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“È uno degli articoli più offensivi che abbiano mai scritto sul mio conto”. Non è piaciuto neanche un po’ al presidente degli Stati Uniti Donald Trump l’articolo con cui venerdì il New York Times ha rivelato un clamoroso retroscena sul caso Russiagate: quando Trump nel maggio 2017 ha licenziato l’allora direttore del Fbi James Comey, il Federal Bureau ha aperto un’indagine su una possibile collusione fra il presidente e il governo russo.

In un’intervista di venti minuti con Jeanine Pirro su Fox News il Tycoon ha preso di mira “The failing New York Times” per una ricostruzione dei fatti a suo dire falsa e di parte. La reprimenda è continuata in serata su twitter, cui Trump ha affidato una serie di cinguettii per screditare l’articolo del Times definendolo “una porcheria” per poi attaccare “il bugiardo” James Comey. “Tutti volevano licenziarlo, tanto i repubblicani quanto i democratici” ha tuonato il presidente. “L’Fbi era nella confusione totale per colpa della scarsa leadership di Comey e per il modo in cui ha gestito il casino della Clinton (senza menzionare la sua usurpazione del potere del Dipartimento di Giustizia). Il giorno in cui ho licenziato James Comey è stato un gran giorno per l’America”.

Un tweet dopo nel mirino sono finiti direttamente il procuratore Robert Mueller e il suo team investigativo di “13 democratici arrabbiati” definiti “macchine di fughe di notizie”. Questa Casa Bianca, ha concluso Trump rispolverando un mantra ripetuto spesso in questi due anni, “è stata molto più dura con la Russia di Obama, Bush e Clinton”.

In cosa consiste l’indagine svelata dal Times che tanto fa infuriare Trump? I fatti risalgono al maggio 2017, quando James Comey ha perso il suo posto a capo dell’Fbi. Il giorno in cui il direttore del Bureau ricevette la lettera di dimissioni l’Fbi aveva già avviato le indagini sulla presunta ostruzione di Trump nel caso di Michael Flynn, suo ex consigliere per la Sicurezza Nazionale indagato per aver colluso con il governo russo e più tardi, nel dicembre 2017, dichiaratosi colpevole davanti al Consiglio speciale di Robert Mueller per aver mentito all’Fbi. L’indagine di cui parla ora il Times però è di tutt’altra sostanza. Si tratterebbe infatti di un’indagine di controspionaggio, un’operazione solitamente volta a investigare le interferenze di un governo straniero e che raramente, a differenza delle indagini criminali, si conclude con un arresto.

Due secondo il Times le azioni del presidente che avrebbero innescato l’indagine, sulla cui opportunità si sta dividendo in questi giorni la comunità di intelligence americana. La prima risiede in una lettera composta da Trump assieme al suo consigliere Stephen Miller in cui il presidente ringraziava Comey per averlo avvisato più volte di non essere coinvolto nelle indagini dell’Fbi. La lettera non arrivò mai sulla scrivania di Comey grazie all’intervento del consigliere per la Casa Bianca Don McGahn, che la reputò controproducente. L’epistola finì comunque nelle mani del viceprocuratore generale Rod Rosestein, che modificò il contenuto per trasformarla in un documento adatto a giustificare pubblicamente l’allontanamento di Comey da Pennsylvania Avenue 935. Il secondo episodio che ha spinto l’Fbi ad avviare l’indagine di controspionaggio su Trump fu invece un’intervista che il presidente rilasciò ad Nbc news all’indomani della cacciata di Comey. Secondo gli inquirenti, in quell’occasione Trump collegò pubblicamente il licenziamento alle indagini sul Russiagate.

Difficile che il retroscena apparso sul New York Times vada oltre la polemica politica, tanto più in questi giorni in cui il dibattito a Capitol Hill è tutto imperniato sulla “crisi umanitaria” al confine Sud con il Messico cui fa riferimento Trump e all’estenuante shutdown del governo federale. Non è scontato però che nelle prossime settimane possa divenire oggetto di discussione al Congresso, specialmente nella Camera passata ora nelle mani dei democratici. Il presidente del potente House Intelligence Committee Adam Schiff si è limitato a chiosare in un comunicato che “le preoccupazioni del controspionaggio associate alla campagna di Trump, e al presidente stesso, sono sempre state al cuore delle nostre indagini”.

Tra gli opinionisti c’è però chi rimane scettico circa l’impatto che il retroscena avrà sulla presidenza Trump. “Una cosa è certa, è la prima volta che l’Fbi conduce un’investigazione di controspionaggio contro il presidente” spiega ai microfoni di Formiche.net David Unger, già storica firma degli Esteri al New York Times, oggi docente di politica estera americana alla John Hopkins di Bologna. “I risvolti politici di questa storia sono controversi. Da una parte spezza una lancia a favore di Trump, che ora come suo solito potrà continuare ad accusare l’Fbi di essere politicamente schierato contro di lui. Dall’altra può essere usata dai democratici. Difficile capire vincitori e vinti. Da due anni le indagini sul Russiagate procedono e le accuse di Mueller non sono mai arrivate a Trump. Nulla è escluso: come in una partita di pallone, il goal può essere segnato ai tempi di recupero”.

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