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È noto che per la buona politica l’arte del governare si misura attraverso gli atti compiuti. Le opere realizzate materialmente, le leggi varate in modo definitivo e la loro positiva ricaduta sulla vita del popolo ne sono la vera prova. Oggi, invece, l’incertezza regna al di sopra di tutti e di tutto, nonostante l’uso di pannicelli caldi, più figli della propaganda che di una idea coerente di governo del Paese.

Il costruito entusiasmo parolaio, esasperato e parossistico, comunicato attraverso i media è quindi fuori luogo se mancano gli elementi essenziali. I nostri governanti si agitano con logorrea fastidiosa, monotona, ripetitiva per annunciare successi, svolte, cambiamenti di verso, senza che vi siano effetti concreti sul miglioramento del bene comune. È purtroppo ciò che è avvenuto da quando Berlusconi arrivò a Palazzo Chigi, inaugurando uno stile poco noto sino a qualche anno prima: usare sofismi per imbonire la gente, e in tal modo restare sulla cresta dell’onda. I suoi successori non sono stati da meno, avendo studiato bene la tecnica.

Gli italiani però hanno capito il senso del copione, e manifestano insofferenza e fastidio, nell’ascoltare questi improvvisati allievi di partito di provincia che recitano con aria tronfia, talvolta spavalda, la filastrocca che ormai la ripresa è iniziata, che l’Italia ha cambiato verso: il 2019 sarà l’anno del boom, la disoccupazione è in calo e tutta la litania che ne consegue. A costoro va, invece, ricordato con toni estremamente pacati che nell’industria fioccano cassa integrazione e licenziamenti; l’agricoltura di buona parte del Mezzogiorno è in gravi difficoltà dopo i disastri climatici; che una discreta fetta dei dipendenti dello Stato è senza contratto da otto anni; che le regioni e i comuni stanno vivendo una vita difficile per i tagli del governo, al punto che servizi essenziali ai cittadini non possono essere più garantiti. E il governo ancora continua a ridurre i finanziamenti, soprattutto nelle regioni meridionali.

Al Sud la gente non ha i soldi per curare la propria salute e quella dei familiari; la disoccupazione è in caduta libera, per giovani e adulti. L’unico lavoro che si riesce ancora a recuperare è quello nero o sporco che offre la malavita. E si insiste nel parlare di autonomia differenziata delle regioni del Nord, per rendere il Sud sempre più povero. Nel contempo ci si esalta per il reddito di cittadinanza e per la quota 100 per i pensionati, sperando in tal modo di coprire il vuoto dell’inazione di governo, che cerca di affidarsi alle incerte misure clientelari, che ancora non si sa che esito avranno, per rastrellare voti in prossimità delle elezioni europee di primavera.

Agostino Depretis e Giovanni Giolitti erano novizi del trasformismo al cospetto dei personaggi dell’attuale governo. I toni trionfalistici di Conte e Di Maio nel presentare la card del RDC sono inutili, non servono, perché la gente è molto più avveduta di quanto si possa credere. I conti in tasca li sa ancora fare. Come inutili sono i toni da tribuno di Salvini che crede davvero di aver bloccato i flussi migratori. Ci vuole molto di più per essere coalizione di governo, non bastano i toni alti o le rappresentazioni teatrali in palcoscenico per realizzare il bene comune, fine ultimo della buona politica.

Classe dirigente all’altezza, cultura, serietà, competenza, chiara visione di governo in politica estera e in quella interna. Sono solo opinioni di massima, che purtroppo non hanno un riscontro minimo nella realtà. A tutt’oggi.

l'italia, governo

I toni trionfalistici del governo su reddito di cittadinanza e flussi migratori sono inutili

È noto che per la buona politica l’arte del governare si misura attraverso gli atti compiuti. Le opere realizzate materialmente, le leggi varate in modo definitivo e la loro positiva ricaduta sulla vita del popolo ne sono la vera prova. Oggi, invece, l’incertezza regna al di sopra di tutti e di tutto, nonostante l’uso di pannicelli caldi, più figli della…

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