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La spesa militare indiana è destinata a crescere sensibilmente nei prossimi anni, con effetti geopolitici e industriali di rilievo. Si stima che nel 2025 il bilancio della difesa indiana raggiungerà i 90 miliardi di dollari, consolidando il Paese come terzo acquirente mondiale di armamenti dopo Stati Uniti e Cina. Questa dinamica rappresenta un’opportunità non solo per Washington, ma anche per le industrie europee che sapranno intercettare le nuove esigenze di Nuova Delhi.

A confermare la traiettoria è la visita del ministro degli Esteri indiano S. Jaishankar al Pentagono pochi giorni fa, dove ha incontrato il segretario alla Difesa Pete Hegseth. L’incontro ha sancito la volontà di rafforzare la cooperazione bilaterale con un accordo decennale di cooperazione difensiva: interoperabilità, esercitazioni congiunte, sviluppo industriale condiviso e co-produzione sono i pilastri di questo piano, che si inquadra perfettamente nella strategia americana di contenimento della Cina nella regione indo-pacifica.

Un alleato per bilanciare Pechino

Washington considera l’India un partner fondamentale per il “balancing act” in Asia. La linea Trump è chiara: rafforzare l’India per contrastare la crescente proiezione cinese, non solo nel Mar Cinese Meridionale ma anche nell’Oceano Indiano. Non è un caso che il Pentagono abbia accelerato i negoziati per offrire a Nuova Delhi tecnologie avanzate, fino a prospettare, entro pochi anni, l’export degli F-35, con cui l’India potrebbe progressivamente sostituire la flotta russa di Sukhoi e MiG.

La strategia va però oltre la mera vendita di sistemi: il programma Trust e il partenariato Compact puntano a integrare l’industria indiana nelle filiere tecnologiche occidentali, allontanandola dal retaggio sovietico-russo.

La progressiva sostituzione della Russia

L’India è stata per decenni il principale cliente dell’industria militare russa: tra il 2009 e il 2013 il 76% delle importazioni militari indiane veniva da Mosca, una quota scesa al 62% nel 2013-2018 e oggi ridotta al 36%, secondo i dati Sipri. Nonostante ciò, circa il 60% dell’inventario militare indiano – aerei, mezzi terrestri, piattaforme navali – resta di fabbricazione russa o sovietica, rendendo la sostituzione un processo lungo e complesso.

Ma l’India ha già avviato una diversificazione decisa: Francia, Israele e Stati Uniti si contendono quote crescenti del mercato, mentre Nuova Delhi investe fortemente sulla propria produzione domestica nell’ambito del programma “Make in India”, con un output nel 2023-24 pari a 14,8 miliardi di dollari, in crescita del 60% rispetto a soli tre anni prima.

Un’opportunità per l’Europa

In questo quadro, l’Europa ha tutto l’interesse a posizionarsi come fornitore affidabile. La crescente domanda indiana non potrà essere soddisfatta solo dagli Stati Uniti: dai sistemi navali alle tecnologie cyber, dai radar agli elicotteri, vi sono margini reali per una partecipazione europea, sia sul piano industriale sia nella logica di co-produzione locale, condizione ormai quasi obbligata per il mercato indiano.

Il rilancio della spesa militare indiana è dunque uno snodo strategico: per gli Stati Uniti rappresenta una carta fondamentale nel contenimento della Cina e nella sostituzione della Russia come fornitore chiave; per l’Europa può essere una straordinaria occasione industriale, a condizione di muoversi con velocità e pragmatismo.

La produzione militare come leva geopolitica

Tutto ciò richiama un dato semplice ma spesso dimenticato nel dibattito europeo: le produzioni militari sono un elemento essenziale delle relazioni geopolitiche. In Europa troppo spesso si parla a vanvera di diplomazia e di strategia globale senza comprendere che vendere, produrre e co-produrre armi è parte integrante del gioco internazionale. E chi non partecipa a questo gioco, semplicemente lo subisce.

La spesa militare indiana cresce e sceglie “made in Usa”. Opportunità per l’Europa (se lo capisce)

Il rilancio della spesa militare indiana è uno snodo strategico: per gli Stati Uniti rappresenta una carta fondamentale nel contenimento della Cina e nella sostituzione della Russia come fornitore chiave; per l’Europa può essere una straordinaria occasione industriale, a condizione di muoversi con velocità e pragmatismo

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