Torino, Manlio Coviello, Pontificia Universidad Católica de Chile, Izael Pereira Da Silva, Strathmore University, Kenya, Michael Mehling, vice direttore del Center for Energy and Environmental Policy Research presso il Mit, Carlos Nobre, Università di São Paulo, Ignazio Perez Arriaga, Universidad Pontificia Comillas, Valentina Petrone, Head of Global Services Positioning and Transformation Office, Enel, Nicola Rossi, Head of Innovation, Enel, Donatella Sciuto, Rettrice del Politecnico di Milano, Gauri Singh, Deputy Director-General International Renewable Energy Agency, Robert N. Stavins, Harvard Kennedy School, Helen Watts, direttrice di Student Energy.

Il senso dei lavori lo ha dato lo stesso Cattaneo. “Il cambio del comitato scientifico è un passo molto importante, che certifica come il connubio tra impresa e ricerca sia oggi un qualcosa di fondamentale”, ha premesso il manager. “Coniugare le due cose è fondamentale, non solo per Enel ma per la società nella sua interezza. Tutte le innovazioni, non dobbiamo mai dimenticarlo, partono da una scoperta scientifica e tutte le imprese che hanno basato il loro business sulle innovazioni sono cresciute. Ricerca accademica e impresa e saper unire le due forze, oggi fanno la differenza. Fondazione Enel, faccio un esempio, non solo fa questo lavoro ma partecipa al piano Mattei e ha fatto partire in Marocco due corsi di formazione, con più di 1.500 richieste per le due edizioni, una domanda importante. Purtroppo, oggi, non tutti oggi in Italia vogliono fare un mestiere tecnico, l’operaio non è più quello di una volta. Questo dà ancora più centralità alla formazione”.

Armani ha invece messo al centro la necessità di adattarsi ai cambiamenti globali in atto, facendone tesoro. “In un contesto profondamente cambiato come quello di oggi, è necessario un approccio completamente diverso. Pensiamo al cambiamento climatico, una volta doveva essere prevenuto, invece oggi bisogna conviverci per forza di cose. Nel mondo dell’energia questo concetto è ancora più forte e tutto passa per la condivisione die punti di vista, tra mondo accademico, imprese e ricerca scientifica. Enel può fare molto, essendo una grande azienda, può avere una visione più complessiva da mettere a sistema, forte di una organizzazione che con rigore porta intorno a un tavolo persone di estrazione e formazione diversa”, ha spiegato Armani. Il quale ha poi toccato il delicato tema della transizione energetica.

“L’impressione oggi è che la transizione sia stata per l’Europa un investimento oneroso. E alla fine la percezione è che sia stato tutto sbagliato. In realtà oggi sappiamo che gli investimenti fatti 15 anni fa danno il loro rendimento. Attenzione, con questo non voglio dire che abbiamo trovato la soluzione, però possiamo lavorare su delle buone idee per la condivisione dello sviluppo e delle tecnologie. Sappiamo tutti che le rinnovabili da sole non bastano e che l’Europa è povera di energia. E proprio da questo dobbiamo partire per una buona transizione, trovare il miglior mix energetico possibile”.

Il dibattito ha poi virato sull’Africa e il Piano Mattei, ovvero su come fare della formazione la pietra angolare dello sviluppo di tutti quei Paesi dotati di grandi potenzialità ma senza una mappa. Qui il discorso è inevitabilmente caduto sull’ambiziosa strategia italiana per l’Africa, su cui Enel è in prima linea: dai corsi manageriali sulla transizione energetica e le fonti rinnovabili, attivati in Marocco in collaborazione con la Fondazione RES4Africa e l’Università Mohammed VI, che hanno già registrato oltre mille partecipanti, all’apertura di due nuovi centri di formazione in Kenya e Sudafrica. In questa cornice, ha spiegato la stessa Enel, assume particolare rilievo anche il progetto wAtt-Boost in collaborazione con RES4Africa, Strathmore University e con il contributo di Irena, che mira a sostenere lo sviluppo dell’imprenditoria africana nel settore delle energie rinnovabili, accompagnando la crescita di startup locali nel campo della transizione energetica.

