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Nei prossimi giorni a Washington arriverà la delegazione cinese guidata dal vicepremier Liu He per procedere con i colloqui commerciali con le controparti americane. Il fatto stesso che queste riunioni ci siano è un segnale positivo. Dopo la riapertura dei contatti – seguita alla cena presidenziale durante il G20 – si è infatti imposta una roadmap a step: la bontà di ogni incontro ne avrebbe permesso un successivo, e se ci troviamo qui è perché il round dei primi di gennaio è andato piuttosto bene.

Ma c’è una tempistica: tutto può procedere fino al 2 marzo, quando se non si troverà un accordo soddisfacente l’amministrazione Trump porterà dal 10 al 25 per cento le tariffe su 200 miliardi prodotti cinesi importanti dagli Stati Uniti.

Gli incontri di questi giorni sono di altissimo livello, dato che Liu ha ricevuto una delega molto profonda da parte del presidente Xi Jinping per quanto riguarda i dossier economico-commerciali. Ruolo riconosciuto dagli Stati Uniti, che manderanno lo staff di negoziazioni della Casa Bianca e il Tesoro – elementi che non sempre sono concordi sulla strategia, chi più falco chi più colomba (rumors: nelle prossime settimane potrebbe esserci un accordo sul campo commerciale per accontentare le colombe e con il quale i falchi potrebbero spingere con più forza su altri dossier del confronto globale con Pechino).

L’ultima volta che Liu andò a Washington incontrò anche il presidente Donald Trump nello Studio Ovale, era il maggio del 2018 e sembrava che una qualche soluzione alla trade war si fosse trovata. Ma non era così. Ora Liu deve dare una spinta a questo round di colloqui – che arrivano in una settimana che Bloomberg definisce “pivotal”  per l’economia mondiale – e mettere sul tavolo concessioni strutturali vere perché lasciare Washington senza qualche risultato positivo farebbe innervosire parecchio i mercati (cosa che la Cina non vuole).

Tuttavia, sostengono esperti del mondo cinese come Bill Bishop di Sinocism, è improbabile che ci sarà qualcosa di sorprendente, perché il cinese difficilmente avanzerà l’offerta migliore con l’ultimatum ancora così distante.

La visita di Liu è anche accompagnata da altre congiunture che interessano pesantemente l’economia americana e che potrebbero avere una certa influenza sulle direzioni dei colloqui. Per esempio, lunedì la Caterpillar (ditta dell’Illinois leader mondiale dei produttori di veicoli industriali) presenterà i risultati dell’ultima trimestrale dopo aver già annunciato che si sta togliendo di dosso l’effetto delle sanzioni. Dati positivi potrebbero essere incoraggianti per Washington, che già in passato ha avuto i numeri dalla propria parte nello scontro commerciale con la Cina.

Martedì sarà il turno di Apple e mercoledì e giovedì toccherà a Microsoft e Amazon mostrare le carte, da cui capire anche quanto è importante il peso reale dell’aumento delle tariffe cinesi. Mercoledì dovrebbe anche arrivare il dato definitivo sul Pil americano del 2018, ma forse il Bureau of Economic Analysis slitterà la pubblicazione perché molti dei dipendenti nei giorni passati non hanno potuto lavorare alla preparazione del report a causa dello shutdown.

Nello stesso giorno il dipartimento del Tesoro presenterà il primo piano trimestrale dell’anno sulla vendita di debito pubblico americano (di cui i cinesi sono i principali detentori) e la Fed diffonderà la prima decisione di politica monetaria del 2019 (che non dovrebbe prevedere aumenti dei tassi).

Giovedì, mentre Liu sarà ancora a Washington per la seconda giornata di negoziati, la Cina diffonderà i dati sull’indice manifatturiero di gennaio. Altri numeri fondamentali per capire di più se e quanto la seconda economia mondiale sia messa in difficoltà dai colpi commerciali americani – e le previsioni dicono che potrebbe essere indicata una contrazione.

Non bastasse, oggi il Wto ha annunciato di voler condurre un’inchiesta per capire se l’applicazione dei dazi americani è conforme con le regole dell’organizzazione internazionale per il commercio. Un altro elemento delicato che aleggia suo negoziati.

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