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Il consigliere per la sicurezza nazionale americano, John Bolton, si sta recando in Israele, per un incontro trilaterale con funzionari israeliani e russi. In particolare, Bolton discuterà delle attuali problematiche regionali con le sue controparti, Meri Ben-Shabbat e Nikolai Patrushev. Al centro dei colloqui dovrebbero trovarsi le recenti tensioni esplose tra Stati Uniti e Iran. Senza poi dimenticare il dossier siriano e il workshop economico del Bahrain, in cui – la settimana prossima – Washington dovrebbe iniziare a svelare alcuni elementi del piano di pace elaborato per porre fine al conflitto israeliano-palestinese. Inoltre, Bolton dovrebbe incontrare domattina il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Che comunque sarà l’Iran l’argomento centrale di questi colloqui è altamente probabile.

LA QUESTIONE DRONE

Gli incontri avvengono del resto a ridosso della crisi tra Washington e Teheran, scoppiata dopo che – giovedì – i pasdaran hanno rivendicato l’abbattimento di un drone americano. Netanyahu ha accolto nei giorni scorsi l’annuncio del summit come un evento “storico e senza precedenti”, nell’ottica di garantire “stabilità in Medio Oriente in tempi turbolenti”.

“Ciò che è importante in questo incontro trilaterale delle due superpotenze nello Stato di Israele – ha poi aggiunto il premier – è che attesta grandemente l’attuale posizione internazionale di Israele tra le nazioni”. La Russia, dal canto suo, ha fatto sapere giovedì scorso di voler guardare agli interessi di Teheran. In tal senso, Patrushev ha dichiarato: “L’Iran è in Siria su invito del governo legittimo ed è attivamente coinvolto nella lotta al terrorismo. Pertanto, ovviamente, dovremo prendere in considerazione gli interessi dell’Iran”.

IL RUOLO DI BOLTON

Insomma, le dinamiche in gioco non sono affatto poche. E il fatto stesso che sia Bolton a rappresentare gli Stati Uniti in questi colloqui ha un significato che va ben oltre la carica che ricopre. Non è del resto un mistero che l’attuale consigliere per la sicurezza nazionale americano risulti tra i profili attualmente più interventisti dalle parti di Washington. Dipendesse da lui, la Casa Bianca dovrebbe approvare un attacco militare diretto contro l’Iran, per abbattere il regime degli ayatollah.

Un approccio decisamente muscolare, rispetto a cui Trump sta tirando il freno a mano. Una divergenza di prospettiva che tocca anche Damasco: non dimentichiamo infatti che il presidente americano auspichi da tempo un ritiro delle truppe statunitensi dallo scacchiere siriano. Una linea di disimpegno non troppo condivisa da Bolton, che ha spesso invocato in passato un cambio di regime anche in Siria. Senza trascurare poi la freddezza che l’attuale consigliere americano ha sempre nutrito verso Mosca. Un fattore che potrebbe avere delle ripercussioni negative sugli incontri.

E QUELLO DI ISRAELE

Netanyahu, dal canto suo, sta tentando di ritagliarsi il ruolo diplomatico di grande mediatore nello scenario mediorientale. Una strategia che ha un duplice obiettivo: cercare di proteggersi dalla minaccia iraniana tramite la mediazione della Russia e rafforzare la propria posizione interna, in vista delle elezioni del prossimo settembre. Il premier israeliano, insomma, potrebbe contribuire al processo di distensione tra Washington e Mosca: processo auspicato tanto da Trump quanto da Putin. Un processo che trova tuttavia la ferrea opposizione di ampi settori dell’establishment americano. Ampi settori di cui è in sostanza portavoce lo stesso Bolton.

Ma l’ostilità dei falchi statunitensi non è certo l’unico ostacolo sul tavolo. Un altro elemento di divisione riguarda infatti le forti divergenze su Teheran. Se – come abbiamo accennato – il Cremlino continua a considerare la Repubblica Islamica un alleato da proteggere, Israele mantiene una postura molto più guardinga sulla questione. In secondo luogo, un altro fattore di attrito tra Israele e Russia potrebbe riguardare proprio Damasco. Netanyahu auspicherebbe infatti una rapida rimozione di tutte le forze straniere dal territorio siriano, per tornare alla situazione precedente al 2011. L’obiettivo principale del premier è quello di allontanare i gruppi armati vicini all’Iran e – in una prospettiva più a lungo termine – allentare possibilmente l’influenza geopolitica russa sulla regione. Si tratta di una linea delicatissima, rispetto a cui è tutt’altro che scontata la possibilità di arrivare a un compromesso con Putin.

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