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Altro che Consiglio dei ministri, quella in programma oggi a Palazzo Chigi è una resa dei conti. Dal decreto crescita alla norma Salva-Roma passando per le tasse e il caso Siri, sono tante, troppe le mine da disinnescare per i gialloverdi. La tensione si taglia col coltello e la formula “salvo intese” questa volta potrebbe non bastare. È soprattutto la vicenda giudiziaria che vede il sottosegretario leghista alle Infrastrutture Armando Siri indagato per corruzione a pendere sul governo come una spada di Damocle. Di ora in ora si allarga la schiera dei grillini che chiede a gran voce le dimissioni del fedelissimo del Carroccio e parla di ultimatum.

Il primo a rompere il ghiaccio è stato il capo politico Luigi Di Maio, seguito subito da colonnelli come Nicola Morra, Francesco D’Uva, Primo Di Nicola, su Facebook l’immancabile Alessandro Di Battista. La Lega fa spallucce e con il suo segretario continua a far quadrato intorno a Siri, “parlarne come fosse una persona già condannata mi fa tremare i polsi” è la versione del ministro della Pubblica amministrazione Giulia Bongiorno. Per i pentastellati è questione di vita o di morte, corruzione è una parola chiave delle battaglie grilline della prima ora, mettere la testa sotto il tappeto non è un’opzione. “C’è solo una via di uscita: Siri deve fare autonomamente e coscienziosamente un passo indietro” ci spiega Gaetano Pedullà, direttore de La Notizia, già direttore de Il Tempo e profondo conoscitore di umori e malumori a Cinque Stelle.

E se non lo facesse?

Non ci sono alternative. Ho conosciuto Siri, mi sembra una persona con il senso delle istituzioni, credo vorrà togliere la Lega da una situazione di imbarazzo.

Giusto dimettersi anche se c’è solo un avviso di garanzia?

È il minimo, in qualunque Paese normale sarebbe già successo. Siri non è indagato per abuso di ufficio o per altre sviste istituzionali. È indagato per corruzione in un’inchiesta che coinvolge personaggi inquietanti come Vito Nicastri il re dell’eolico in Sicilia che ha a suo carico un sequestro della Guardia di Finanza di un miliardo e trecento milioni di euro e in passato ha facilitato la latitanza di Matteo Messina Denaro. La legalità è un tema strategico per i Cinque Stelle, questa inchiesta per loro è un non plus ultra.

E chi dovrebbe cacciarlo: Conte o Salvini?

Credo che oggi il presidente del Consiglio avrà da dire qualcosa in merito. Salvini ribadisce un mantra che ha ripetuto da quando è arrivato al Viminale, cioè che il governo andrà avanti fino alla fine, ma ho pochi dubbi che accetterebbe volentieri le dimissioni di Siri. Anche perché se questa è la posizione ufficiale, è anche vero che di ora in ora aumentano le provocazioni degli alleati. Come scrivo oggi nel mio editoriale, siamo tornati ai tempi della politica dalla lingua biforcuta, quella che predica bene e razzola male.

Insomma, sarà lo scoglio Siri a far inciampare il governo gialloverde?

La mia impressione è che questo governo andrà avanti, e che Lega e Cinque Stelle ne usciranno ancora una volta. Sarebbe folle buttar via i risultati che iniziano ad arrivare. In questi giorni i dati hanno comunicato un sottile reincremento della produzione e una ripartenza del Pil, e i gialloverdi ancora non hanno raccolto i frutti di risarcimento generazionale e rimborso sociale come Quota 100 e reddito di cittadinanza. Un governo che si blocca ora, con 50 miliardi di euro di clausole di salvaguardia, è un problema per l’Italia prima ancora per chi sta a Palazzo Chigi.

Sarà, ma sulla norma Salva-Roma le tensioni sono alle stelle. Anche quello è uno scoglio superabile?

Una formidabile arma di distrazione di massa. Un po’ come il post con il mitra di Luca Morisi, pensato e confezionato per spostare l’attenzione su altro.

Cioè?

Il Salva-Roma è un’operazione a costo zero che doveva essere fatta molto prima. Oggi lo Stato e il Campidoglio finanziano insieme con 500 milioni di euro a tassi di interesse intorno al 5%, quando sappiamo che i tassi di interesse medi a confronto sono valori millesimali. È un regalo alle banche inaccettabile, chi non si è mosso prima oggi dovrebbe rispondere di danno erariale.

I leghisti manderanno giù il boccone amaro?

La Lega sa benissimo che se non si risolve oggi il problema del debito, il fardello resterà per chi si candiderà a guidare la città alle prossime elezioniquesta magari proprio fra le fila del Carroccio. Lo ha ammesso con straordinaria onestà intellettuale Giorgia Meloni, che stando ai rumors non esclude una candidatura bis in futuro, il Comune deve poter rinegoziare i tassi di interesse con le banche.

Se rottura sarà, è in arrivo un governo tecnico?

Lo ritengo molto improbabile. Certo, l’idea ha un suo appeal perché un governo tecnico toglierebbe le castagne dal fuoco a questa maggioranza occupandosi di una manovra di lacrime e sangue per il 2020, ma ad oggi è fantascienza, non avrebbe i voti in parlamento. Certo, un anno fa ci sembrava fantascienza vedere insieme al governo Lega e Cinque Stelle, e invece…

Siri si dimetterà e il governo supererà anche questa. La versione di Pedullà

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