Un continente, ha tenuto a precisare Cozzi, “fondamentale per l’Europa, così come l’Europa è fondamentale per esso. Eppure la strada è ancora lunga: oggi l’Africa rappresenta il 20% della popolazione mondiale, eppure gli investimenti verso questo continente sono ancora dell’ordine del 2-3%. Direi che è troppo poco”. Da qui alla centralità del Piano Mattei, il passo è stato breve.

Come ha spiegato lo stesso Ortona, “il Piano Mattei è stato lanciato da un anno e mezzo, partendo da presupposto che oggi l’Africa è un’opportunità per l’Europa, e viceversa. La formazione per il Piano Mattei è è centrale, la Fondazione Enel rappresenta la cerniera tra mondo privato, mondo delle imprese e persone. Per questo i corsi, cito l’esempio del Marocco, è rappresentano oggi il senso di questa missione: portare la formazione, la competenza, la conoscenza in tutti quei Paesi in via di sviluppo. La decisione di puntare sul Marocco, vista e considerata anche la grande domanda che c’è stata, è stata importante anche perché ha resto quel Paese migliore, più avanzato. Un esempio su cui costruire tutte prossime forme di collaborazione tra Europa e Africa”.

Un concetto fatto suo anche da Federico Mollicone, presidente della commissione Cultura della Camera. “Enel è un polo strategico nella formazione nazionale ed energia vuol dire da sempre ricerca scientifica. Premesso questo, il Piano Mattei rappresenta una indubbia occasione per la collaborazione scientifica tra Paesi sviluppati e non. Progetti accademici e accordi sono la chiave di volta per il futuro dell’Africa. Un dato su tutti: oggi oltre 13 mila studenti africani frequentano corsi in Italia”. Andando poi oltre l’Africa, la Fondazione affronterà il tema delle competenze necessarie alla transizione, anche raccogliendo le sfide poste dallo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale. Di più: un altro tema oggetto di studio sarà la resilienza delle reti e l’adattamento ai cambiamenti climatici, con particolare focus su alcune aree geografiche più esposte, come il Sudamerica.

Tornando ai relatori, le conclusioni sono state affidate al ministro Tajani, che ha tratteggiato il valore intrinseco della formazione, quale sale della crescita. “L’impegno dell’Italia per il Piano Mattei è fortemente orientato verso lo sviluppo sostenibile, la crescita reciproca e la stabilizzazione regionale, con un focus particolare sull’Africa. L’Italia, attraverso il Piano, mira a promuovere partenariati su misura che rispondano alle esigenze specifiche dei Paesi africani, con particolare attenzione alla creazione di opportunità nei settori dell’energia, della salute, delle infrastrutture e della ricerca.” Di qui, il riferimento al ruolo della formazione e della Fondazione Enel. “L’Africa, sebbene ricca di risorse, non sempre riesce a sfruttarle appieno per il beneficio delle sue popolazioni. Il Piano Mattei, quindi, si propone di favorire investimenti sostenibili, migliorare le condizioni di vita, specialmente in ambito sanitario ed educativo, e sostenere la crescita economica, con l’obiettivo di rendere il continente ricco anche per i propri cittadini”.

Piano Mattei, AI e clima. La spinta della Fondazione Enel

Al Palazzo della Cancelleria presentato con Antonio Tajani, Lorenzo Ortona, Gianni Vittorio Armani e Flavio Cattaneo il nuovo comitato scientifico dell’hub per la ricerca e l’educazione del gruppo elettrico. Africa e Piano Mattei al centro, per dare al continente quella autonomia di cui non può più fare a meno. E all’Europa una chance per la competitività

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